Un ricordo di scuola.

Eravamo alla fine degli anni settanta e non c’ era ancora una normativa che regolasse l’ inserimento degli handicappati nelle scuole statali.

All’ inizio dell’ anno scolastico ,  io e la mia collega ci trovammo a dover formare due classi suddividendo 58 alunni di cui 5 handicappati gravi inseriti nel gruppo da un istituto di cura e riabilitazione di bambini disabili, che sorgeva nei pressi della nostra scuola La situazione era praticamente ingestibile e allora pensammo di chiedere che l’ insegnante di sostegno presente nel plesso fosse destinata in esclusiva alle nostre classi in modo da formare tre gruppi, fissi per le attività curricolari, che si sarebbero poi rimescolati per attività integrative. La cosa ebbe l’ approvazione a malincuore del collegio docenti: cosa credono di fare queste qui? era la domanda che si sussurravano tra loro le colleghe…, che si guardarono bene dal concederci di poter avere tre aule a piano terra, nonostante fosse evidente che con un bambino in carrozzinaaltri con gravi difficoltà motorie la cosa era di primaria importanza.

Nonostante questo ci provammo, era una questione di sopravvivenza!!

Al momento delle attività integrative le aule si trasformavano in “palestra” o in laboratorio e i bambini stessi ci aiutavano a spostare i banchi secondo le necessità. Quando poi si doveva salire al primo piano io prendevo il bambino distrofico in braccio mentre i bambini trasportavano la sua sedia .

Tutto questo movimento era visto con grande scandalo dai colleghi i quali al solo sentire parlare di “classi aperte”  si facevano venire un attacco di orticaria.  I genitori dei nostri alunni invece ci sostenevano a spada tratta anche perchè vedevano l’ entusiasmo dei bambini e i loro progressi nell’ apprendere nonostante le obiettive difficoltà. Si era creato un clima di vera solidarietà e di collaborazione tra insegnanti, alunni e genitori.

Perchè la nostra esperienza potesse continuare abbiamo dovuto presentare progetti ben argomentati  che preparavamo ora a casa di una di noi tre insegnanti ora a casa dell’ altra.

Eravamo tutte e tre sposate con figli anche molto piccoli e rubavamo alla cura della casa le ore per questi straordinari.

Alla fine ci fu riconosciuta la costituzione della terza classe e l’ esperienza continuò per tutti e cinque gli anni senza che nessuno potesse più obiettare.

Ricordo sempre con piacere e con gratitudine le colleghe, una proveniente dal sud, l’ altra profuga giuliana, con le quali ho diviso quell’ avventura: mettendo insieme i nostri talenti e le nostre forze avevamo realizzato una scuola capace di farsi  carico delle esigenze di tutti , senza trascurare (anzi potenziando) le occasioni di apprendimento e il raggiungimento degli obiettivi didattici.