Le trecciaiole.

Uno dei ricordi più vivi della mia infanzia è certo la figura della mia nonna materna: era rimasta vedova poco più che trentenne con quattro figli piccoli  e l’ ultima in arrivo. Era stata la spagnola a portarle via il giovane marito alla fine della Grande Guerra. Di questa nonna ho già parlato a lungo , ma non ho raccontato di come avesse sempre tra le mani qualcosa da fare: o faceva delle calze per i figli o faceva la “treccia” ed è di questa sua seconda occupazione che voglio raccontare stasera.

Mi pare di ricordare che ci fosse qualcuno in paese che si incaricava di ritirare i mazzi di paglie da Carpi e poi le distribuiva  alle varie trecciaiole . Mia nonna era una di loro e arrivava in casa nostra con il suo mazzo di paglie sotto il braccio: a volte erano sottili, a volte più larghe, a volte colorate, ma più spesso bianche . Lei si sedeva su una seggiolina bassa e  cominciava a farle volteggiare velocemente intrecciandole in modo da formare lunghissime trecce, lisce o più complesse.

Esaurite le paglie, si doveva lisciare la treccia con un attrezzo a manovella di legno che chiamavamo “slissen” , poi con una specie di lungo bastone con due pioli alle estremità si formavano delle grosse “matasse” che venivano riconsegnate a chi le doveva portare in fabbrica  ed era costui che provvedeva a pagare il lavoro compiuto.

Nelle sere d’ inverno, nelle stalle o nelle case ascoltando la radio, le donne continuavano a cercare di arrotondare i magri introiti della famiglia e spesso anche noi bambini davamo un piccolo contributo facendo “la treccia” che sarebbe poi servita per confezionare cappelli e borse di varia fattura.

Un’ idea interessante…

Stasera ho sentito alla radio una proposta molto interessante (rubrica radiofonica “Smart City” su Radio24): perchè non prevedere in ogni scuola un ambiente da affittare a privati per organizzare feste di compleanno o per altre occasioni ? Oggi è molto diffusa l’ usanza di festeggiare i compleanni dei figli non in casa propria , ma in strutture esterne di solito molto costose. Mettere a disposizione un locale della scuola potrebbe rappresentare un risparmio per le famiglie, ma anche un’ opportunità di guadagno per le scuole , sempre più a corto di risorse economiche…..Da un po’ di tempo non sono più nella scuola e quindi non so valutare la fattibilità di questa proposta, ma chi è ancora sul campo potrebbe esprimere un parere….

Sul lago dorato.

Oggi Rai Movie ha ritrasmesso un vecchio film . Era il 1981 quando Henry Fonda e sua figlia Jane,  affiancati da una già tremolante , ma sempre stupenda Kathryn Hepburn, interpretavano il film ” Sul lago dorato”. Ho letto recensioni contrastanti su questo film: accanto all’ unanime apprezzamento per gli interpreti, c’ è chi accusa la sceneggiatura di sentimentalismo mieloso.

Io sono rimasta colpita da due sequenze in particolare. La prima è quella in cui viene detto dalla Hepburn, per giustificare il comportamento sgradevole del marito, che i vecchi leoni  hanno bisogno ogni tanto di ruggire per convincersi di essere ancora in grado di farlo. Ho visto anch’ io alcuni comportarsi così: consapevoli della fine imminente, l’  orgoglio li portava a nascondere l’umiliazione di dover dipendere dagli altri e la paura, che li attanagliava, dietro atteggiamenti quasi aggressivi e provocatori.

Alla fine del film poi la morte viene descritta come qualcosa di freddo, sì, ma non così terribile. Credo che dopo una lunga vita trascorsa secondo i propri convincimenti, venga spesso in mente l’ idea che la morte in fondo è  come una sorella pietosa che pone fine alle sofferenze e alla solitudine.

Nonostante le critiche non sempre benevole, questo film mi emoziona sempre e mi fa gioire della recitazione di attori eccezionali.