Ganimede e l’aquila.

Guardate la meraviglia di questa aquila, che compare nella tela di Rubens. Ritrae Ganimede che viene rapito da Zeus , trasformatosi in aquila, per diventare il coppiere degli dei.

La meraviglia di questo quadro sta nell’iper-realismo della riproduzione dell’aquila, che vista da vicino è davvero strabiliante. Rubens si dedicava alla figura umana, mentre per eseguire pitture di animali si valeva di un collaboratore specializzato……e che specializzazione!!!! Peccato che la foto qui sotto non possa dare che una pallida idea della maestria del pittore.

Ganimede e l'aquila di Rubens

UTE: Un pomeriggio con Rubens.

ecco il ritratto della figlia di Rubens , non destinato alla vendita e quindi non rifinito.
ecco il ritratto della figlia di Rubens , non destinato alla vendita e quindi non rifinito.

Quando si dice di qualcosa che è “barocca” si vuole sempre dare un significato un po’ dispregiativo, volendo indicare qualcosa di manierato, di superficiale, di ridondante.

Se però guardiamo i quadri di Rubens a me  viene in mente solo un’idea di grande bellezza e grande maestria. Noi dell’ UTE oggi siamo stati a vedere la mostra del pittore fiammingo a Palazzo Reale a Milano.

E’ stata un’immersione  nel colore e nella luce di opere straordinarie di un artista che ha tratto ispirazione e insegnamento dalla cultura classica e dai nostri pittori. E’ stato  interessante scoprire come  Rubens abbia voluto operare con trasparenza , proponendo ai suoi committenti tre diversi tipi di quadri: quelli eseguiti completamente da lui, quelli eseguiti da lui con la collaborazione di altri artisti, quelli eseguiti solo dai suoi collaboratori sotto la sua supervisione. Nella mostra si può ben cogliere la differenza fra queste diverse opzioni.

Rubens inoltre era bravissimo nel ritrarre le figure umane, ma chiedeva l’intervento dei suoi collaboratori specializzati nel ritrarre animali  o strutture architettoniche. In questo si può dire che Rubens abbia intuito un’idea che poi ebbe molto successo in ogni campo: si ottengono risultati migliori con la specializzazione , restringendo il proprio campo d’azione e approfondendone lo studio.

Rubens non fu un artista dalla vita tormentata, anzi ebbe da subito molto successo ed era anche un ottimo diplomatico, ottimamente inserito tra i potenti del suo tempo.

UTE: L’impiegato nella letteratura – Presentazione: In cammino verso Santiago.

Con l’industrializzazione si hanno due figure di impiegati: l’operaio e l’impiegato amministrativo. Quest’ultimo viene pagato più dell’operaio, pertanto si ritiene superiore; inoltre non comprende le lotte sociali e le teme.

L’impiegato aspira ad essere parificato alla borghesia, ma non ne ha né la cultura né i mezzi economici e questo ingenera in lui invidia e rancore; teme la meccanizzazione e nell’informatizzazione che possono mettere a repentaglio il suo posto di lavoro.  I suoi valori sono : rispetto dell’autorità, ordine, disciplina, diligenza nel lavoro, decoro e rispettabilità.

In Italia, dopo l’unificazione  ci fu l’esigenza di uniformare le varie amministrazioni pubbliche degli stati preesistenti e la strada scelta fu quella di “piemontesizzarle” tutte senza distinguere tra quelle più avanzate e quelle più arretrate..

Dopo questa introduzione il prof. Galli ci ha letto alcuni passi della commedia teatrale “Le miserie di monsù Travet” e un divertente brano del primo libro di Fantozzi, che ben ritrae il clima natalizio all’interno di una grande azienda.

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in-cammino-verso-santiago-libroNella seconda ora la scrittrice Enrica Mambretti ci ha presentato il suo libro “In cammino verso Santiago”, il diario da lei scritto giorno per giorno durante il suo pellegrinaggio.

Il racconto è stato accompagnato da bellissime fotografie , che ci hanno consentito di ammirare paesaggi bellissimi e suggestivi e penso che a molti dei presenti sia venuto per un attimo il desiderio di partire, ma 800 chilometri a piedi non sono impresa adatta a tutti…

Io avevo già letto il libro e questa presentazione mi ha fatto meglio percepire lo spirito che anima i pellegrini verso Santiago di Compostela.

Non chiamiamola banda….

Banda-Ponte-90esimo-giugno-2014-2 (1)

Se sentite parlare di banda musicale, vi viene in mente una musica militaresca, molto cadenzata, qualche lamento di ottoni un po’ maltrattati da suonatori un po’ anzianotti?

Fino a ieri sera questo era quello che associavo all’idea di banda musicale di paese, ma poi ho avuto modo di ascoltare la banda “Cav, Masciadri” di Pontelambro. Il concerto , che era stato organizzato da una ONLUS erbese che si occupa da vent’anni di ragazzi disabili, ha avuto luogo nella chiesa parrocchiale di Arcellasco.

Già appena entrata il mio primo pregiudizio si è polverizzato: i componenti della banda non avevano i capelli grigi, anzi credo che l’età media si aggirasse sui vent’anni, visto che molti erano proprio dei teen ager. Poi il concerto è cominciato e sono rimasta felicemente sorpresa dalla dolcezza che si sprigionava sotto la guida di un giovanissimo maestro…. nessuna marcia militare o inno fracassone…. ma melodie ora dolci ora solenni riempivano le volte della chiesa. Non era la classica banda, ma una vera e propria orchestra fatta di strumenti a fiato e di percussioni. E una menzione particolare merita il giovanissimo primo clarino : veramente molto bravo!!

Penso che molti come me siano stati colti alla sprovvista, almeno così ho capito io dagli applausi degli spettatori, che alla fine hanno tributato al corpo bandistico una entusiastica standing-ovation.

Il concerto è stato seguito da un semplice rinfresco , che ha dato modo a noi tutti di conoscere meglio sia i componenti della banda, sia l’attività dell’Associazione “NOI GENITORI” che tanto bene opera sul nostro territorio.

Poesia: La nebbia (Rodari)

nebbiaTelefonando in Emilia ho sentito che là da giorni incombe una cappa di nebbia impenetrabile.

Me li ricordo bene i nebbioni della bassa, quando devi guidare con la testa fuori dal finestrino dell’auto per vedere la striscia bianca di mezzeria e quando non riesci a trovare la strada che ti porta a casa….La nebbia, come la neve, è bella solo se puoi godertela stando in casa  al calduccio con un buon libro o con un buon film in TV e in buona compagnia.

Rodari ha scritto una poesia sulla nebbia, ma lo ha fatto a modo suo: con il sorriso della speranza…

Oggi la nebbia vuole
farmi scordare il sole.
Mi soffia attorno neri,
disperati pensieri,
ad ogni foglia che cada
piangendo sulla strada.
Ma il sole è ancora là
Un giorno vincerà
con la spada d’un raggio…
Per ridarci coraggio
!

 (G. Rodari)

Non dimentichiamolo mai: sopra la nebbia il sole continua a splendere….

I cappelletti

Questa mattina devo fare i cappelletti che congelerò per utilizzarli nelle prossime feste ed ecco che i ricordi affiorano……

In casa mia il piatto della domenica  erano i quadrucci  o le farfalline in brodo di carne cui seguiva la consumazione del lesso con contorno di cipolline e sottaceti vari o insalata russa; a volte però il lesso veniva consumato la sera della domenica e veniva perciò sostituito dal pollo arrosto, che mia madre cucinava in modo squisito.

Solo nelle feste solenni, come Natale, Pasqua, Capodanno, ferragosto, o il santo patrono del paese, si facevano i cappelletti.  Ricordo di essere stata mandata anch’ io qualche volta dal macellaio a comperare “un pezzo di polpa per fare lo stracotto”  Così il mattino dell’ antivigilia della festa mia madre prendeva il pezzo di carne , lo metteva in una casseruola capiente con carota, sedano, aglio, cipolla, prezzemolo .garofano, cannella e lo faceva andare un po’ sul fuoco con un pezzo di burro, poi lo copriva con acqua e lo portava a ebollizione, quindi  abbassava la fiamma dopo aver messo il sale  …..

Già al primo bollore la casa cominciava a riempirsi di quei profumi che ti facevano pregustare non solo i cappelletti, ma anche l’ atmosfera della festa che stava per arrivare. La pentola continuava a borbottare per molte ore, finche il liquido di cottura si era ristretto quasi del tutto (quasi,  cioè poteva restarne un dito nel fondo della pentola).

A questo punto la carne , tenerissima, veniva tritata finemente su un tagliere e rimessa poi nella pentola per amalgamarsi col suo sugo di cottura. Si aggiungeva parmigiano a volontà e anche pane grattugiato. Il ripieno dei cappelletti era pronto.

La mattina della vigilia si comincuiava a preparare la sfoglia: la farina di grano tenero veniva posta sulla spianatoia a forma di cratere, nel quale trovavano posto le uova sgusciate. La pasta doveva essere non troppo dura per poter essere spianata facilmente, ma neanche troppo tenera, altrimenti si sarebbe appiccicata al mattarello. Mia madre, che si dedicava all’ incombenza della pasta fatta in casa fin da quando era poco più che una bambina, aveva un’ abilità sorprendente nel manipolare l’ impasto e in seguito il mattarello volteggiava sapientemente tra le sue mani . In breve  la pasta si assottigliava docilmente allargandosi sempre più. Ricordo che per controllarne lo spessore, mia madre la guardava in controluce dopo averla parzialmente arrotolata sul mattarello.  Quando il suo occhio esperto si riteneva soddisfatto, cominciava a tagliare le pastelle con la rotella dentata e le porgeva alla squadra dei riempitori: io e le mie sorelle in prima fila con l’ aiuto della nonna Marcellina, mentre mio padre si occupava della chiusura delle pastelle riempite e richiuse a triangolo.  Mia sorella maggiore era sempre la più veloce, mentre io mi attardavo spesso ad assaggiare il pesto o a eliminare , mangiandoli, i cappelletti mal riusciti.

Mio padre, dopo aver richiuso i cappelletti con vera maestria, li metteva tutti perfettamente allineati sulla tovaglia, come tanti soldatini, tanto che alla fine, con una semplice moltiplicazione si sarebbe potuto  calcolarne il numero con precisione.!!  E guai a chi avesse osato rovinare la sua domestica piazza d’ armi …

Il giorno della festa, si cominciava la mattina a preparare il brodo con il manzo e la gallina e a mezzogiorno a tavola tutti si riempivano i piatti fino all’ orlo e qualcuno faceva anche il bis

UTE: Tahar Ben Jelloun – microscopi

Continuando nella sua carrellata attraverso le personalità che hanno cercato e cercano tutt’ora di costruire ponti di dialogo tra mondo occidentale e Islam, il nostro don Ivano ci ha parlato oggi di Tahar Ben Jelloun, uno scrittore marocchino, che ha dovuto trasferirsi in Francia nel 1971 per il suo atteggiamento “laico” nei confronti dell’Islam. In quel periodo la Francia aveva bisogno di manodopera per le sue industrie e favorì l’immigrazione di cittadini delle sue ex-colonie e Ben Jelloun comincia a scrivere sulla solitudine dell’immigrazione e sui drammi che vivono gli immigrati. Scrive poesie, romanzi e saggi sempre in lingua francese; alcuni dei suoi saggi hanno un dichiarato intento pedagogico ,altri hanno intento di  divulgare la conoscenza dell’Islam e di metterne in rilievo i punti critici.

Per saperne di più basta cliccare QUI, tuttavia voglio riportare qui alcune righe che possono dare un’idea del suo mondo ; è lo stesso Jelloun che parla di un suo libro “Creatura di sabbia” , segue poi una citazione dallo stesso libro:

il libro lo colloco più o meno negli anni Quaranta, quando il Marocco era ancora una colonia francese: allora nelle famiglie c’era questa ossessione del maschio, senza il quale il patrimonio andava disperso. Ma è vero che prima dell’Islam era molto peggio”. In Creatura di sabbia fa infatti dire al padre di Ahmed: “Prima dell’Islam, i padri arabi gettavano i neonati di sesso femminile in una buca e li ricoprivano di terra per farli morire. Avevano ragione: si sbarazzavano di una sventura”.

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Nella seconda ora di lezione la prof. Cantaluppi ci ha illustrato i vari tipi di microscopio:  dal primo inventato nel secolo XVII fino ai modernissimi microscopi elettronici che possono ingrandire le immagini fino a un miliardo di volte; poi abbiamo potuto ammirare una serie di incredibili immagini viste al microscopio.

Ci ha fatto molto piacere venire a sapere che in questo campo gli Italiani sono all’avanguardia.

Protesta contro “La Zanzara”.

Da molti anni ascolto Radio24 mentre sbrigo le faccende in cucina  : mi piace sentire le trasmissioni del mattino e il Focus del tardo pomeriggio. Una volta mi divertiva molto anche seguire “La Zanzara”, ma ora non più: da troppo tempo Cruciani dà sfogo a volgarità di ogni genere e incoraggia gli interlocutori a fare anche peggio di lui, mentre Parenzo insulta chi interviene facendo il finto moralista (se fosse sincero non parteciperebbe più alla trasmissione).

Ieri sera non ho sentito la trasmissione pre-serale, ma stanotte mi è capitato di ascoltarne la replica. A un certo punto un ascoltatore, un esagitato xenofobo, ha cominciato a vomitare insulti irripetibili contro il Papa perchè a suo dire attira qui da noi gli immigrati. Le sue urla potevano essere presto interrotte,  invece Cruciani ha lasciato ampio spazio all’invasato solleticando ancor di più il suo livore blasfemo. Quando si è capito che la cosa sarebbe diventata sempre più imbarazzante, finalmente i conduttori hanno chiuso la comunicazione.

Ho protestato vivamente sulla pagina FB de “La Zanzara” e se qualcun altro ha sentito la trasmissione è pregato di fare altrettanto.

Magico “Un bel dì…”

madama-butterfly-teatro-alla-scala-di-milano_1023169Ieri sera ho fatto in tempo a vedere buona parte della “Madama Butterfly” trasmessa in diretta da RAI1.

Ho acceso sia il televisore del soggiorno sia quello in cucina per avere una specie di effetto stereofonico e mi sono goduta lo spettacolo fino alla fine. Gli applausi finali sono stati tagliati per dare spazio ai programmi della serata, ma i giornali dicono che quelli per la protagonista siano durati 14 minuti e ci posso credere: è stata bravissima sia come interpretazione vocale sia come attrice.

Non nascondo che alla fine del brano “Un bel dì vedremo” avevo le lacrime agli occhi : la musica struggente, le parole del testo, la loro interpretazione  rendevano così bene la tragedia di una donna che non vuole credere di essere stata ingannata e che continua a illudersi anche contro l’ evidenza …..

Mi è sembrato tutto molto bello anche attraverso un minuscolo schermo televisivo e posso solo immaginare l’incanto di potersi godere lo spettacolo dal vivo nella cornice magica del teatro alla Scala.

Ogni tanto la RAI ci fa qualche regalo che giustifica il pagamento del canone.

Chi volesse riascoltare il brano operistico , ecco qui una mirabile interpretazione di Maria Callas…segue il testo.

Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo
dall’estremo confin del mare. E poi la nave
appare. Poi la nave bianca
entra nel porto, romba il
suo saluto. Vedi? È venuto!
Io non gli scendo incontro.
Io no. Mi metto là sul ciglio del
colle e aspetto, e aspetto gran tempo
e non mi pesa, la lunga attesa.
E uscito dalla folla cittadina
un uomo, un picciol punto
s’avvia per la collina.
Chi sarà? chi sarà?
E come sarà giunto
che dirà? che dirà? Chiamerà
Butterfly dalla lontana.
Io senza dar risposta
me ne starò nascosta un po’ per celia…
e un po’ per non morire
al primo incontro,
ed egli alquanto in pena chiamerà, chiamerà:
piccina mogliettina olezzo di verbena,
i nomi che mi dava
al suo venire
Tutto questo avverrà, te lo prometto.
Tienti la tua paura,
io con sicura fede l’aspetto.

UTE: Ritratti di donna – Natura da dominare …da amare.

leonardo-lady-with-an-ermineNella pittura rinascimentale i pittori non ritraevano le proprie donne, ma le donne dei committenti, perchè l’arte di quel periodo  non metteva in primo piano il vissuto dell’artista, ma badava solo a soddisfare le richieste dei mecenati del tempo, desiderosi di mostrare la propria potenza.

La Gioconda è l’esempio più conosciuto nel mondo di questo tipo di ritrattistica. Leonardo ci lavora per anni e produce un’opera del tutto innovativa, infatti la Gioconda ( Monna Lisa Gherardini – moglie di Francesco del Giocondo) guarda lo spettatore, pare voler stabilire un dialogo con quel sorriso quasi d’intesa. Prima non era mai stato dipinto un ritratto di persona sorridente.

La dama con l’ermellino è il primo ritratto dipinto da Leonardo e ritrae Cecilia Gallerani, una giovanissima favorita di Ludovico il Moro e l’ermellino fa proprio riferimento al signore di Milano (che era stato investito dell’ordine degli Ermellini).

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio ritrae invece le sue donne, che sono spesso le frequentatrici delle taverne in cui lui passava le sue giornate. A quel tempo a Roma le prostitute erano riconosciute come lavoratrici e venivano celebrate delle messe riservate a loro. La prima modella di Caravaggio è Anna Bianchini che compare nei panni di Maddalena; seguono poi Fillide, a causa della quale il pittore commetterà un omicidio, e Maddalena Antognetti, detta Lena, compagna del Caravaggio, che viene ritratta nei quadri: Madonna dei Pellegrini e Maddalena penitente.

A questo punto la nostra bravissima docente, Manuela Beretta, ha dovuto accelerare i tempi e ha fatto un salto di qualche secolo per arrivare a parlare delle donne di Picasso, tutte muse ispiratrici delle sue opere. Fernande Olivier è appena ventenne quando conosce Picasso appena arrivato a Parigi; lei è un po’ frivola e lavora nei locali notturni e lui, gelosissimo arriva a chiuderla in casa. Nella vita del pittore entra poi la ballerina ucraina Olga Kochlova, che lo introduce nei salotti-bene di Parigi; diventa sua moglie e gli darà un figlio. Ma mentre è sposato con Olga , Picasso intreccia una relazione anche con Marie Therèse Walter dalla quale avrà una figlia. Il pittore tratta malissimo le sue donne e così proibisce a Dora Maar, altra sua compagna, di continuare a fare la fotografa, la induce a dipingere e la deride poi per i suoi scarsi risultati. Ultima musa ispiratrice sarà Françoise Gilot dalla quale avrà due figli.

Argomenti come questo , che consentono di fare rapidi excursus nella storia dell’arte, con l’ausilio di immagini stupende, dovrebbero avere maggiore spazio, dato l’altissimo gradimento che riscuotono ogni volta.

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Nella seconda ora, che  ho potuto seguire solo in parte, la prof.ssa Russo ci ha portato a fare un interessante confronto sul nostro modo di rapportarci con la natura e quello di altre culture.

Noi viviamo in ambienti fortemente antropizzati senza quasi accorgerci della bellezza di quanto la natura ci offre. Il nostro tenore di vita è molto superiore a quello di altri popoli, perchè è nel nostro Occidente che si è sviluppato il progresso tecnologico che ha portato con sè maggiore ricchezza, ma anche tanto inquinamento che provoca molte malattie.

In altre culture la natura è sacra, come emanazione della divinità . Per i monaci buddisti l’albero è sacro (so di una setta di monaci che tiene sulla bocca un fazzoletto per evitare di ingoiare qualche insetto) e le donne indiane si sono legate agli alberi della foresta per evitare che i bulldozer li abbattessero. In molti villaggi indiani c’è un albero sotto cui tutti si riuniscono per pregare.

Credo sarebbe stato molto interessante poter seguire l’intera lezione, ma non mi è stato possibile restare fino alla fine.