Nella notte dell’8 settembre di 13 anni fa, ti abbiamo accolto con gioia e la stessa gioia si rinnova ad ogni nostro incontro!
Ti vogliamo bene e tu continua ad essere così come sei.
Donna è Bello
Sessant’anni fa, mia sorella Vanna è entrata nel convento delle Clarisse Cappuccine di Carpi. Era una bellissima ragazza di 17 anni.
Ora è in Thailandia e sta attraversando un momento di difficoltà: la ricordiamo nella preghiera e con un video che ho preparato per augurarle ancora tantissimi anni di vita serena tra le sue consorelle che la curano con grande affetto e devozione.
Purtroppo il video non può essere inserito in questo post, ma glielo invierò via mail. Qui riporto due foto della sua prima vestizione. Auguri, Vanna! Ti siamo tutti vicini!
La mia amica Z. è appena rientrata dalla Costa Azzurra e racconta di come siano “disinvolti” i Francesi nei confronti del coronavirus.
Sui mezzi pubblici non c’è distanziamento e pochi indossano la mascherina; se si deve fare la coda davanti a qualche ufficio pubblico o davanti a una banca, è vero si entra uno alla volta, ma in attesa del proprio turno nessuno pensa a mantenere le distanze di sicurezza.
Basta questo a spiegare i quasi novemila casi di contagio giornalieri?
E’ una domanda da porre ai negazionisti che ieri si sono radunati a Roma….
In attesa di risposta, esorterei i cugini d’oltralpe a una maggiore coerenza parafrasando il loro famoso inno nazionale: Attention, enfants de la patrie, le coronavirus est parmi vous….
La mia carissima amica Piera, mi ha fatto un altro dei suoi preziosi doni: una poesia che rivela tutta la sua sensibilità e attenzione per il mondo esterno, ma anche e soprattutto per quello interiore…..
QUELLI CHE….
Quelli che al mattino avanzato//si posano e ripartono//or l’uno or l’altra//sull’antenna della TV//e si allontanano// e tornano// e si avvicinano//e si allontanano // e si invitano a vicenda// verso qualche appoggio…. … sono due tortorelle.
Quelle che tremolanti// si girano intorno// a vicenda// creando tra di loro// grandi cerchi,// quelle che giocano volando// e spostandosi velocemente// senza mai lasciarsi,// quelle che ricamano nel cielo// con gioia// dando energia a chi le osserva …. ….sono due piccole farfalle bianche.
Quella che pare sia la prima volta// che fa suo un momento della natura// quella che guarda con meraviglia attimi fuggevoli// e sa trasformare tanta tenerezza// in grande comprensione… ….quella sono io
che condivido (con la Tamaro)// la consapevolezza che solo le piccole cose// sanno dare le vertigini dell’infinito.
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Grazie, Piera!!!
Condividere una poesia è stabilire una comunione di pensieri e di sensazioni che fanno sentire vicine anche le persone lontane.
L’inizio imminente del nuovo anno scolastico, accompagnato da incertezze e timori, mi fa venire in mente un altrettanto difficile inizio di anno scolastico di oltre quarant’anni fa. Lo riporto qui per mandare un messaggio agli insegnanti che si trovano ad affrontare un’esperienza nuova: spesso davanti alle difficoltà scopriamo in noi stessi risorse che non sapevamo di possedere, perciò “Coraggio!!!”
Non c’era ancora nessuna legge che regolamentasse l’inserimento di bambini con handicap nelle classi. Un istituto di riabilitazione e recupero di bambini con handicap aveva iscritto tra i 57 bambini residenti che dovevano frequentare la prima classe, alcuni suoi pazienti con gravi difficoltà motorie e/o di apprendimento. Eravamo in due a dover prendere in carico le due sezioni di classe prima previste dal provveditorato e l’ impresa si presentava ai limiti delle umane possibilità. Riuscimmo a convincere il collegio docenti ad assegnare l’ unica insegnante di sostegno, presente nel plesso, alle nostre sezioni e facemmo insieme una scelta per quei tempi poco praticata. Considerammo gli iscritti come un unico gruppo da dividere in tre sottogruppi che si modificavano secondo le diverse attività e sui quali ruotavamo a turno noi tre insegnanti.
Non avevamo locali adatti, non avevamo una palestra, nè un laboratorio, ma con l’ aiuto dei bambini gli spazi venivano adeguati alle varie esigenze. Addirittura i bambini trasportavano una sedia a rotelle su per le scale per raggiungere l’aula al primo piano, mentre io portavo in braccio l’alunno affetto da miodistrofia.
Dopo un primo periodo di sconcerto fra i genitori e i colleghi, in breve tempo i nostri bambini si mostrarono entusiasti di questa scuola un po’ movimentata e anche i genitori furono ben felici dei risultati che ottenevano tutti, perchè dovendo adeguare la didattica e le attività anche alle esigenze dei meno fortunati, ne beneficiò tutto il gruppo e tutti raggiunsero gli obiettivi programmati.
Questo “modus operandi” si protrasse per ben tre anni, finché le autorità scolastiche non si rassegnarono a riconoscere la necessità di tre classi effettive e noi insegnanti proseguimmo a programmare per classi aperte, come avevamo fatto fin dall’ inizio.
Ricordo quel periodo come uno dei più faticosi della mia esperienza scolastica per i tanti progetti che abbiamo dovuto sottoporre ai dirigenti scolastici, ma è stato anche un periodo di grande entusiasmo, di grande sintonia con le colleghe e di grandi soddisfazioni.
Ieri sera ho visto un film francese:”Un profilo per due” che può offrire qualche spunto di riflessione.
La storia è presto riassumibile: Pierre è un vecchio, che vive nel ricordo della moglie defunta, crogiolandosi nella sua solitudine e nella sua malinconia. Si è isolato dal resto del mondo e si sta lasciando andare sempre più.
La figlia, che lo va a trovare spesso e che gli fa le pulizie di casa, un giorno gli regala un vecchio computer e manda da lui il compagno di sua figlia, un trentenne di nome Alex , per insegnargli ad usarlo.
Pierre ben presto impara a navigare su internet e, spacciandosi per Alex, trova su un sito di incontri una fisioterapista trentenne di nome Flora. Pierre sa scrivere pensieri pieni di sensibilità e la ragazza ne rimane affascinata, tanto che chiede di poterlo incontrare nella sua città, Bruxelles.
Pierre capisce benissimo che la sua età (ottant’anni circa) non gli consentirà di continuare quel gioco amoroso che pure è così vitale per lui, infatti gli sta ridando la voglia di vivere, perciò convince Alex, dietro compenso, ad accompagnarlo a Bruxelles e a sostituirlo nell’incontro con Flora. Alex, da parte sua è molto restio: lui è fidanzato con la nipote di Pierre, anche se quel rapporto non è proprio perfetto.
Flora e Alex scoprono di avere un fortissimo feeling e una fortissima attrazione fisica; Alex però vuole troncare comunque quella relazione fondata sull’equivoco e sulla menzogna, ma Pierre fissa un altro appuntamento con Flora, nel quale si farà passare per il nonno di Alex, sperando segretamente di poter svelare tutta la verità alla giovane.
Naturalmente il castello di carte messo in piedi da Pierre non può non crollare e alla fine Flora e Alex si sposeranno, mentre Pierre trova un’altra compagna più adatta a lui.
Il film fa riflettere su alcuni temi:
-l’uomo, che resta vedovo, si adatta con più fatica alla solitudine, forse perchè da sempre abituato ad avere accanto qualcuno che lo accudisce (prima la mamma poi la moglie) e spesso cade in depressione;
-molte persone di una certa età si rifiutano di accostarsi alle nuove tecnologie, ne diffidano, si sentono inadeguati e questo non fa che farle sentire emarginati, tagliati fuori da una realtà in continua evoluzione;
-l’uso di un computer consente a Pierre di venire a contatto con tutto un mondo di informazioni e di possibili relazioni che accendono di nuovo in lui l’interesse per la vita;
– non ci si può illudere di poter far tornare indietro le lancette del tempo, di ritrovare sensazioni e situazioni vissute in gioventù, ma si può ugualmente provare, anche nella terza età, a dare un senso alla propria esistenza in tanti modi: Pierre lo trova in una nuova compagna, ma altri possono trovarlo in nuovi interessi, in nuovi campi di impegno culturale o nel volontariato.
Questo film, anche se non sublime, mi ha regalato due ore molto piacevoli.