Poesia: Supplica a mia madre. (Pier Paolo Pasolini)

È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Questa è una delle poesie che ieri Christian Poggioni ci ha letto in Sala Isacchi. Essa testimonia la convinzione di Pasolini che le sue difficoltà relazionali dovessero ricondursi a quell’amore così esclusivo che legava reciprocamente sua madre e lui. Forse oggi questa spiegazione freudiana non sarebbe più tanto condivisa e forse lo stesso Pasolini oggi non scriverebbe ” …il tuo amore è la mia schiavitù”