Ieri….e oggi…

Arrivavo la mattina presto con la bici, che lasciavo nel deposito gestito da due anziane sorelle. Lì trovavo le mie amiche che venivano dai paesi vicini non serviti dalla ferrovia. In inverno avevano i capelli , sfuggiti ai copricapo, trasformati in ghiaccioli che formavano attorno alle loro teste una specie di diadema, che si scioglieva in pochi istanti. Insieme ci avviavamo verso la stazione per andare a scuola in città.

Quella piccola stazione era un po’ il vanto del mio paese, un piccolo centro della bassa reggiana. Rappresentava il nostro collegamento col mondo e ci lavoravano parecchie persone. C’era un capostazione , che  abitava al piano superiore, mentre negli uffici al piano terra si vedeva l’ andirivieni di vari impiegati.  La sala d’ attesa era gremita di studenti coi loro libri legati con l’ elastico, da impiegati e insegnanti con le loro cartelle e dalle magliaie e dalle camiciaie, che a quel tempo lavoravano a domicilio e che portavano alle fabbriche di Carpi il prodotto del loro lavoro legato dentro a enormi fagotti.
All’ arrivo del treno ( a quell’ ora mattutina c’ era spesso una vecchia e sbuffante locomotiva a vapore coi sedili di legno ) la stazione si svuotava , ma solo per un po’: le auto erano ancora poche e chi doveva spostarsi si serviva del treno.
Ho rivisto stamattina quella stazioncina : le finestre chiuse  al piano superiore , gli uffici deserti e inaccessibili al piano terra, l’ assenza di una biglietteria  (sostituita da una macchinetta)  davano un’ impressione di abbandono totale. La sala d’ attesa, pur se decorata con bei disegni stile “writers”, era insudiciata da deiezioni (sperabilmente canine) e i pochi viaggiatori , tutti stranieri tranne mia figlia, mio nipote ed io, non potevano certo usufruirne.
Da un cartello ho appreso che la pulizia dei locali è affidata al Comune, che evidentemente non può assicurare un servizio di sorveglianza continuativo e così il degrado avanza inesorabile….
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Una cara amica di Facebook ha scritto questo bel commento al mio post e siccome mi pare completi i miei ricordi, le ho chiesto il permesso di pubblicarlo qui di seguito…

Elettra Susco Diana …per qualche tempo e da studentessa liceale, anch’io ho fatto la pendolare ….per arrivare in stazione dovevo fare circa 2km a piedi, e la stazione che hai descritto è un po’ come la “mia” stazione: sala d’attesa e biglietteria, sotto e sopra l’alloggio del capo-stazione…la sala d’attesa,io la ricordo piena di gente assonnata, piena di fumo di una stufa a legna che non tirava, e di fumo di sigari e sigarette, stantio….era un colpo allo stomaco ogni mattina, per aspettare un treno che somigliava più a un carro bestiame, sempre in ritardo, dove non c’era un posto a sedere, neppure pagarlo oro e dove l’odore “umano” era un’ altra botta allo stomaco…arrivavo a scuola già stanca e pesta..i miei compagni, ma specialmente, le mie compagne erano uscite di casa un’ora e anche più, dopo di me ed erano tutte perfette e truccate di fresco…al ritorno altra attesa in una stazione gemella a quella di partenza e , all’arriva, qualche volta potevo contare su un passaggio che era graditissimo, perchè se all’andata la strada era in discesa, al ritorno, alle 2 del pomeriggio, e digiuna, era in salita…..” (Elettra Susco)

Grazie, Elettra!