La tecnica non è mai solo tecnica.

Stamattina a Eupilio nella sede dei Padri Barnabiti, si è tenuto il solito incontro organizzato dal GRANIS di Erba per l’inizio dell’Avvento.

Il tema proposto è più che mai interessante ed attuale, anche se trae spunto dall’enciclica di Papa Benedetto XVI “Caritas in veritate” pubblicata dieci anni fa (con due anni di ritardo rispetto al previsto, perchè lo scoppio della crisi ha indotto il Papa a ripensare l’argomento tenendo conto della nuova situazione).

Il pensiero espresso in questa enciclica si richiama al concetto di Paolo VI di sviluppo integrale della persona e al concetto di ecologia integrale  di Giovanni Paolo II, tema quest’ultimo che verrà poi approfondito da Papa Francesco.

L’argomento su cui si è incentrato l’incontro odierno, “La tecnica non è mai solo tecnica”, ci interpella sul modo di interpretare lo sviluppo  da parte della Chiesa e dei cristiani: non c’è altro modo che rifarsi a come Gesù ha vissuto la carità, fondamento dell’azione ecclesiale.

Nel mondo attuale, dati i moderni mezzi di comunicazione che enfatizzano gli eventi, si corre il pericolo di lasciarsi trascinare dalle emozioni, che durano un attimo, senza però concretizzare azioni veramente efficaci.

Senza Dio l’uomo non sa dove andare e questo è vero anche in campo economico e sociale: se ci pensiamo come soli autori dello sviluppo, siamo destinati a fallire. L’approccio cristiano al tema dello sviluppo riconosce il valore del dono e della gratuità: la fraternità ha bisogno dell’economia del dono.

Il modello del consumismo come strada per la felicità è ampiamente fallito ed è piuttosto evidente che “La vita economica ….ha bisogno di leggi giuste e di forme di redistribuzione guidate dalla politica e inoltre di opere che rechino impresso lo spirito del dono”.

Anche grandi dirigenti di impresa oggi asseriscono che  non si può continuare perseguendo solo il massimo dei profitti: così facendo le ricchezze si concentrano sempre più in mano a pochissime persone e cresce l’ingiustizia sociale.

E’ necessario invece avere responsabilmente cura  delle persone e del creato:  tutto è creato da Dio e dobbiamo trovare Dio in tutto il creato.

Lo sviluppo è strettamente legato al progresso tecnologico, che libera l’uomo dalla fatica e migliora le condizioni di vita, ma la tecnica non è mai solo tecnica: essa esprime il desiderio dell’animo umano di superare i condizionamenti materiali, ma si corre il rischio di intenderla come elemento di libertà assoluta, senza limiti, come nuova ideologia. Spesso lo sviluppo dei popoli è inteso solo come problema tecnico ed è forse per questo che non si sono ottenuti risultati apprezzabili. Gli algoritmi e la robotizzazione non potranno risolvere tutti i problemi

Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune” (Caritas in veritate, 71).

A questo primo commento dell’enciclica è seguita una breve pausa e una discussione interessante su come realizzare concretamente i dettami dell’enciclica, sul modo migliore di coinvolgere anche i giovani nell’approcciare i problemi del mondo d’oggi, su come porre fine a logiche di sfruttamento ancora presenti nel mondo del lavoro, sulla mancata cooperazione coi paesi poveri. Ci si è poi soffermati sulla necessità che i cristiani si sentano impegnati a cambiare stile di vita nel rispetto dell’ambiente, senza aspettare che tutti lo facciano; ognuno di noi deve sentirsi impegnato in prima persona, senza alibi.