24 maggio 1915.

Il 24 maggio di 98 anni fa l’ Italia entrava in quella guerra, che fu talmente tragica e cruenta da meritarsi il titolo di GRANDE GUERRA. Quante giovani vite furono sacrificate in quegli anni? Quante distruzioni…quanta miseria  provocò quel conflitto?

Ho trovato questa lettera di un giovane soldato dal fronte e leggendola sembra quasi di vedere questo ragazzo pieno di paura, che vuole tenere i contatti con la realtà, con la sua vita, quasi per reagire all’ incubo assurdo che sta vivendo. E’ un giovane contadino….forse anche il mio nonno materno potrebbe avere scritto una lettera così, prima di morire.

Cari genitori,
Giacché trovo un’ora di tempo voglio farvi sapere mie notizie, la mia salute al presente è ottima come spero di voi tutti in famiglia. Come vi replico ancora che io mi ritrovo in questo paese che si chiama Galeriano qui mi fanno fare l’istruzione tutto il giorno altro che si sta male col rangio che tutti i soldati si lamentano, però a me farebbe poco che non mi darebbe il rangio che mi partiene ne il tabacco pure che mi lasciano qui in Italia e non mandarmi in trincea adesso cari genitori posso ringraziare il Signore che io mi ritrovo qui in Italia che mentre i miei compagni Boris e Palazzi e Gatti loro sono in trincea e ci tocca di fare il turno di 21 giorni e se ci va male li fanno stare anche per quaranta giorni, adesso mi ritrovo contento a pensare che siamo così indietro di più di cento chilometri e pure adesso è due o tre giorni che hanno cominciato a fare degli attacchi sentiamo il cannone come fossero d’essere là in trincea, questo mese di maggio è un mese molto brutto per i soldati che si trova nelle trincee perché arrivano sempre degli ordini di fare delle avansate e fare le avansate è molto brutto. Voglio farvi sapere il Signor Curato che mi
ha scritto una lettera e mi ha detto di non pensar male che in questo fronte nella zona di Gorizia il nemico non può avanzarsi, invece è tutto all’incontrario quel fronte nella zona di Gorizia è il fronte più brutto che ci sia perché è quello più vicino a Trieste. … Caro Padre fatemi sapere come va nella campagna se hanno fiorito bene, e se potete accorgervi se vedete dell’uva e dei frutti; anche qui nelle colline Austriace che anno conquistato i nostri Italiani siamo attendati due giorni prima di venire in Italia si vedevano le belle piante di frutta ben fiorite e poi anche le viti e anche la bella erba, fatemi sapere quanti ne tenete di bachi, io credo che ne tenete molti pochi perché nella campagna del lavoro ne avete anche tropo e che bestie che avete in stalla.

Aspetto vostra risposta.
Intanto vi saluto tutti uniti in famiglia e sono vostro figlio e vi ricorda sempre Isidoro.

Iris.

Oggi abbiamo potuto rivedere il sole per un’ ora o poco più e ne ho approfittato per andare con una vicina a passeggiare in riva al lago; l’ acqua per le continue piogge ha invaso in certi punti anche i prati che lo costeggiano.

Seminascosti tra le canne, si vedevano degli splendidi iris selvatici, proprio come quello della foto qui accanto.

Mi hanno fatto ricordare che lungo le rive dei fossi che costeggiavano le strade della via Villa Bianca, se ne vedevano spuntare tanti in primavera, ma io allora ero troppo abituata a vederli inseriti nel paesaggio e non ci facevo caso. Oggi invece mi sono sembrati un vero capolavoro della natura.

UTE: Leone X , mecenate del Rinascimento.

La storia di Giovanni de’ Medici, divenuto poi papa Leone X, ripercorre la vita di tanti figli cadetti dei secoli scorsi. Secondogenito di Lorenzo il Magnifico, fu destinato alla carriera ecclesiastica già dal momento della nascita. Ebbe come precettore il Poliziano, accanto al quale viene ritratto in una tela del Ghirlandaio.

A 7 anni ricevette la prima tonsura, a 11 fu nominato abate di Montecassino e Morimondo a 13 divenne cardinale (nonostante le regole del tempo vietassero tale nomina prima dei 16 anni).

Quando i Medici furono cacciati da Firenze dopo la morte del Magnifico,  Giovanni si mise a viaggiare per l’ Europa fino a quando ormai trentacinquenne ritornò a Roma, dove si circondò di artisti per far rinascere il prestigio dei Medici. Si fece apprezzare da Papa Giulio II e alla morte di questi fu proclamato suo successore col nome di Leone X.

Praticò il nepotismo in larga scala per rafforzare i Medici e circondarsi di gente a lui fedele. Fu il Papa che si inventò la vendita delle indulgenze, senza capire la gravità di questa sua decisione, che scatenerà lo scisma protestante.

Lavorarono per lui  grandi artisti del nostro Rinascimento, come Raffaello e Michelangelo che produssero capolavori mirabili ancor oggi conservati nei palazzi vaticani

 Raffaello  lo ritrae seduto  a un tavolo con un libro miniato davanti a simboleggiare il suo amore per la cultura ; accanto al libro un campanello d’ argento di squisita fattura ; gli abiti sono riprodotti in modo mirabile. Il colore predominante è il rosso nelle sue più varie sfumature. Raffaello ci fa capire quanto quest’ uomo amasse il lusso e le cose belle, mentre mancano del tutto i riferimenti alla sua carica religiosa….e non credo che questo sia casuale.

 

UTE: Viaggio tra i monasteri serbi.

Monastero di Studenica

Oggi pomeriggio abbiamo trascorso due ore immersi nell’ arte, guidati con passione e competenza dalla prof. Beretta.

Avreste mai immaginato che in Serbia, terra che ha fatto da  “cerniera” tra la  civiltà bizantina e quella occidentale, esistessero testimonianze artistiche meravigliose, in cui si possono individuare innovazioni pittoriche  che ritroveremo solo un secolo dopo nei nostri Cimabue e Giotto? Per me, devo confessarlo , è stata una novità.

I monasteri serbi del XII – XIII secolo sono come piccole fortezze racchiuse entro mura circolari, addossate alle quali sorgevano gli alloggiamenti dei monaci . Al centro si innalzava la chiesa principale, cui facevano contorno a volte altre cappelle minori. L’ aspetto esterno delle chiese è sempre molto molto semplice e lineare, simile a quello delle nostre chiese romaniche (soprattutto pugliesi) di quel tempo, le quali però mantengono lo stesso stile austero anche all’ interno; entrando in quelle serbe invece c’ è da restare a bocca aperta nel vedere come ogni parete o soffitto o cupola siano completamente affrescati con pitture di rara bellezza.

Mi ha colpito l’ affresco rappresentante il momento in cui le due Marie vanno al Sepolcro e vi trovano solo un Angelo vestito di bianco, seduto sulla pietra sepolcrale, che addita loro il sudario : è un angelo che occupa la parte centrale dell’ affresco e illumina la scena , mentre le donne restano in ombra in atteggiamento di timoroso stupore. L’ affresco si discosta dalla classica pittura bizantina , caratterizzata da figure ieratiche, rigide e inespressive per dare risalto al movimento e alla espressività dei gesti e dei volti.

 

La Resistenza di Irma….

La Resistenza ha avuto molte donne come protagoniste, ma siccome sono solitamente gli uomini a scrivere la storia, non hanno mai ritenuto degne di menzione tutte quelle loro compagne di lotta che svolgevano ruoli magari non sempre e non prettamente militari, ma ugualmente importanti. Una di queste eroine fu Irma Bandiera; ecco alcune note copiate da Wikipedia.
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Irma Bandiera (Bologna8 aprile 1915 – Bologna14 agosto 1944) è stata una partigiana italianaMedaglia d’oro al valor militare (alla memoria)..Di famiglia benestante, divenne staffetta partigiana nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna col nome di battaglia di Mimma.Catturata dai fascisti dopo aver trasportato armi alla base di Castelmaggiore della sua formazione, venne torturata e infine fucilata al Meloncello di Bologna il 14 agosto 1944. Il suo corpo fu esposto dai fascisti sulla strada adiacente alla sua abitazione per un intero giorno

In suo onore, nell’estate del 1944, una formazione di partigiani operanti a Bologna prese il nome Prima Brigata Garibaldi “Irma Bandiera”.

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Ecco la motivazione per cui fu insignita della medaglia d’ oro al valore militare:«Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS. tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione[1].»

— Meloncello, 14 agosto 1944

Anche a lei andrà il nostro pensiero e la nostra gratitudine nel giorno in cui celebriamo la conquista della libertà.

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La carissima nonna Mimma, che mi fa l’ onore di seguire questa pagina, mi ha segnalato un episodio della Resistenza accaduto a Diano Marina e che gli alunni della locale scuola  hanno ricordato in questo 25 Aprile. Sulle lapidi i nomi dei caduti che, col loro sacrificio, hanno pagato il prezzo per la nostra libertà.

Per non dimenticare.

Giornata della Terra.

Nel 1854 Il Presidente degli Stati uniti aveva proposto al capo degli indiani americani Seattle di comprare le terre della sua tribù; questi risponde con una lettera che è un inno all’ amore per la Terra, Madre di tutti i viventi. Cliccando sul link qui sotto si può trovare il testo integrale; io ne riporto solo la parte iniziale…..poetica e commovente.

La Terra fa parte di noi…

“Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? L’idea ci sembra strana. Se noi non possediamo la freschezza dell’aria, lo scintillio dell’acqua sotto il sole come e’ che voi potete acquistarli? Ogni parco di questa terra e’ sacro per il mio popolo. Ogni lucente ago di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma dei boschi ombrosi, ogni radura, ogni ronzio di insetti e’ sacro nel ricordo e nell’esperienza del mio popolo. La linfa che cola negli alberi porta con se’ il ricordo dell’uomo rosso. Noi siamo una parte della terra, e la terra fa parte di noi.

I fiori profumati sono i nostri fratelli; il cavallo, la grande aquila sono i nostri fratelli, la cresta rocciosa, il verde dei prati, il calore dei pony e l’uomo appartengono tutti alla stessa famiglia. Quest’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non e’ solamente acqua, per noi e’ qualcosa di immensamente significativo: e’ il sangue dei nostri padri….

Consiglio vivamente di leggere il testo integrale è una lezione di amore e di rispetto per la sacralità della Terra, dono dell’ unico DIO.

E’ bene ricordare questi concetti nel giorno in cui nel mondo si celebra l’ Earth day (Giorno della Terra) per ricordare che dipende dall’ impegno di ognuno di noi la conservazione di un bene che abbiamo avuto in prestito da chi ci ha preceduto e che dovremo restituire a chi verrà dopo di noi.

Le trecciaiole.

Uno dei ricordi più vivi della mia infanzia è certo la figura della mia nonna materna: era rimasta vedova poco più che trentenne con quattro figli piccoli  e l’ ultima in arrivo. Era stata la spagnola a portarle via il giovane marito alla fine della Grande Guerra. Di questa nonna ho già parlato a lungo , ma non ho raccontato di come avesse sempre tra le mani qualcosa da fare: o faceva delle calze per i figli o faceva la “treccia” ed è di questa sua seconda occupazione che voglio raccontare stasera.

Mi pare di ricordare che ci fosse qualcuno in paese che si incaricava di ritirare i mazzi di paglie da Carpi e poi le distribuiva  alle varie trecciaiole . Mia nonna era una di loro e arrivava in casa nostra con il suo mazzo di paglie sotto il braccio: a volte erano sottili, a volte più larghe, a volte colorate, ma più spesso bianche . Lei si sedeva su una seggiolina bassa e  cominciava a farle volteggiare velocemente intrecciandole in modo da formare lunghissime trecce, lisce o più complesse.

Esaurite le paglie, si doveva lisciare la treccia con un attrezzo a manovella di legno che chiamavamo “slissen” , poi con una specie di lungo bastone con due pioli alle estremità si formavano delle grosse “matasse” che venivano riconsegnate a chi le doveva portare in fabbrica  ed era costui che provvedeva a pagare il lavoro compiuto.

Nelle sere d’ inverno, nelle stalle o nelle case ascoltando la radio, le donne continuavano a cercare di arrotondare i magri introiti della famiglia e spesso anche noi bambini davamo un piccolo contributo facendo “la treccia” che sarebbe poi servita per confezionare cappelli e borse di varia fattura.

Il papa del sorriso e il papa della tenerezza.

 

 

In questi giorni mi torna sempre in mente papa Luciani ,il Papa del sorriso, quello che disse che ” Dio ci è più madre che padre”, intendendo che Egli e’ sempre pronto a capirci, a perdonare , a prenderci come siamo come fa ogni buona madre coi propri figli.

 

Trovo molto vicino a lui  l’ attuale Papa Francesco: molto simili fisicamente, stesso sorriso buono e carico di simpatia e semplicità. Anche papa Francesco accentua l’ aspetto di un Dio che è misericordia sempre, e ci dice che  non ci si deve vergognare della bontà, anzi della tenerezza….

Papa Luciani non ha avuto tempo di lasciare un’ impronta profonda nella Chiesa, vista la brevità del suo papato; spero invece che questo sia consentito a Papa Francesco, che coi suoi gesti semplici e per questo estremamente rivoluzionari  ha indicato la strada che intende perseguire .

 

 

 

 

19 marzo: festa dei papa’.

Nella festa dedicata ai papa’, mi vengono alla mente alcuni ricordi….

Essendo l’ ultima di cinque figli, mia madre non aveva molto tempo da dedicarmi, presa com’era sempre da mille faccende , dal mattino presto fino alla sera tardi. Chi mi faceva compagnia nelle ore libere era mio padre che mi prendeva sulle ginocchia e mi raccontava le solite due storie dialettali: “I’v  vist Cuma Son?” Oppure quella del ragazzo un po’ tonto che, per obbedire a chi gli aveva detto ” Tiret adré la porta”, anziche’ chiudere la porta, se la trascina sulle spalle mentre va alla fiera. Non ne sapeva altre, ma le raccontava accentuando i momenti comici delle due storie e io mi divertivo anche se le sapevo a memoria.

Piu’ spesso pero’ mi teneva vicino mentre faceva degli interminabili solitari a carte, oppure giocavamo all’ asino, a ruba-mazzetto, a “cheva in pataja” o ci sfidavamo nelle prime partite a briscola o a  “tigugnin” (scopa con l’asso pigliatutto) .

Altre volte raccontava di quando era soldato e faceva l’ attendente o di quando rischio’ di perdere il fucile , dimenticato a una fontana dove si era  fermato   per dissetarsi durante una lunga marcia. Mi  ricordo anche di quando raccontava di un episodio di eroismo involontario.

Mio padre era daltonico, ma non lo sapeva e in tempo di fascismo imperante una mattina si presento’ al mercato , dove andava a vendere polli, conigli e uova , con una fiammante camicia rossa. Tutti quelli che lo incontravano lo guardavano sbalorditi , ma non dicevano nulla…. e lui non sapeva spiegarsi il perche’ di quegli sguardi strani e di quei commenti bisbigliati al suo passaggio.

Finalmente un suo amico oso’ avvicinarsi e gli disse :- Hai Davvero un gran coraggio a venire al mercato vestito cosi’!!!!- Mio padre non capiva cosa ci fosse di strano nel suo abbigliamento e allora l’ amico gli fece notare che il colore di moda era il nero e che portare camicie rosse poteva non essere molto igienico: si rischiava una spiacevolissima bevuta di olio di ricino!!!!!

Tanti auguri a tutti i papa’ e a tutti i Giuseppe, a quelli che sono ancora vicino a noi e a quelli che non ci sono piu’.

 

 

C’ è qualcosa di nuovo oggi nel sole….

L’AQUILONE

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.

Son nate nella selva del convento
dei cappuccini, tra le morte foglie
che al ceppo delle querce agita il vento.

Si respira una dolce aria che scioglie
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch’erbose hanno le soglie:

un’aria d’altro luogo e d’altro mese
e d’altra vita: un’aria celestina
che regga molte bianche ali sospese…

sì, gli aquiloni! È questa una mattina
che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d’albaspina.

Le siepi erano brulle, irte; ma c’era
d’autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera

bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.

Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.

Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.

S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.

S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo
petto del bimbo e l’avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.

Più su, più su: già come un punto brilla
lassù lassù… Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto… – Chi strilla?

Sono le voci della camerata
mia: le conosco tutte all’improvviso,
una dolce, una acuta, una velata…

A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! e te, sì, che abbandoni
su l’omero il pallor muto del viso.

Sì: dissi sopra te l’orazïoni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!

Tu eri tutto bianco, io mi rammento.
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.

Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!

Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore

ancora in boccia! O morto giovinetto,
anch’io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto…

Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!

Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co’ bei capelli a onda

tua madre… adagio, per non farti male.

Oggi mi son dedicata ai primi lavori in giardino: ho interrato qualche bulbo, trapiantato qualche primula,  una pianta di rosmarino e qualche ciuffo di viole mammole. C’ era un sole tiepido e un profumo di primavera intorno, così mi son ricordata questa poesia studiata sui banchi di scuola.

Toccano il cuore le parole del Pascoli che descrive i segni della primavera, che gli fa ricordare tempi lontani, i tempi della scuola, le passeggiate in collina col lancio degli aquiloni e i compagni……

Ma a questo punto la poesia prende una svolta quasi imprevedibile : la dolcezza e la nostalgia dei primi ricordi si mutano in amarezza: meglio morire in tenera età,- dice il Pascoli – quando non hai ancora visto venir meno i visi delle persone che hanno percorso  insieme a te le strade della vita, quando hai vissuto talmente poco che morire non ti pesa, quando una mano di mamma può ravviarti i capelli…… Ecco qui Pascoli mi pare terribilmente egoista: come fa a non pensare allo strazio che accompagna quella lenta carezza? Esiste qualcosa di più innaturale che veder morire un proprio figlio? Solo  chi non è mai diventato genitore può scrivere versi così insensati……