UTE: Dante s’indìa e s’etterna (docente don Ivano Colombo – sintesi di A. D’Albis)

paolo e francescaLa lezione di oggi di Don Ivano tratta della morte di Dante, perché stiamo celebrando il settimo centenario di questo avvenimento. Non è però un susseguirsi di date e di avvenimenti, perché il docente vuole leggere la morte di Dante secondo una prospettiva diversa, quella di Dante come figura storica e come poeta.

Dante stesso ha coniato due verbi, con i quali Don Ivano ha intitolato la sua lezione, e che il poeta usa nel Paradiso. Dante usa il verbo “INDIARSI”, che potremmo intendere come “Inoltrarsi” nella sua esistenza e andare a fiorire dentro Dio e “ETTERNARSI”, cioè fiorire nell’eternità, lasciarsi andare nell’eternità.La morte per Dante è, dunque, andare a finire in Dio e la vita eterna non comincia con la morte, perché la vita in Dio si può assaggiare, pregustare anche nell’esistenza terrena.

Dante è morto il 14 settembre 1321 e ciò che sappiamo ci viene da fonti successive, spesso ricche di enfatizzazioni e leggende. E’ morto relativamente giovane, a 56 anni, senza aver raggiunto i fatidici 70 anni! E’ morto a Ravenna, dove si era stabilito dopo essere andato via da Verona, forse per scrupoli religiosi, forse per seguire il suo “signore”., Guido da Polenta, che coltivava la poesia e che lo ospitò a Ravenna. E’ morto probabilmente durante il viaggio di ritorno da Venezia, dove si era recato per una ambasceria da parte del Signore di Ravenna.

Il suo passaggio fra le acque paludose di Comacchio gli fu fatale: egli infatti contrasse la malaria e morì la notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 (per la datazione del tempo che faceva iniziare il giorno dal tramonto di quello precedente, era il 14).

Alla sua morte, mancavano i 13 canti finali del Paradiso non ancora pubblicati, che furono ritrovati dal figlio Jacopo.Il ritrovamento di questi canti sembra un aneddoto di risurrezione. Dante che muore nascostamente, senza eventi “gloriosi”, comincia ad avere la sua fama.Il docente ci presenta l’inizio di alcuni canti del Paradiso dove la morte viene descritta come il coronamento dell’esistenza.

Nel canto XXV Dante aspira a ricevere un riconoscimento come poeta, anche se non crede più di poter rientrare a Firenze. Il docente sottolinea che la morte è, per tutti gli uomini, un momento in cui una persona esprime ciò che effettivamente è, il momento in cui lascia la sua impronta, la sua eredità!

Dante vuole offrire a tutti, anche a noi, la sua eredità, cioè il percorso che ha fatto “nel mezzo del cammnin di nostra vita” per aiutarci a capire cosa è il senso della vita.Dante conia tre verbi: “incielarsi”, cioè entrare dove nessuno pensa mai di arrivare; “imparadisarsi”, cioè venire assorbito dalla luce del paradiso; “Indiarsi”, cioè fare proprio il vivere stesso di Dio.

Nell’inizio del canto XXVIII del Paradiso, Dante afferma che il coronamento della vita è entrare in Dio e in questo viene aiutato da Beatrice. E’ stata Beatrice ad aprire Dante alla conoscenza della verità e a introdurlo alla vita divina. Dante vede Dio passando attraverso Beatrice che è lo specchio che fa vedere tutta la luminosità e la musica del Paradiso.

Dante vorrebbe tornare a Firenze per coronare la sua esistenza, poi capisce che non è possibile e trova la sua realizzazione nel raggiungere l’incontro con il Signore attraverso la poesia e la persona di Beatrice.

Beatrice permette a Dante di arrivare a fare l’operazione di procedere a costruire il vero modo di vivere l’eternità, di vivere il rapporto con Dio e con il mondo in un modo che rimanga per l’eternità.

Nella “ Lectura Dantis” di Erich Auerbach, filologo tedesco, ebreo, che risulta ancora essere il più grande dantista del secolo scorso, troviamo spiegata questa operazione.

La parola “figura” va completata con la parola “pittura”. La “figura” è il contorno; la “ pittura” è l’area, la superficie che viene riempita con il colore.

Per Dante, la figura è l’essere umano che nel suo vivere, nel suo operare, riempie di valore la sua vita e la sua persona attraverso l’azione che lui stesso mette in campo con la propria vita.

Concludendo, ciascuno di noi è “figura” che riempie la propria vita, la dipinge e la costruisce sulla base di quelli che ci hanno preceduto (genitori, educatori), ma anche tutto il tessuto sociale che concorre alla nostra esistenza e che ci consegna il proprio vissuto.

Noi riempiamo la nostra figura attraverso altre figure, così diamo pienezza al nostro vivere, ma anche alla Storia.Dante ha intuito come l’uomo possa migliorare la propria esistenza con il contributo di tutti coloro che lo accompagnano.

Se noi, seguendo Dante come lui ha seguito Beatrice, non ci perderemo nel mare della vita, usciremo a…..riveder le stelle!

Grazie Don Ivano per questa interessante lezione!