UTE: Il Doppio (sintesi di A. D’Albis) – Mosè o la Cina (Diana)

La professoressa Laura Molinari, docente di Lingua e letteratura Inglese in una scuola superiore di Erba e nuova docente della nostra Università, affronterà in due lezioni il tema del “DOPPIO” nelle opere di due famosi scrittori della letteratura inglese: Robert Louis Stevenson e Oscar Wilde.

In questa lezione si è soffermata su Stevenson e la sua opera:” The strange case of Dr. Jekill and Mr. Hyde”.

La docente ha iniziato la sua lezione facendo una breve contestualizzazione storica del periodo nel quale lo scrittore è vissuto: l’età vittoriana (The Victorian Age 1837-1901), chiamata così perché il sovrano della Gran Bretagna era la Regina Vittoria che, con il suo lungo regno, rese grande la sua nazione. Questo fu, infatti, un periodo di grandi riforme sia politiche sia sociali. In questo periodo si svilupparono le teorie di Darwin sull’evoluzionismo, le teorie materialiste di Marx, il movimento delle “Suffragette”, che chiedevano il diritto di voto pe le donne, le “Trade Unions” (i primi sindacati), ma soprattutto le sconvolgenti teorie psicanalitiche di Freud. Tutte queste novità, ma in modo particolare le teorie di Freud, influenzarono la letteratura dell’epoca.

Nel romanzo di Stevenson, ambientato a Londra, il personaggio principale (Dr. Jekill), persona molto rispettabile che rappresenta il “bene”, si trasforma in Mr. Hyde, il suo alter ego, personificazione del “male”. La docente sottolinea l’importanza della scelta dei nomi da parte dell’autore. Il nome “Jekill” è formato dal pronome francese Je (io) e il verbo inglese kill, che significa uccidere; “Hyde” è un verbo inglese che significa “nascondere”; la parola “case” che troviamo nel titolo” e che noi traduciamo con “caso”, è sia il “caso medico” sia quello “poliziesco”. Anche l’aspetto fisico dei due personaggi è molto diverso: il Dr. Jekill è alto, bello, elegante; Mr. Hyde è basso, deforme e vestito male. Anche l’ambiente esterno cambia: la casa del Dr. Jekill ha una facciata elegante e pulita, mentre il retro è sinistro e sporco; la stessa Londra ha quartieri eleganti e puliti e quartieri poveri, sporchi e maleodoranti.

Rifacendosi alle teorie di Freud, Stevenson si contrappone all’atmosfera ipocrita del periodo vittoriano, nel quale, in nome della rispettabilità sociale, si salvavano le apparenze, ma anche l’ipocrisia e la falsità. Con il pretesto narrativo del “DOPPIO”, Stevenson mette a nudo l’animo umano nel quale albergano sia il “bene” sia il “male” e quindi anche violenze, aggressività, istinti omicidi. Un’altra caratteristica di questo romanzo è che non ci sono personaggi femminili che “addolciscano” l’atmosfera. Tuttavia, per essere fedele alla mentalità moralistica della sua epoca, l’autore chiude il romanzo facendo suicidare il protagonista, oppresso dai sensi di colpa.

Alla fine della lezione, la professoressa ci fa vedere alcuni videoclips del film :”Dr. Jekill e Mr. Hyde” del 1941 (significativo per l’interpretazione), con Spencer Tracy e sottolinea le differenze che ci sono tra libro e film. Esse sono sostanzialmente due: nel libro non ci sono personaggi femminili, mentre nel film le donne sono importanti; nel finale, il protagonista non si suicida ma viene ucciso dalla polizia. E’ stata una lezione veramente interessante e aspettiamo con ansia il suo seguito con l’approfondimento dello scrittore Oscar Wilde e il suo romanzo, altro esempio di pretesto narrativo di “doppio”.

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MOSE’ o LA CINA – Il prof. Porro continuando il suo discorso su F. Julien, importante filosofo francese ,  ci parla di uno dei suoi libri: “Mosè o la Cina”, in cui si mette a confronto la cultura cinese con quella occidentale, le cui radici affondano nella cultura greco- giudaico- cristiana.

Quando Matteo Ricci,gesuita, arrivò in Cina fu accolto benevol mente, ma quando decise di tradurre la Bibbia si trovò di fronte a una inattesa difficoltà: nella lingua cinese non esisteva la parola “creazione”, intesa come fare dal nulla. I cinesi infatti non avevano mai avuto bisogno di pensare a un Dio Creatore perché hanno sempre inteso la realtà come un processo ciclico legato alle stagioni e non si sono posti il problema di come tutto abbia avuto inizio. In cinese inoltre non si poteva scrivere “IO SONO”.

In occidente, già Platone e Aristotele non erano politeisti, infatti pLatone parlava di un Demiurgo che plasma la realtà osservando il mondo delle idee; Aristotele aveva invece pensato a un Dio, Motore Immobile, causa prima di ogni cosa. Nel Medioevo invece si cercò di conciliare Fede e Ragione: ci si cimentarono anche S. Agostino, S. Tommaso, ma poi alla fine del 1700 nessun teologo ha più cercato di dimostrare l’esistenza di Dio. Kant, credente, affermava che l’esistenza di Dio è indimostrabile.

Nel 1800 si diffonde il progressivo abbandono della fede da parte delle masse che si spostano dalle campagne alle fabbriche. Per Feuerbach, Dio è quel che noi immaginiamo per soddisfare i nostri desideri di immortalità e di compensazione delle nostre tribolazioni; per Marx la religione ha funzione consolatoria; Nietzsche conclude che Dio è morto e siamo stati noi a ucciderlo: sono venuti a mancare i valori trascendenti e il nostro agire è condizionato solo dall’interesse materiale.

La Cina non ha mai conosciuto l’ateismo, perchè non ha mai cercato Dio. La cultura cinese ha indubbi limiti nel non rispetto dei diritti umani, ma non ha mai conosciuto le guerre di religione che hanno sconvolto a lungo l’Europa. Tuttavia risalgono a 2000 anni A.C. degli scritti in cui si parla di un Signore dall’Alto, ma questa idea scompare circa mille anni dopo per lasciare il posto al concetto di “Cielo” inteso come partner della Terra, elemento benefico che consente la vita. La realtà è di per sé armonica, non è necessario pensare a un Dio.

In Cina non ci sono sacerdoti, perchè il sacro è insito nella vita quotidiana. In occidente il cristianesimo ha promosso risorse preziose, come l’idea dell’alterità di Dio, che è sensibile al cuore ed è possibile incontrarlo nel profondo delle nostre coscienze. L’idea di Dio ha sviluppato l’interiorità anche affettiva.