UTE: Il primo mestiere di Primo Levi – Chabod: storico, politico, alpinista – Studi e formazione.

Il  prof. Porro oggi ci ha intrattenuto, da par suo (e quindi con grande piacevolezza) sulla figura di Primo Levi; forse tutti conosciamo la sua opera “Se questo è un uomo” che lo ha reso famoso, ma forse non tutti conoscono a fondo le sue vicende personali e tutte le sue opere. Nel suo libro più famoso, testè citato, Levi racconta la sua terribile esperienza nel lager di Auschwitz. Ci era arrivato in treno, dopo essere partito da Fossoli (ho visto primo-leviquello che resta ancora oggi di quel campo di concentramento n.d.r.) e, fortunatamente aveva superato la selezione che decideva della vita e della morte dei prigionieri. Lui era un chimico e quindi potè lavorare nel laboratorio di una fabbrica chimica vicina al lager.

Il prof. Porro spiega il perchè della nota scritta che campeggia sui cancelli del campo: “Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi). Auschwitz era stato aperto subito dopo l’ascesa al potere di Hitler e ci venivano confinati i dissidenti e tutti i “non graditi” al regime per una cosiddetta rieducazione, che si fondava su attività lavorative. Più tardi ci vennero rinchiusi milioni di ebrei, zingari, religiosi, oppositori politici e la gran parte fu inviata alle camere a gas o subito al loro arrivo o dopo alcuni mesi di lavori forzati, sfiniti dalla fatica, dalla fame, dal freddo.

Levi ritornò dal lager nel 1945 e due anni dopo pubblicò il resoconto di quella terribile esperienza, ma non ebbe molto successo; solo dieci anni dopo la casa Editrice Einaudi ne fece una nuova edizione, che lo rese famoso. Nel frattempo però lui aveva trovato lavoro come chimico e divenne ben presto un dirigente della fabbrica di Settimo Torinese che lo aveva assunto.  Pur avendo avuto esperienza della degradazione  del lavoro, Levi  nelle sue opere successive esaltò il lavoro tecnico, manuale; scrisse infatti “Il sistema periodico” in cui ogni capitolo prende il nome da un elemento chimico.  Lo scrittore sostiene che l’organo principale del corpo umano è la mano, che costruendo ha contribuito all’umanizzazione e allo sviluppo intellettuale dei primitivi.

Nel 1978, pubblicò “La chiave a stella” un romanzo il cui protagonista, Libertino Faussone, è un operaio che si specializza tanto da diventare un tecnico richiesto in tutto il mondo; non conosce le lingue, ma ovunque va riesce a dialogare con i suoi collaboratori attraverso le reciproche competenze. Nel libro compare questa frase “Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione alla felicità sulla terra. Ma questa è una verità che non molti conoscono“.  Libertino è anche un costruttore di ponti e a un certo punto esprime questo pensiero che dovremmo tutti tenere a mente: “Costruire ponti è il più bel lavoro che ci sia; sono il contrario delle frontiere e sulle frontiere nascono le guerre”


chabodNella seconda ora di lezione, il prof Cossi  ci ha parlato di un personaggio che forse pochi di noi conoscono: Federico Chabod, storico di grande fama tra gli esperti del settore.

Nato nel 1901 da un’antica famiglia Valdostana, a diciotto anni rimane orfano di padre (morto di spagnola), ciononostante riesce a laurearsi  discutendo una tesi su Machiavelli.  Proprio questi suoi studi, fanno sì che gli venga commissionata l’introduzione a una nuova edizione de “Il Principe” di Machiavelli, lavoro che gli attirò l’attenzione e i pareri favorevoli di tanti critici, tra cui  Benedetto Croce.  Siamo agli inizi del ventennio fascista e il fratello  di Federico Chabod, Leonardo, aderisce alle squadre d’azione, diventando un fanatico picchiatore, ma poco dopo muore suicida. Federico, che già collaborava con importanti riviste storiche, all’affermarsi del fascismo interrompe quelle collaborazioni ritenute poco gradite al nuovo regime. Naturalmente aspettiamo tutti con interesse il proseguimento di questa storia….