UTE: Verga, tra verismo e impersonalità (sintesi di A. D’Albis) – Mangiare carne? (Diana)

Quale impatto ha sull’ambiente il fatto che ci nutriamo di carne?

E’ indubbio che l’uomo sia onnivoro e che, come tale possa cibarsi sia di vegetali che di alimenti di origine animale. L’uomo primitivo si nutriva per lo più di semi, radici, frutti e solo quando con fatica riusciva a catturare un animale poteva cibarsi di carne. Ora invece basta andare al supermercato è con “pochi” soldi possiamo acquistare tutti i tipi di carne esposti con dovizia.

Se il costo della carne è relativamente basso è perchè proviene da allevamenti intensivi, dove gli animali sono costretti a vivere in condizioni degradanti. Per produrre carne in tali quantità esorbitanti si incrementa l’effetto serra che danneggia enormemente il sistema ecologico del pianeta.

Se la carne è un alimento prezioso per la salute, è possibile produrla in modo più sostenibile? Se prendiamo esempio dai popoli che vivono anche oggi in territori non coltivabili (Mongoli, Masai, ecc.) e quindi si sostengono con l’allevamento di animali, vediamo che essi li trattano con molto rispetto, li fanno vivere in condizioni di benessere e li macellano solo per lo stretto necessario. Anche noi dovremmo allevare gli animali in spazi adeguati per  consentire loro di potersi muovere liberamente. Questo però farebbe lievitare i costi di produzione della carne e quindi i costi al consumo.

Dato il continuo aumento della popolazione mondiale, e di conseguenza la domanda di cibo, già da ora si sperimenta l’uso alimentare degli insetti: il loro apporto nutrizionale è ottimo e il loro allevamento è poco inquinante. Tuttavia si stanno percorrendo anche altre vie, come la produzione in laboratorio di carne partendo dalle cellule staminali: questo consente di non abbattere nè animali, nè foreste. I risultati sono molto soddisfacenti e i costi di produzione si stanno riducendo.

Un’altra alternativa è la carne-finta, cioè prodotta  con elementi vegetali.

La soluzione ideale è comunque per il momento di consumare meno carne  con grande giovamento per l’equilibrio dell’ecosistema Terra.

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Don Ivano, prima di affrontare l’argomento della sua lezione, fa una breve presentazione di un personaggio, sconosciuto ai più, prete e parroco della parrocchia di Chiuso di Lecco di cui si celebra il bicentenario della morte e che è stato beatificato a Milano nel 2011: Beato Serafino Morazzone.

Don Ivano sottolinea che questo curato beato è stato nominato dal Manzoni nella prima versione del suo romanzo, quello intitolato: “Fermo e Lucia”. Manzoni lo conosceva e, essendo morto da poco, volle nominarlo per ricordarlo. Nella versione definitiva del romanzo, invece, non lo nominò più.

Dopo questa divagazione, il relatore ci parla di Giovanni Verga e del suo capolavoro “I Malavoglia”. Di Giovanni Verga ricorre quest’anno il centesimo anniversario della morte (1840-1922).

Egli fu il maggior esponente della corrente letteraria del “Verismo” e la sua opera ebbe un significato notevole nella Storia della Letteratura Italiana. Gli esponenti della corrente del Verismo raccontano, nelle loro opere, eventi di vita quotidiana reali e hanno come protagonisti dei loro scritti le classi sociali meno abbienti.

I romanzi del Verga hanno le caratteristiche di questa corrente. Sono scritti con un linguaggio rude e spoglio, ma con termini e espressioni vicine al dialetto siciliano (e questa è una novità). Le sue storie sono ambientate nel profondo Sud (la Sicilia), nella più remota provincia della Sicilia (Catania), ma sono permeate da quel senso di umanità che è universale.

Ne “I Malavoglia”, l’autore parla di una famiglia di pescatori che ha una casa, ha “la roba” (termine siciliano per intendere “la proprietà terriera”). Non è gente povera, ma sfortunata, perché lotta, inutilmente, per conservare “la roba”, ma non ci riesce. Essi sono “i Vinti” per eccellenza.

Verga voleva scrivere 5 romanzi sui “vinti”, il famoso “ciclo dei vinti”.ma non va oltre i primi due.Ad un certo punto, la sua vena narrativa si è interrotta e il suo ciclo di romanzi non è stato mai completato.

Egli scrisse i suoi capolavori a Milano e non fu subito capito, sia in termini di contenuto, sia in termini di stile. Nelle sue opere Verga scandaglia l’animo umano, che è universale, quindi sono permeate, non solo da un profondo senso di umanesimo, ma anche da una forte spiritualità.

Sono queste caratteristiche che fanno di un’opera letteraria “un capolavoro”. Un capolavoro” è tale se permane anche se cambiano i tempi e le opere di Verga, tanto ricche di umanesimo e di spiritualità, sono dei “capolavori”.