Piccoli robot.

Accade in Germania

Una volta c’ era il maestro  con licenza di bacchettare gli alunni più rumorosi, meno attenti, quelli che si lasciavano incantare più dal volo di una mosca che dalle lezioni di storia o matematica . Quando crescevano e uscivano dalla scuola, spesso questi alunni avevano più successo nella vita di tanti “sgobboni” habitués del dieci e lode.

Ora, per fortuna, i maestri non hanno più la bacchetta, ma  per avere alunni tutti ben omologati al modello standard chiedono aiuto alla medicina (???!!!??) e alla chimica. In Germania, si legge al link qui sopra, ci sono ben 250.000 bambini sottoposti a trattamento farmaceutico perché iperattivi, turbolenti o disattenti. Il farmaco consente loro di avere migliori risultati a scuola, ma crea dipendenza.

E’ giusto trattare come malati bambini che avrebbero bisogno invece di veder analizzato meglio il loro disagio per trovare vere soluzioni ? A volte un bambino fa fatica a stare attento, ma basta tenerlo vicino quando si spiega l’ esercizio da eseguire, a volte non è ben seguito a casa e perciò non trova motivazioni all’ impegno,a volte è la troppa TV che lo disturba o potrebbe anche essere irrequieto per una dieta sbagliata, per una intolleranza alimentare….

Spero che gli insegnanti italiani non si lascino tentare dalla “moda” tedesca, che garantisce vita facile ai docenti, ma crea dei piccoli robot schiavi della chimica.

 

 

 

 

Gemme.

Come ogni anno di questi tempi, ho messo le potature più belle e tenere delle mie rose in un bicchiere d’ acqua e sto aspettando che si verifichi il “miracolo” che talvolta è avvenuto: che da quei rametti spuntino delle piccole radici , in modo da ottenere nuove piantine. Intanto però si son dischiuse le gemme nel mio vivaio domestico e trovo molto adatta a descriverle questa breve poesia di Salvatore Quasimodo:

LE GEMME

Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa…
E tutto mi sa di miracolo

Monti e le vacanze estive…

Monti: Un mese di vacanza estiva per le scuole

Nella ridda di proposte che Monti sta sfornando ogni giorno a me è piaciuta quella di accorciare le vacanze estive e di ridurle a un mese solo azichè due come ora.

Forse il mio gradimento dipende dal fatto che non insegno più e vedo le cose più da cittadino – utente del servizio scolastico che da operatore, ma l’ idea, che la scuola possa occuparsi dei miei nipotini lontani per un mese in più e che i loro genitori non siano più costretti a fare i salti mortali per coprire i tre mesi estivi, non mi dispiacerebbe proprio e penso che farebbe molto felici molte famiglie in un paese così carente di servizi come il nostro.

Naturalmente tutti gli insegnanti e i loro sindacati sono insorti, difendendo a spada tratta lo status quo , ma la proposta, se attuata, potrebbe creare nuovi posti di lavoro di cui i nostri giovani sono affamati, visto che Monti ha precisato che il provvedimento non prevede nessun aggravio per il personale docente attualmente impegnato nella scuola pubblica.

Io non voterò Monti, ma ciò non toglie che possa apprezzare questa sua proposta, che mi pare realizzabile e molto utile.

UTE: Medicina: le cefalee – storia: le foibe

Il dr. Rigamonti ci ha intrattenuto sul “mal di testa” la sindrome dolorosa più diffusa e quella a cui forse si presta meno attenzione.
Ci sono cefalee primarie (emicrania, cefalea tensiva e cefalea a grappolo – quest’ultima la più dolorosa) e cefalee secondarie, causate cioè da un’ altra patologia.
Vale sempre la pena di non sottovalutare le cefalee ricorrenti: possono essere un campanello di allarme che ci avverte di un problema degno di attenzione.

Il prof.Cossi ha continuato il discorso sulle “foibe” , i massacri avvenuti in territorio slavo sia dopo l’8 settembre ’43 sia dopo la fine della guerra nel ’45.
Le foibe sono servite ad occultare le vittime delle vendette messe in atto dai partigiani di Tito contro gli Italiani , che a loro volta si erano distinti per intolleranza verso la popolazione slava . Ma come sempre in questi casi, quando a prendere il sopravvento è la violenza bestiale, non furono trucidati in modo disumano solo persone compromesse con il regime fascista, ma anche civili colpevoli solo di essere italiani. La maggior parte però delle vittime di quegli eventi non morì nelle foibe, ma nelle carceri o nei campi di concentramento.

Sentir descrivere il modo terribile in cui sono morte tante persone , ci ha riempiti di orrore: ogni guerra ha sempre portato i combattenti di ogni tempo e di ogni latitudine a perdere il senso della pietà, a dimenticare di essere uomini tra gli uomini tanto da arrivare a compiere azioni aberranti senza provarne ribrezzo.

Per non dimenticare…..

Nel campo di Buna abbandonato dai tedeschi la camera degli infettivi, in cui i due francesi e io eravamo riusciti a sopravvivere e ad instaurare una parvenza di civiltà, rappresentava un’isola di relativo benessere: nel reparto contiguo, il reparto dei dissenterici, la morte dominava incontrastata.
Attraverso la parete di legno, a pochi centimetri dalla mia testa, sentivo parlare in italiano. Una sera, mobilitando le poche energie che mi restavano, mi ero deciso ad andare a vedere chi viveva ancora là dietro. Avevo percorso il corridoio buio e gelato, avevo aperto la porta, e mi ero trovato precipitato nel regno dell’orrore.
Erano un centinaio di cuccette: la metà almeno erano occupate da cadaveri irrigiditi dal freddo. Solo due o tre candele rompevano l’oscurità: le pareti e il soffitto si perdevano nelle tenebre, talché sembrava di penetrare in una enorme spelonca. Non vi era alcun riscaldamento, ad eccezione degli aliti infetti dei cinquanta malati ancora vivi. Malgrado il gelo, il tanfo di feci e di morte era cosí intenso che mozzava il fiato, e bisognava fare violenza ai propri polmoni per costringerli ad attingere quell’aria corrotta.
Pure cinquanta vivevano ancora. Stavano raggomitolati sotto le coperte; alcuni gemevano o urlavano, altri scendevano con pena alle cuccette per evacuare sul pavimento. Chiamavano nomi, pregavano, imprecavano, imploravano aiuto in tutte le lingue d’Europa.
Mi trascinai a tastoni lungo una delle corsie fra le cuccette a tre piani, incespicando e barcollando nel buio sullo strato di escrementi gelati. Udendo il mio passo, le grida raddoppiarono: mani adunche uscivano di sotto le coperte,
mi trattenevano per gli abiti, mi toccavano fredde il viso, tentavano di sbarrarmi la strada. Giunsi infine alla parete divisoria, in fondo alla corsia, e trovai chi cercavo.
Erano due italiani in una sola cuccetta, stretti fra loro in un viluppo per difendersi dal gelo: Cesare e Marcello.

Da “La tregua” di Primo Levi

Quando i maiali erano preziosi….

Ripubblico questo ricordo della macellazione del maiale in casa mia , che risale a circa sessant’ anni fa. Si era perso tra i meandri del blog e ce n’è voluto un po’ per ritrovarlo…

In primavera il papà comprava un porcellino, che, finchè era molto piccolo, così roseo e vivace, era veramente grazioso mentre scorrazzava in cortile o mentre poppava dal grosso biberon con cui veniva nutrito nei primi tempi.
In seguito, ogni giorno si utilizzava l’ acqua di cottura della pasta o il siero del latte, che il papà si procurava al caseificio , per preparare il “pastone” utilizzando anche gli avanzi di cucina ai quali veniva aggiunta una buona dose di crusca e anche il mangime comprato in paese.

Il maialino cresceva molto in fretta e ben presto diventava talmente grosso che, quando veniva tenuto in cortile per lasciarlo grufolare qua e là , veniva legato a un paletto e a noi bambini veniva raccomandato di stargli alla larga.

Quando, veniva la stagione fredda (dopo Natale, credo) a un certo punto si cominciava a parlare del “masalari” (macellaio o norcino) che sarebbe venuto il tal giorno. Mi pare si chiamasse Magretti e ne ricordo la figura alta e magra, il viso abbronzato e solcato da profondissime rughe e il lungo grembiule di tela incerata.

Quella mattina , subito dopo la colazione, mia madre mi disse di andare a trovare la mia amica nella fattoria vicina ; mentre percorrevo il sentiero , mi giunsero alle orecchie le urla acutissime del maiale e io mi misi a correre più forte che potevo per la paura. Quando più tardi ritornai a casa, ricordo di aver visto la carcassa biancastra e fumante del maiale stesa su un tavolaccio in mezzo al cortile, mentre un odore piuttosto nauseante si spandeva nell’ aria.
Tutt’ attorno si affaccendavano il Magretti con il suo garzone e anche papà e mamma che davano una mano. Alla sera si consumava subito il sanguinaccio con la polenta e già il giorno dopo c’ erano i ciccioli saporitissimi e croccanti, che si scioglievano in bocca. Si cucinavano anche gli ossi, per spolparli con cura e poi venivano ceduti (venduti?) a chi li avrebbe indirizzati alle fabbriche di oggetti di uso quotidiano.

Ricordo anche la preparazione degli insaccati che ci avrebbero fatto buona compagnia per il resto dell’ inverno: azionando un utensile che non so descrivere, venivano riempite sapientemente le budella accuratamente lavorate e in men che non si dica il tavolo di cucina si riempiva di salsicce, di cotechini, di salami…
Credo di ricordare che i prosciutti venivano venduti almeno in parte, forse per pagare il norcino…

Quando gustavamo le prelibatezze , dono del nostro prezioso maiale, nessuno in famiglia , nemmeno io, pensava a quale triste sorte gli fosse toccata : era stato comprato e allevato per questo , niente di più normale. Ricordo anzi una certa atmosfera di festa per l’ abbondanza di cose buone che comparivano sulla tavola.

Tre secoli di arte….


Alla scoperta di un tesoro

Oggi pomeriggio, grazie ad un’ iniziativa realizzata dall’ UTE, ho potuto riempirmi gli occhi di bellezza.
Siamo andati (eravamo una quarantina)a vedere il museo di Piazza Scala, dove sono esposte le opere d’ arte di proprietà della Banca Intesa. Vi si possono ammirare stupendi bassorilievi del Canova, quadri di Hayez,di Induno, di Boccioni, di Fontana, Manzoni e molti altri: opere che documentano l’ evoluzione dell’ arte in questi ultimi tre secoli.
Cosa dire poi degli ambienti in cui queste opere possono essere ammirate? Il museo risulta dalla unione di tre palazzi storici di Milano di grande magnificenza: dai colonnati, alle vetrate , ai soffitti era tutto stupendo e anche i pavimenti erano talmente belli che pareva male calpestarli.

Non conoscevo l’ esistenza di questa pinacoteca e forse è così ancora per molte altre persone: siamo talmente circondati da tesori d’ arte, da non dare loro l’ importanza che meriterebbero.
Ringrazio l’ UTE e chi la gestisce per avermi dato l’ opportunità di vivere alcune ore indimenticabili.

(chi volesse saperne di più, può cliccare sul link in alto)

Precarietà….da terremoto.

Tornando a Rolo,( non c’ ero più tornata dopo il giorno della prima scossa), mi ha fatto molta tristezza passare per la piazza transennata , ma mi ha fatto ancora più tristezza assistere alla messa festiva in uno stanzone, che tempo fa doveva essere un magazzino, perchè la chiesa è inagibile…Ormai la gente qui deve averci fatto l’ abitudine, ma per me vedere quel tavolino che faceva da altare, i fiori sistemati su due davanzali di ex-finestre, vedere scomparire il celebrante prima della Comunione per andare a prendere le ostie visto che lì non c’ era nessun tabernacolo, mi ha fatto sentire tutta la precarietà che il terremoto di otto mesi fa ha portato in questo piccolo paese , che pure è stato fortunato rispetto a molti altri centri della zona.

A Reggio Emilia…

E’ lecito in un paese democratico osannare come eroe chi delle regole democratiche ha fatto scempio fino a condividere la responsabilità di delitti efferati e “gratuiti”?
A mio avviso chi rispetta la democrazia, deve rispettarne le regole e chi non le rispetta è nemico della comunità che si è data quelle regole e va perseguito.

Quello che è successo a Reggio Emilia durante i funerali di Gallinari secondo me non dovrebbe essere tollerato e il rito doveva essere sospeso ….
Il tragico cono d’ ombra proiettato da questi irriducibili su tutta la sinistra , non può che nuocere alle giuste rivendicazioni di chi chiede più giustizia sociale.

Vite a perdere…

L’ articolo che potete leggerequiracconta di una neonata gettata in un cassonetto e salvata da un passante che ha sentito casualmente il suo vagito.

Episodi come questo si ripetono tragicamente troppo spesso. Perchè non informare con continuità attraverso la TV e manifesti per le vie delle città che in Italia si può andare in ospedale a partorire in modo anonimo e lasciare che il neonato venga messo in stato di adottabilità? Perchè non far sapere che esistono case di accoglienza per mamme sole, le quali possono trovarvi un aiuto per affrontare le difficoltà della maternità e anche un aiuto per trovare un lavoro? Perchè non informare dove è possibile lasciare il neonato nella “ruota” in uso anticamente e ripristinata in varie città?

Mi è difficile immaginare a quale grado di disperazione sia necessario arrivare per decidere di gettare un bambino in un cassonetto, ma sono convinta che ogni madre ,adeguatamente informata, sceglierebbe con minore pena di consentire una chance di vita alla sua creatura ….