Un tuffo nel passato.

La passeggiata era stata interrotta dalla pioggia e, mentre ci affrettavamo verso l’appartamento che ci ospitava a Ortigia, siamo passati davanti a una chiesa nella quale (mi ero informata) stava per essere celebrata la messa festiva.

Sono entrata seguita dai due nipoti e lì, nell’attesa del rito, alcune donne stavano recitando il rosario, seguito poi da altre innumerevoli preghiere. Noto che non c’è nessun altare per la celebrazione secondo le direttive dell’ultimo Concilio … e la cosa mi incuriosisce.

All’ora fissata per l’inizio della messa, un giovane sacerdote entra, si dirige all’altare e, rimanendo con le spalle rivolte verso i fedeli, inizia la celebrazione.  Per la lettura del Vangelo, sale sul pulpito e da lì pronuncia la sua omelia sul tema dell’accoglienza e della fratellanza. Scendendo dal pulpito si mette a scherzare con le donne dei primi banchi, poi, dopo il “Credo”, passa direttamente al prefazio: nessuna preghiera dei fedeli…

Alla comunione , il sacerdote, affiancato da due chierici, offre l’ostia ai fedeli dopo averla intinta nel vino e, alla conclusione, prima di lasciare l’altare, si ferma davanti alla statua della Madonna e intona un canto che non sentivo più da almeno 60 anni: “Noi vogliam DIO “, canto col quale i cattolici del secolo scorso rivendicavano la volontà di incidere sulla società e sulle istituzioni (era stato scritto  ai tempi del “NON EXPEDIT”)

E’ stato un momento inaspettato, che mi ha fatto un po’ sorridere: mi è sembrato così anacronistico quel rito che intenderebbe cancellare le direttive del Concilio Vaticano II, nel quale tutti i più importanti prelati e  teologi hanno introdotto delle innovazioni tendenti a favorire  la comprensione e la partecipazione attiva dei fedeli alla celebrazione della messa. E quel giovane prete mi ha fatto molta tenerezza…

Letture: La masseria delle allodole. (Antonia Arslan)

genocidio-armenoE’ stato assegnato a mio nipote Davide come lettura per le vacanze estive e ne ho approfittato per leggerlo.

E’ la storia di un gruppo di armeni e, in particolare, di una famiglia: gli Arslanian.

Siamo nel 1915, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia. In una tranquilla cittadina dell’odierna Turchia, vive questa famiglia agiata e benvoluta da tutti e la prima parte del libro, la cui autrice è una  discendente dei protagonisti, è dedicata alla presentazione dei membri della famiglia e alla loro vita fatta di buone abitudini, di sentimenti semplici e profondi, di rispetto , di rapporti sereni con la comunità circostante. E’ la rappresentazione di un mondo che cerca di vivere al meglio la propria quotidianità, cercando di non pensare a quanto era già successo pochi decenni prima a causa dell’odio dei Turchi contro gli armeni. Ma poco prima di morire il vecchio patriarca della famiglia ha come il presentimento profetico dell’orrore che incombe sulla sua famiglia.

Di lì a poco infatti giunge un’ordinanza insensata e densa di presagi nefasti: tutti i capifamiglia armeni devono presentarsi alla polizia. Sempad, nuovo capofamiglia dopo la morte del padre, pensa di sfuggire al pericolo  rifugiandosi nella vecchia  masseria delle allodole e poco dopo la moglie lo  raggiunge con tutta la famiglia e qualche amico. Ma quella che doveva essere un rifugio sicuro diventa, per la delazione di una spia, una trappola mortale per tutti i maschi  che vengono trucidati per poterne saccheggiare le ricchezze. Le donne vengono deportate e avviate verso la morte attraverso un viaggio fatto di fame, stenti e violenze inaudite. Solo per l’aiuto di un gruppetto di amici, due donne e un bambino si salveranno e potranno raggiungere l’Italia dove si ricongiungeranno a un membro della famiglia, qui emigrato quando era appena tredicenne.

La lettura di questo libro è l’occasione per poter riflettere, ancora una volta, come alla base di ogni genocidio ci sia solo l’avidità di chi vuole trovare nella “razza” (la scienza dice che non ci sono razze  diverse, ma un’unica razza, quella umana) il pretesto per derubare e dare sfogo agl’istinti più bestiali.

Purtroppo il genocidio armeno, che i Turchi ancora oggi cercano di negare, è stato solo l’anticipazione di quello che avverrà vent’anni dopo in Europa contro ebrei e minoranze in genere.

Il libro si legge velocemente, è ben scritto e le vicende narrate sono coinvolgenti soprattutto perchè hanno il sapore della verità.

 

Invito a cena con …sorpresa!!

Ortigia, Piazza Duomo di sera. La magia delle luci mette in risalto la bellezza delle linee di un barocco raffinato e di una pietra che sembra essa stessa fonte di luce. E’ l’ultima sera in Sicilia e decidiamo di concederci una cena senza badare troppo alle spese.

Purtroppo non c’è posto all’aperto (davanti a tutti i ristoranti lunghe code di clienti in attesa) e accettiamo di cenare all’interno dove possiamo almeno godere il fresco dell’aria condizionata.

Tutto è molto buono e alla fine, mia figlia va alla cassa e ne ritorna strabiliata: non ci aspettavamo un conto così salato! Stavamo già accettando la cosa come un fastidioso corollario delle vacanze, quando uno dei nipoti guarda bene lo scontrino: per i 5 coperti 38,5 euro!!!!

Piglio decisa lo scontrino e vado dalla cassiera dicendo che deve esserci un errore.  Al che la ragazza fa finta di non sapere che eravamo solo in 5 e rifà il conto: è vero, si scusa, il costo esatto doveva essere 17,50 euro!!! E subito estrae da un borsellino la differenza che mi viene rimborsata.

Questo è stato un neo in una vacanza che ci ha visto abitare in un bellissimo appartamento provvisto di ogni comodità e anche del necessario per la spiaggetta libera e di tante cose per cucinare (Ad es. olio EVO, aceto balsamico, sale, tè) e per lavare.

Questa parte della Sicilia è veramente bellissima, solo sarebbe auspicabile un po’ più di cura per la pulizia di certi angoli che vedono la loro bellezza deturpata dall’incuria e dall’inciviltà di alcuni.

Ciao, Lino!!

IMG-20230812-WA0001Proprio qualche giorno fa, mi era venuto in mente …ma temevo che una telefonata potesse giungere inopportuna….

Mi era rimasta impressa di lui l’immagine del nostro ultimo incontro all’UTE: non c’era traccia sul suo volto del sorriso gentile con cui mi salutava sempre, mentre con voce spenta mi raccontava del grande lutto che aveva colpito la sua famiglia. Poi si era allontanato col passo lento di chi sente su di sè tutto il peso del mondo.

Sapevo che aveva ricoperto cariche importanti, ma lui non ne aveva mai fatto cenno. Mi resteranno in mente i pomeriggi trascorsi all’UTE, seduti vicini ascoltando le lezioni dei nostri docenti.

Ciao, Lino! Buon Viaggio! La mia preghiera e il mio ricordo affettuoso ti accompagnano.

Tutti insieme appassionatamente…

Capita solo qualche volta all’anno di poter avere qui tutti insieme i miei nipoti. Ieri sera erano qui solo i quattro nipoti maschi: Davide, Samuele, Giovanni e Gioele, che ha appena compiuto sette anni  e abbiamo festeggiato insieme il  suo compleanno .

Uno degli aspetti positivi di vedersi così di rado è che, quando i miei nipoti si incontrano, sono davvero felici di ritrovarsi e i loro primi approcci sono molto rumorosi, movimentati e gioiosi.

I due più grandi, Davide e Samuele (17 e 16 anni), si adeguano ai giochi dei due piccol, Giovanni e Gioele (10 e 7 anni) che si divertono un mondo ad assalirli dando il via alla simulazione di lotte feroci e piene di allegria.

Averli qui tutti insieme è una festa per tutti noi e per me in particolare è un’occasione per cimentarmi in cucina per cercare di soddisfare al meglio il loro vivacissimo appetito.foto nipoti

 

Quel cielo di Lombardia.

«….quel Cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace».

Così  il Manzoni descrive il cielo che Renzo, preso dai suoi pensieri non può notare, in quella mattina  serena in cui sta per varcare il confine con il territorio della Serenissima nei pressi di Bergamo.

Ed è questo stesso cielo sereno e splendidamente in pace che oggi brilla su questo angolo di Brianza. Il vento della notte ha cacciato ogni traccia di nuvole ed il cielo è così limpido come non accade troppo spesso.IMG20230807154712

GMG: immagini di speranza.

In questi giorni a Lisbona un milione di ragazzi di tutto il mondo si ritrova a camminare, cantare, ballare, giocare insieme… ma non solo: pregano, meditano, parlano dei problemi del mondo di oggi, cercano ipotesi da proporre per risolverli.

Vedere le immagini che vengono dalla Giornata Mondiale della Gioventù riempie il cuore di speranza. Sono consapevole che non tutti sono arrivati lì animati soltanto dalla fede; per molti sarà stata l’idea di fare una vacanza particolare o un’esperienza interessante, ma credo che anche in questi resterà un segno indelebile. Il solo fatto di vedere giovani di tutte le lingue, di tutte le culture, di tutte le tradizioni riuscire a stare insieme, riuscire a capirsi, vivere le stesse emozioni, condividere paure e speranze autorizza a sperare che il mondo abbia una possibilità di costruire una convivenza fondata sul rispetto e sulla solidarietà …

Sui giornali di solito finiscono storie di giovani che fanno rabbrividire, ma ci sono anche giovani che sanno impegnarsi e cercano di dare un senso alla loro vita.