Film: Holdovers- Lezioni di vita

Da alcuni anni a Erba si ripete la bella iniziativa dei “Pomeriggi al cinema” (cliccando sul link troverete notizie sull’iniziativa: da chi è organizzata, da quanto tempo e qual è il programma di questo autunno).

Ieri è stato proiettato il film “Holdovers – Lezioni di vita”. E’ ambientato nel 1970, in un collegio del Middle West. E’ tempo di vacanze natalizie; gli alunni tornano alle loro case, ma solo Angus, all’ultimo momento, viene avvisato dalla madre che non può tornare a casa: lei sta partendo per la luna di miele col suo nuovo compagno. Insieme a lui restano anche il professore di storia, il più odiato dagli studenti e dai colleghi, e la cuoca che ha appena perso un figlio nella guerra del Vietnam.

Per tutte queste tre persone il Natale si annuncia come il più triste della loro vita, ma la convivenza forzata consente loro di conoscersi al di là di come sono apparsi l’un l’altro fino a quel momento: la cuoca rivela tutta la sua carica umana e la sua sensibilità di mamma; il professore confessa tutte le sue fragilità e le sue insicurezze che nasconde dietro la sua aria dispotica e fredda; Angus non è solo quel ragazzaccio antipatico e ribelle che si fa espellere da tutte le scuole, ma è un ragazzo sensibile, segnato da una profonda sofferenza. Sarà proprio Angus a dire durante il pranzo di Natale, che non si è mai sentito in famiglia come con quei suoi due compagni di solitudine.

E’ un film molto piacevole, ben interpretato , dove si alternano momenti divertenti a momenti di intensa commozione.

Se ne avete occasione, andate a vederlo.

Film: Il ragazzo che catturò il vento.

Ho rivisto questo film, che andrebbe proiettato nelle nostre scuole. E’ ambientato nel Malawi, in una zona devastata da piogge torrenziali seguite da periodi infiniti di siccità. William è un ragazzo proveniente da una famiglia di agricoltori. I suoi genitori nel loro progetto di vita hanno dato la priorità all’educazione dei figli e alla loro istruzione e per questo William può andare alla scuola superiore tenuta da alcuni insegnanti del luogo, ma ben presto ne viene allontanato perché la famiglia non può pagare la retta. Il ragazzo però non si scoraggia e riesce a studiare ugualmente frequentando con qualche sotterfugio la biblioteca della scuola. Lui è particolarmente interessato alla produzione di elettricità, per poter costruire una pompa che possa portare acqua ai campi in caso di siccità. Ha già fatto molta pratica aggiustando radio e altre apparecchiature elettriche dei conoscenti, recuperando parti di ricambio in una discarica. Dai suoi studi arriva a capire che il suo progetto è realizzabile solo se può utilizzare parti della bicicletta di suo padre, l’unico bene posseduto dal genitore, che perciò rifiuta ripetutamente e sempre più decisamente. Ma intanto la carestia si fa più grave: il cibo è razionato e la gente si contende con le unghie e con i denti gli scarsi aiuti inviati da un governo corrotto.

Quando la disperazione arriva al culmine, interviene la madre di William che convince il marito a sacrificare la sua bicicletta per tentare di salvare il villaggio intero. Il padre si convince e tutta la piccola comunità si mette all’opera eseguendo le direttive di William e alla fine l’acqua sgorga dal pozzo e può essere incanalata verso i campi.

Questo film, ribadisco, dovrebbe davvero essere proiettato nelle scuole perchè fa capire l’importanza dell’istruzione, illustra bene la situazione di miseria di certe popolazioni in balia degli eventi atmosferici e di governanti violenti e corrotti ed evidenzia il valore del bene comune da perseguire anche a costo di sacrifici e di sofferenze. Ne consiglio la visione.

Film: Bread and roses (K. Loach)

Ieri, 1° maggio, su La7 ho visto il film “Bread and roses” di Ken Loach. Credo che sia stato un modo giusto di celebrare la festa dei lavoratori, ricordando quelli che ancora oggi (il film è di 24 anni fa) vengono sfruttati senza pietà perché sono i più indifesi. La protagonista è una giovane donna messicana, Maya, che raggiunge la sorella Rose a Los Angeles dopo essere entrata clandestinamente e in modo molto pericoloso negli Stati Uniti, sfuggendo anche alle grinfie di uno dei tanti trafficanti di esseri umani.

Grazie alla sorella, ottiene un posto in un’ impresa di pulizie e lì conosce un sindacalista, che vuole organizzare delle manifestazioni per rivendicare migliori condizioni di lavoro e di vita (non solo “pane”, ma anche le “rose”, cioè paghe decenti e assistenza sanitaria).

Maya partecipa attivamente all’organizzazione delle manifestazioni, che vedono invece la maggior parte dei suoi compagni molto restia ad aderire alla lotta per paura di perdere anche quel misero posto di lavoro che pure consente loro di sopravvivere.

Anche Rose è contraria a queste rivendicazioni: ha un marito malato e non può permettersi di perdere il lavoro, anzi in cambio di una piccola promozione tradisce i suoi compagni e fa arrestare il sindacalista e chi lo ha assecondato, ivi compresa Maya: lo scontro fra le due sorelle è inevitabile ed è così che Maya viene a conoscenza delle violenze e delle sofferenze a cui si è sottoposta Rose, anche quando era ancora una ragazzina, per aiutare lei e il resto della famiglia

Le manifestazioni raggiungono il loro scopo e i lavoratori ottengono i miglioramenti richiesti, ma Maya, senza documenti e colpevole di alcuni furti (compiuti per aiutare un amico a pagare la tassa universitaria) viene espulsa, ma alla partenza viene salutata da tutti i compagni di lavoro e anche dalla sorella, che non ha mai smesso di volerle bene.

E’ un film che dipinge una realtà cruda senza concedere nulla ai sentimentalismi e allo spettacolo e in cui le persone vengono rappresentate in tutta la loro umanità e autenticità.

Film: C’è ancora domani

Qualche giorno fa su Netflix era disponibile il film della Cortellesi che tanto ha fatto parlare di sé in Italia e non solo.

Mi è piaciuta la ricostruzione dell’ambiente (siamo nel 1946) di quartiere, dove si mescolano solidarietà, invidia, gelosia e dove tutti sanno tutto di tutti. Tutti infatti sanno anche cosa accade in casa di Delia: il marito Ivano coglie ogni pretesto per umiliarla e per metterla in ridicolo anche alla presenza dei tre figli, i quali sanno bene quando devono chiudersi in camera perché il padre si sta preparando a picchiare la madre. Delia apparentemente subisce questa situazione come fosse un destino ineluttabile e non finisce mai di prodigarsi per la famiglia facendo mille lavoretti oltre ad accudire la casa, il marito e i figli. Per questo la figlia maggiore le rinfaccia la sua sottomissione e la giudica, ma Delia riuscirà ad impedirle di sposare un ragazzo troppo simile ad Ivano, che la costringerebbe a ripetere lo stesso calvario della madre.

Poi arriva il colpo di scena che nobilita Delia, le fa riguadagnare la stima della figlia e il rispetto del marito. Questo finale dà senso a tutto il film e al suo titolo: nella rivendicazione dei propri diritti è riposta la speranza di un mondo migliore.

La commozione alla fine del film è immancabile, ma una cosa mi ha colpito e un po’ disturbato: nelle scene in cui Delia veniva battuta selvaggiamente dal marito, i movimenti dei due protagonisti della scena si svolgevano a ritmo di danza sulle musiche di sottofondo. Forse questa scelta è stata dettata dall’intenzione di far capire come questo modo di trattare le mogli fosse cosa abituale e comunemente accettata nel modo di intendere i rapporti familiari nel primo dopoguerra, ma non so quanti abbiano colto davvero il senso macabro di questa scelta.

A parte questo particolare, credo davvero che il successo del film sia ampiamente meritato.

Film: Red Snake.

Questo film è stato trasmesso su IRIS più volte in questi giorni seppur in orari diversi e credo che questo abbia consentito a molti (e anche a me) di rivederlo e apprezzarlo.

E’ ambientato nel Kurdistan iracheno caduto sotto la tirannia fanatica dell’ISIS; qui combattono anche molte donne del posto insieme ad altre venute da diversi paesi per sostenere la guerra di liberazione che le curde stanno combattendo con estremo coraggio e valore. Tra queste si arruola anche Zara, una ragazza rapita dai soldati dell’ISIS e venduta come schiava a un occidentale “convertito” all’Islam, ma sarebbe meglio dire che quest’uomo depravato usa la religione per giustificare tutte le sue crudeltà (anche quella di stuprare una schiava), affermando che tutto accade per volontà di Dio.

Zara, che in battaglia assume il nome di Red Snake, ha un obiettivo: riportare a casa da sua madre il fratellino, anche lui preso prigioniero dagli uomini dell’ISIS e sottoposto a un indottrinamento martellante per farne un bambino-soldato.

E’ un film fatto da una regista donna, che vuole rendere omaggio alle donne yazide (curde non musulmane) che per molto tempo hanno combattuto al fianco dei loro uomini per sconfiggere il fanatismo degli appartenenti all’ISIS.  La cosa che più rimane impressa di questo film è la contraddizione altamente ipocrita tra le regole severissime di vita continuamente proclamate tramite altoparlanti per le vie dei centri abitati e il comportamento dei capi che dicono di seguire quelle regole: veramente tra il dire e il fare c’è un abisso, infatti  la strumentalizzazione della religione per assecondare le proprie libidini e la propria voglia di sopraffazione è cosa comunemente accettata e praticata.

Ora si sente parlare poco dell’ISIS che ha subito gravi sconfitte militari, ma si può dire altrettanto del fanatismo religioso? Temo di no.

Consiglio la visione di questo film, ben diretto e ben interpretato.

 

 

Letture: Il postino suona sempre due volte.

Nella “Sala Argento” della parrocchia di Arcellasco è possibile prendere a prestito dei libri donati da non so chi e , tra questi, ho trovato il romanzo noir di James M. Cain “Il postino suona sempre due volte”.

La trama è presto detta: Frank, un giovane giramondo, capita un giorno in un bar, in una zona piuttosto depressa (siamo al tempo della grande crisi economica del 1929). Il locale è di proprietà del greco Nick, che lo gestisce con l’aiuto della giovane e bella moglie Cora.

Nick ha bisogno di aiuto e chiede a Frank di fermarsi e di lavorare per lui. Frank accetta e tra lui e Cora nasce subito una torbida passione che li porta a progettare l’assassinio di Nick. Il primo tentativo fallisce, ma viene attribuito a un banale incidente domestico.

I due diabolici amanti tuttavia non rinunciano al loro progetto e riescono a uccidere Nick, simulando un incidente d’auto.  Nel processo che ne segue, Cora  viene accusata dell’ omicidio, ma  viene assolta. Il destino, come il postino che suona sempre due volte per farsi riconoscere e sentire, si riaffaccerà e sarà Frank a pagare perchè accusato ingiustamente di aver provocato la morte di Cora.

E’ una lettura coinvolgente; il linguaggio e la narrazione sono scarni e presentano un mondo senza ideali, senza valori, in cui due persone ai margini della società cercano disperatamente di cambiare le proprie vite, ma alla fine il destino presenta inesorabilmente  il conto.

Forse il libro ha tratto vantaggio dall’essere stato utilizzato per produrre un film di successo, interpretato Da Jack Nicholson e Jessica Lange: l’interpretazione di questi due grandi attori ha saputo ricreare con grande intensità l’atmosfera di disperato erotismo che pervade anche il libro.

 

Film: L’ombra del giorno.

Visto in Tv su Rai3 : è ambientato ad Ascoli Piceno nel 1938, quando furono pubblicate le leggi razziali.

Luciano è un uomo maturo, che ha combattuto nella Grande Guerra riportandone una ferita alla gamba che lo la lasciato zoppo. Ora gestisce il ristorante, lasciatogli dal padre, che si trova in una bella piazza dove vengono effettuati i saggi ginnici delle “giovani italiane”.  E’ un uomo che non vuole fastidi e ammonisce il personale alle sue dipendenze di non lasciarsi andare a commenti o frasi ironiche sul regime fascista: potrebbe essere messa a repentaglio la sua tranquillità garantita dalla sua amicizia col gerarca locale. Ma un giorno arriva Anna a chiedere lavoro: è evidentemente affamata e bisognosa di aiuto. Luciano la assume ed Anna si rivela un’ottima collaboratrice, ma un giorno scopre che Anna ha nascosto nello scantinato un uomo che cerca protezione: è il marito di Anna (che in realtà si chiama Ester ed è ebrea) che cerca di sfuggire alla deportazione. Luciano, che si è innamorato di Ester, accetta di aiutarlo, ma non deve farsi sentire da nessuno. La situazione è pericolosa e presto arrivano i guai …

IL film è interessante ricrea bene l’atmosfera in cui si viveva in quei giorni: la paura di esprimere i propri pensieri, la viltà di chi vuole farsi strada denunciando gli amici, la pubblica opinione pronta a scagliarsi contro chi fino a pochi momenti prima considerava persona stimata e rispettabile. Il regista, Giuseppe Piccioni ha saputo rendere bene il senso di oppressione, la prepotenza di chi è salito sul carro dei vincitori e pur di non perdere la sua posizione è disposto anche a rinnegare l’amicizia e ogni altro valore.

I due attori principali, Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli, hanno saputo dare verità e credibilità ai loro personaggi  e il film riesce a coinvolgere e a commuovere.

Film: Ferrari.

Sono andata con mio nipote Davide a vedere il film che racconta un momento cruciale della vita di Enzo Ferrari e della sua impresa.

E’ così che ho saputo di come questo geniale imprenditore avesse una doppia vita: era infatti sposato con  Laura (interpretata da Penelope Cruz) sua socia nell’azienda di famiglia, ma aveva da molti anni una relazione con Lina, dalla quale aveva avuto anche un figlio, non riconosciuto proprio per non rendere ufficiale questa relazione. I rapporti con la moglie erano molto tesi e certamente erano stati compromessi anche dalla morte del figlio Dino affetto da distrofia.

L’ossessione per le corse e per la velocità, faceva mettere in sottordine anche la vita stessa dei piloti e nel film viene ricordato Castellotti, morto durante una sessione di prove in cui si doveva battere il record stabilito da una macchina Maserati.

Gran parte del film viene poi dedicato all’ultima Mille Miglia: la strage di spettatori ai bordi della strada, causata dallo sbandamento di una “ferrari” fa capire a tutti l’assurdità di consentire gare di velocità su strade normali.

La vittoria in questa gara consentirà a Ferrari di poter trattare in condizioni migliori un accordo con possibili finanziatori.

Questo film mi ha dato l’occasione per ritrovare volti, nomi e avvenimenti che ricordavo, ma mio nipote si è molto annoiato: troppe sequenze di gara!!