La storia di S. Stefano

Del grande e veneratissimo martire s. Stefano, si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco, in quel tempo Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse; il nome Stefano in greco ha il significato di “coronato”.
Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli e visto la sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme.
Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni; qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e quelli di lingua ebraica, perché secondo i primi, nell’assistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate.
Allora i dodici Apostoli, riunirono i discepoli dicendo loro che non era giusto che essi disperdessero il loro tempo nel “servizio delle mense”, trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera, pertanto questo compito doveva essere affidato ad un gruppo di sette di loro, così gli Apostoli potevano dedicarsi di più alla preghiera e al ministero.
La proposta fu accettata e vennero eletti, Stefano uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia; a tutti, gli Apostoli imposero le mani; la Chiesa ha visto in questo atto l’istituzione del ministero diaconale.
Nell’espletamento di questo compito, Stefano pieno di grazie e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo ma attivo anche nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.
Nel 33 o 34 ca., gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”.
Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”.
E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’, in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore.
Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”.
Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”.
Fu il colmo, elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, s. Paolo), che assisteva all’esecuzione.
In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato.
Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”.(dal sito Sant ie beati)

Aspettando il Natale.

Il mattino della vigilia, sono stata svegliata  da Samuele in preda a forti dolori di pancia che si sono dileguati dopo aver dato di stomaco.  Visto che poi tutto è passato in fretta, abbiamo concluso che doveva essersi trattato della conseguenza di aver pasticciato un po’ troppo il giorno prima.

A mezzogiorno eravamo in sette a tavola e, mentre si mangiava, i piccoli avevano progettato di organizzare uno spettacolo canoro: tutti i presenti dovevavno partecipare con i loro “cavalli di battaglia”.  Tutti si sono impegnati al massimo  per dare il meglio di sè e gli applausi non sono mai mancati, tranne  quando è toccato a Grazia che voleva interpretare una !Christmas Carol” medioevale, ma c’era sempre qualche inconveniente che le impediva di proseguire la sua performance e quindi scoppiava a ridere: a quel punto i bambini si sono ribellati e Giovanni, l’ideatore dello spettacolo ha detto sconsolatamente che non era così che lo aveva pensato….in particolare la canzone della zia era proprio orribile a suo dire….. E’ seguito un momento di gioco dei mimi  e poi Giovanni e Gioele, assecondati da Samuele, si son messi a giocare alle macchinine.

A un certo punto attorno a Gioele, seduto per terra, è comparso un laghetto!!! Ops!!!  E Gioele un po’ mortificato ha detto: Mi sono dimenticato di dire che avevo la pipì!! – Naturalmente lo abbiamo rassicurato dicendogli che sono cose che capitano e abbiamo recuperato un cambio di pantaloni e mutandine.

La giornata si è conclusa con la visita di due amiche venute a farci gli auguri.

E’ un Buon Natale.

buon-natale-2019I giorni che hanno preceduto questo Natale sono stati molto intensi.

Ora tutto è a posto: non resta che goderci queste ore insieme ai nostri cari , uniti ancora una volta nel giorno di festa.  E’ un pensiero di gratitudine quello che mi riempie il cuore e che mi fa dire: questo è un buon Natale!

Spero che che tutti voi che avete la bontà di passare a leggere queste pagine possiate avere anche voi uno splendido Natale pieno di serenità.

Inventarsi un lavoro? OK.

Quando il lavoro scarseggia, bisogna inventarselo…. così abbiamo sentito dire tante volte.

C’è gente che ha fatto tesoro di questa esortazione e gira per le case offrendo contratti favorevolissimi per luce e gas, facendo firmare moduli su moduli.

A distanza di qualche tempo ti arriva una telefonata che ti dice che il contratto che hai firmato non può diventare effettivo per una certa clausola, a meno che tu non accetti dei costi molto maggiorati rispetto a quelli proposti.  A questo punto il malcapitato, si incavola e dice di voler tornare al vecchio gestore e stipula un nuovo contratto.

Morale della favola (per quel che posso capire): l’agente che conduce questo garbuglio riceve una provvigione prima da un gestore e poi dall’altro. In effetti non c’è danno per l’utente tranne una gran perdita di tempo e una gran scocciatura

UTE: Gesù Bambino, il povero più ricco, il ricco più povero – Concerto di Natale.

Don Ivano oggi, nella sua consueta riflessione sul Natale,  ha voluto evidenziare le contraddizioni cui siamo messi di fronte ogni anno a Natale, contemplando il mistero della nascita di Gesù.

Un essere umano non si misura da ciò che ha, ma da ciò che è; povero è colui che ha poco, ma se è contento del poco che ha è senz’altro felice e se è anche disposto a condividerlo allora è ricco. Al contrario un ricco, che possiede molte cose, ma non è disposto a donare , è certamente povero. Gesù è povero, ma non è misero: trova un ricovero, ha una madre e un padre, c’è chi lo accoglie e gli fa festa ed è pronto a condividere tutto questo con tutti noi.

La riflessione di don Ivano si è poi snodata su due filoni paralleli: il discorso di S. Ambrogio sul Natale (festa da lui stesso introdotta nella diocesi di Milano) e le rappresentazioni artistiche della Nascita di Gesù.

S. Ambrogio ricorda la povertà di Gesù, che fu deposto in una mangiatoia  e nacque a Betlemme (il cui nome significa “casa del pane”) per diventare “cibo” per noi. e a questo pensiero il nostro docente ha accostato un’opera di Rupnik  che si trova a Monza nella cappella delle Suore dell’Immacolata: la Madonna che quasi si fonde con la terra, mostra un Gesù Bambino che tiene in mano un fascio di spighe di grano, che diventeranno pane.

Gesù, dice Ambrogio, è luce che illumina il cammino dei Magi e dei pastori e Georges La Tour dipinge un presepe in cui la luce di una candela  riflettendosi sulle fasce di Gesù illumina i visi di tutti quelli che lo circondano pieni di stupore.  Natale è annuncio di gioia  e Gherardo Delle Notti ritrae un Gesù, fonte di luce vivida , che dà gioia a Maria, Giuseppe  e a coloro che sono presenti.

natività Arcabas“Gesù è davvero l’amore che Dio vuol dimostrare a noi” dice Ambrogio ed ecco un quadro davvero insolito di Arcabas: la Madonna sta dormendo sdraiata sulla paglia e stringe accanto a sè Gesù in atteggiamento di grande tenerezza e protezione; intanto S. Giuseppe illumina la stanza con una candela, mentre veglia e custodisce il loro sonno.

Per finire don Ivano ci ha letto una poesia di Margherita Guidacci e il racconto di Parise: il Natale più bello”.

Una bella riflessione , don Ivano! Grazie e buon Natale!

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Come ogni anno, anche oggi il nostro Coro “Soprano Edda Righetto” ci ha salutato con una serie di canti  eseguiti con la solita bravura. Brani tratti da opere liriche, Vivaldi, Haendel, una ballata medioevale, canti tradizionali di Natale e anche un brano tratto  dalla colonna sonora di “Giulietta e Romeo”, che il coro ha dedicato alle donne siriane e che unisco qui sotto

Con questo brano che parla dell’amore che vince ogni ostacolo, auguro a tutti i soci e amici dell’UTE : Buone feste!

I miei Natali.

Due anni fa scrivevo per “Per Lunga Vita! questo post che mi piace riportare anche su queste pagine.

 

diana catellaniIl mio Natale: una volta, qualche tempo fa, oggi…..
In Emilia, nel paese in cui sono nata, i bambini trovavano i regali ai piedi del letto il 13 Dicembre, perché era Santa Lucia che ci faceva trepidare di ansia e ci portava cose semplici, ma straordinarie: un libro o un giocattolo, qualche cioccolatino, un pupazzetto di zucchero, un mandarino!!
Per questo il Natale non era atteso per i doni sotto l’albero, ma per la festa che si sarebbe fatta in famiglia e il cui peso gravava quasi interamente sulle spalle già un po’ curve di mia madre.
L’antivigilia lei cominciava a preparare lo stracotto, che riempiva la casa di un inconfondibile buon profumo.
Nel primo pomeriggio della vigilia, poi, si metteva a impastare la sfoglia per i tortelli di zucca da mangiare la sera. Al suo richiamo, ci radunavamo tutti intorno al tavolo per provvedere a riempire e a richiudere le pastelle. Era un’operazione che impegnava tutta la famiglia: la nonna, le mie sorelle, mio padre e c’ero anche io, che ero la più piccola e che ogni tanto mi mangiavo qualche pizzico di ripieno. Era così buono: un po’ dolce e con quel sapore di amaretti che restava in bocca ….

La sera, dopo aver mangiato i tortelli, c’era sempre un pezzetto, (ma proprio un pezzetto) di anguilla marinata e il “cenone” era finito. Nel dopocena, si dovevano fare i tortellini per il giorno seguente e mia madre di nuovo al tagliere a impastare e a tirare col mattarello una sfoglia, che lei avvolgeva ogni tanto sul mattarello per poterla sollevare e guardare controluce per vedere se fosse sottile al punto giusto. La sua perizia faceva sì che “il pastèli” fossero quasi tutte della stessa grandezza. Noi, incaricate di riempirle, dovevamo misurare bene la quantità di ripieno, perché se qualche tortellino risultava troppo grande o troppo piccolo, mio padre protestava perché avrebbe disturbato la perfetta armonia che andava costruendo sul tavolo, allineando in perfetto ordine i tortellini che solo lui, dicevamo, sapeva richiudere alla perfezione.
L’operazione si protraeva per gran parte della sera e alla fine c’era chi andava a letto e chi andava alla Messa di mezzanotte, che a me piaceva in modo particolare per le luci e i canti che creavano un’atmosfera magica.
In quella occasione o la mattina seguente, tutti mettevano addosso qualcosa di nuovo: c’era chi sfoggiava il cappotto appena acquistato, chi i guanti, chi un copricapo di lana o anche solo un paio di calze.
Nella giornata di Natale non si facevano cose particolari all’infuori di gustare un pranzo più ricco del solito: ai tortellini in brodo, facevano seguito il lesso misto e il pollo arrosto con contorno di insalata e si finiva col panettone che mio fratello aveva avuto in regalo dai suoi datori di lavoro. Non mancavo mai di mettere la mia letterina piena di buoni propositi sotto il piatto del papà e poi mi toccava di recitare la poesia imparata a scuola….
Col passare degli anni il compito di fare i preparativi del Natale toccò a me, che vivevo con la mia famiglia qui in Brianza, lavoravo e dovevo trovare il modo di conciliare gli impegni scolastici, particolarmente onerosi a Natale, con i regali da acquistare, con il presepe e l’albero da preparare insieme ai miei bambini, con la stanchezza che mi prendeva immancabilmente in quel periodo…. Trascorrevamo la sera della vigilia insieme a zii e cuginetti, mangiando le “crispelle” o la “scacciata” e giocando a carte o al “mercante in fiera”, tutto come previsto dalle tradizioni siciliane della famiglia di mio marito.
Il giorno di Natale, a quei tempi, andavamo spesso dai nonni in Emilia, che facevano trovare qualche regaluccio per i bimbi. Se restavamo a casa, il pranzo di Natale era sempre particolarmente ricco, ma non avevo certo il tempo di fare i tortellini in casa… Era bello però nella notte andare a prendere i regali, là dove erano stati nascosti, e metterli sotto l’alberello o accanto al presepe ed era bellissimo vedere la meraviglia negli occhi dei miei bimbi al loro risveglio!!! Per alcuni anni, nelle giornate di Natale, venivano a farci gli auguri quattro fratellini di una famiglia molto povera; a loro i miei bambini davano un loro giocattolo, per rendere il loro Natale un po’ meno triste.
Ora il mio Natale dipende da come sarà il tempo, se permetterà o meno ai miei figli di venire qui, dipende dagli impegni che hanno i miei nipoti più grandi, dipende da lentezze burocratiche nella consegna di documenti e allora non so come sarà il mio prossimo Natale. Per ogni eventualità ho già messo in freezer i tortellini e le lasagne fatti a mano, ma con l’aiuto di una macchinetta per tirare la sfoglia e ho già pianificato e in parte acquistato i regali per figli, nuora, genero e per i cinque nipoti.
Mi auguro che possano venire tutti: la casa sarà di nuovo piena di movimento, di caos, di risate, come tanti anni fa…. per qualche giorno…

UTE: Il personaggio letterario del vampiro – le frodi alimentari.

Il prof Galli riprende il tema del personaggio letterario del vampiro, facendo una brevissima sintesi delle lezioni precedenti.

Il personaggio del vampiro , prima protagonista di leggende e superstizioni, diventa nel XIX secolo un personaggio letterario, soprattutto dopo la pubblicazione  del romanzo “DRACULA” dello scrittore inglese Bram Stoker.  Dracula  viene rappresentato come lo straniero, il diverso che vuole colonizzare il mondo inglese e che viene quindi visto come il nemico da neutralizzare. Il romanzo ebbe subito un grande successo e il vampiro diventò il protagonista di altri romanzi e di numerosi film; tra questi ricordiamo NOSFERATU, IL VAMPIRO  (film del 1921 ) e il più riuscito di tutti : “DRACULA” di Francis Ford Coppola, che è la puntuale trasposizione cinematografica del romanzo di Stoker. Sono state realizzate anche fortunate serie televisive .  Il rinnovato successo di questo tema anche ai nostri giorni è spiegabile forse con il clima  di inquietudine in cui stiamo vivendo: il futuro è incerto e poco rassicurante.

Tornando al romanzo, il prof. Galli ci racconta come Stoker si sia documentato sui miti, sulle leggende e sul personaggio storico di Vlad III di Valacchia, conosciuto come Conte Dracula. Nel romanzo si sovrappongono alcuni temi che lo rendono particolarmente apprezzabile: il sacro in contrapposizione al demoniaco; la scienza contro il male; la sessualità deviata contro il perbenismo ipocrita dominante nell’Inghilterra vittoriana; il labile confine tra sanità mentale e follia.

Il romanzo di Stoker risulta interessante anche perchè è scritto in forma di diario e riporta lettere e ritagli di giornali: il tutto rende il racconto verosimile.

La lezione di oggi è stata resa più interessante dalla lettura di alcuni passi del romanzo e dalla visione divertentissima di alcune sequenze di un film di di Aldo, Giovanni e Giacomo, in cui Aldo, non spaventa i due compari perchè è vestito da vampiro, ma perchè è sospettato di essere “terrone”.  L’intento dei tre comici è senz’altro quello di ridicolizzare un certo modo di sentire molto diffuso qui al nord nei decenni scorsi. La sequenza è molto divertente e la pubblico qui di seguito


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Dopo averci relazionato su quanto realizzato con il Concerto d’ Autunno, il dr. Filippi ci ha parlato oggi di un argomento molto attuale e interessante: Le frodi alimentari.
Una statistica agghiacciante dice che ogni anno 23 milioni di persone si ammalano in conseguenza di frodi alimentari e molte migliaia sono i decessi.
Le frodi non sono una “invenzione” moderna, infatti anche nella Bibbia il profeta Amos ne parla. In Italia se ne comincia a parlare negli anni 50 del novecento e da allora ci sono state diverse pubblicazioni.
Ci sono due categorie di frodi: le frodi sanitarie, che possono mettere in pericolo la nostra salute e le frodi commerciali, che alterano la composizione, la qualità o il prezzo a fini di lucro.
Possiamo distinguere: sofisticazioni, le adulterazioni, le alterazioni e le contraffazioni.
La sofisticazione è aggiungere elementi estranei che viziano la composizione naturale dell’alimentazione, per aumentarne i tempi di conservazione, o per migliorarne l’aspetto anche a scapito della qualità degli alimenti. Più dannose sono le adulterazioni Ci sono poi le alterazioni naturali quando un prodotto inacidisce o fermenta naturalmente; le alterazioni sono invece volontarie come nel caso dello yogurt, dell’aceto, della pastorizzazione, o dell’aggiunta di vitamina C, usata come antiossidante. Da ultimo possiamo trovare la contraffazione che mira a far passare per prodotti di pregio alimenti che sono invece di scarsa qualità. La contraffazione di molti prodotti italiani nel mondo danneggia fortemente la nostra economia; si calcola che se si potesse fermare la contraffazione di prodotti italiani, si potrebbero creare 300mila posti di lavoro!!!
I cibi più imitati sono i formaggi, i vini i sughi di pomodoro, insaccati, nutella, ecc.
E’ importante controllare sempre le etichette di ciò che acquistiamo, potremo capire se stiamo acquistando prodotti di qualità, ricordando però che la qualità si paga. Anche il codice a barre può raccontare parecchie cose (se il codice comincia con le cifre 80il prodotto è italiano) e infine dobbiamo riimparare a usare i nostri sensi che possono metterci in guardia da alimenti scadenti.

UTE: Comunicare: un’arte umana da conoscere per stare bene insieme con gli altri. (docente L.Todaro)

La comunicazione è il principale strumento che ci consente di avere buone relazioni con gli altri; riuscire ad avere buone relazioni ci rende felici.

La comunicazione però deve essere efficace e a tal fine dobbiamo riuscire a farci ascoltare, a farci capire e a farci ricordare (nel senso di riportare al cuore”, di lasciare nell’altro un’impressione positiva).

Ci sono tante tecniche per comunicare, ma in realtà la comunicazione è un’arte: essa deve diversificarsi in base al tipo di interlocutore e alla situazione del momento.  Analizzando il processo comunicativo vediamo che c’è sempre un:  CHI (trasmittente/ricevente); COSA si trasmette (contenuti verbali, messaggi in codice, intenzione relazionale); COME si comunica (linguaggio non verbale); DOVE (contesto, luogo, circostanza).

Contrariamente a quanto potrebbe apparire, la parte prevalente nella comunicazione è attribuibile ai messaggi non verbali: il tono e la modulazione della voce, il ritmo dell’eloquio, la gestualità, la postura del corpo, i movimenti oculari, la mimica facciale.  Deve però esserci coerenza tra il contenuto del messaggio (le parole) e la modalità di comunicazione perchè la comunicazione stessa sia efficace.  Se daremo ai nostri bambini dei messaggi incoerenti, se cioè appare evidente che non siamo convinti di ciò che diciamo, creeremo in loro confusione e insicurezza.

Alcuni studi hanno dimostrato che i figli di donne depresse rischiano sovente di cadere essi stessi in depressione, non perchè la malattia sia “contagiosa” o trasmissibile, ma perchè una madre depressa non è coerente nella comunicazione e il bambino non capisce bene cosa si voglia da lui e si deprime.

Per una comunicazione efficace non sono tanto importanti le parole che usiamo, ma la chiarezza e la trasparenza del nostro intento comunicativo.

Noi impariamo a comunicare fin dai primi momenti di vita dai nostri genitori e in seguito anche dagli insegnanti  e dalle persone con cui veniamo in contatto.

Chiunque operi nella comunicazione, deve tener presente che la parte più difficile è l’ASCOLTO.  I bambini di oggi che non sono più abituati all’ascolto e alla comunicazione con gli adulti e con i coetanei (per colpa di televisione, computer e smartphone) fanno molta fatica ad ascoltare: la loro capacità di attenzione non supera i 7 secondi (!!!); per gli adulti invece si può arrivare ai 20 minuti.  E’ necessario perciò trovare strategie comunicative tali da stimolare l’attenzione di chi ci ascolta.

Una buona comunicazione deve avere queste caratteristiche: il messaggio verbale deve essere chiaro, comprensibile e interessante; deve essere comunicato in modo convincente e coerente e deve essere ASSERTIVO. Solo così la comunicazione crea empatia tra le persone ed è fonte di soddisfazione per tutte le parti coinvolte.

Teniamo comunque sempre presente che chi si sente veramente ascoltato, si sente anche amato. Comunicazione_efficace_IperMappa