Ecco una di quelle notizie che non si vorrebbero mai trovare sui giornali: una parte del personale di sorveglianza del carcere minorile milanese è sotto inchiesta insieme con due ex dirigenti, che non avrebbero impedito torture e maltrattamenti dei ragazzi detenuti.
Sappiamo che la carcerazione non è il metodo ideale per conseguire l’obiettivo della “rieducazione” dei detenuti per il loro reinserimento nella società e questo vale soprattutto se i detenuti sono ragazzini. Ora, se non si trova un modo più idoneo per recuperare dei ragazzi disadattati e si deve necessariamente ricorrere alla carcerazione è davvero disumano che all’interno di un istituto di pena si pratichi la violenza da parte di chi dovrebbe rappresentare la legalità e la società civile.
Posso immaginare il terrore di quei ragazzi che si trovavano costretti ad entrare nel locale dove venivano picchiati lontano da telecamere e da occhi indiscreti: si sentivano in balia di un potere che avrebbe dovuto riabilitarli e invece li umiliava e li seviziava; la reazione più logica a questo stato di cose è l’odio per la società tutta.
Allo scadere dei termini di detenzione tornano per le strade ragazzi più arrabbiati e più violenti di quando sono stati arrestati.
Se saranno individuate con certezza le responsabilità, il giudizio dovrà essere severo ed esemplare.
