Ho ricevuto da un’amica questo documento, che testimonia le condizioni di lavoro nelle fabbriche nel 1878. ….e notate che si tratta di impiegati, figurarsi le condizioni degli operai….
Credo che non servano commenti.
Donna è Bello
“La commedia “NON TI CONOSCO PIÙ” è ambientata all’inizio degli anni ’30. I costumi sociali davano i primi accenni di cambiamenti che esploderanno nei decenni successivi.
In una famiglia borghese succede un fatto che stravolge la vita di tutti i giorni. Si altera il ritmo normale all’interno del focolare e si dà il via a dei momenti che sfiorano il dramma, tra ironia, equivoci e colpi di scena . Si riuscirà a ricomporre l’armonia? La commedia anticipa le problematiche dei nostri tempi. Sarà sufficiente la comprensione, sarà sufficiente l’amore?”
Il successo dei nostri INox, la compagnia teatrale UTE, continua e il giorno 16 settembre alle ore 16.30 si esibirà ad Arcellasco.
Invito tutti gli amici di Erba e dintorni, che non hanno ancora potuto assistere a questo spettacolo, a non lasciarsi sfuggire questa occasione di divertimento intelligente e piacevole.
Ho letto in questo sito una bella storia che voglio riportare su questa pagina ….
In queste settimane mi è capitato di vivere una esperienza tragica ma allo stesso tempo ricca di tanti significati. Si tratta di due anziani – Donato e Rachele – che a pochissimi giorni di distanza l’uno dall’altra sono morti. Prima Lui, novantaduenne, morto per una malattia, poi Lei, ottantottenne, che dopo la morte di Lui, non avendo retto al dolore del distacco, si è lasciata lentamente morire. Come si diceva una volta: è morta di crepacuore. Dopo 71 anni di amore di cui 12 di fidanzamento e 59 di matrimonio, non se la sono sentiti di lasciarsi, di stare l’uno senza l’altro. Tutto il tempo insieme non è bastato a saziare il loro desiderio di stare ancora l’uno accanto all’altra. La morte che li doveva separare, al contrario li ha uniti ancora. Non c’è limite all’amore quando ha radici profonde e durature.
Che bell’esempio di fedeltà ci viene da questi due anziani, i quali, malati d’amore si sono amati fino alla morte, anzi oltre la morte. I nostri legami liquidi impallidiscono dinanzi alla robustezza di questa storia. Meglio i legami solidi che come scogli resistono alle maree della vita e alle intemperie delle infinite vicissitudini, le quali anziché indebolire il loro rapporto, lo hanno con il tempo fortificato e fatto maturare.
Quando li vedi tutti partire, dopo un mese di allegra confusione, di litigi, di giochi, di salti, senti che, ad ogni bacio d’addio, un pezzetto di cuore si stacca dal tuo cuore per seguire figli e nipoti sulle strade che vanno a percorrere lontano da te…… e non ci si abitua mai…..
A volte, se si ha particolarmete fretta, succede che ti venga voglia di mettere nel carrello della spesa una vaschetta d’uva per non perdere tempo a pesare i due grappoli che ti servono.
Sei convinta che l’uva sia la stessa che viene venduta a cassette o a grappoli, ma quando arrivi a casa vedi con dispiacere che non è così: gli acini turgidi e di bell’aspetto che vedi in superficie nascondono uva già sul punto di marcire, che dopo poche ore diventa immangiabile.
La stessa cosa può capitare coi peperoni venduti in confezione da tre: tu li metti fiduciosa in frigorifero e il giorno dopo ne trovi uno già pronto per la pattumiera.
A me sembrano tecniche truffaldine…… o siamo noi acquirenti a dover strabuzzare gli occhi per soppesare minuziosamente la merce che acquistiamo? Ma è possibile sempre verificare la bontà e la freschezza della merce?
Stiamo lavorando alla raccolta di materiale vario per ricordare il centenario della fine della Grande Guerra e mi è capitato di avere tra le mani il notissimo racconto di Mario Rigoni Stern “UN SERGENTE NELLA NEVE”.
Tra quelle pagine dense di sofferenza, di gesti eroici e di piccole vigliaccherie di una umanità spinta a vivere in condizioni estreme tra la neve delle steppe, il gelo, la fame, la paura, tra quelle pagine, dicevo, ce n’è una che vale la pena di riportare qui….
“L’incontro nell’isba”
“Compresi gli uomini del tenente Danda saremo in tutto una ventina. Che facciamo qui da soli? Non abbiamo quasi più munizioni. Abbiamo perso il collegamento con il capitano. Non abbiamo ordini. Se avessimo almeno munizioni! Ma sento anche che ho fame, e il sole sta per tramontare. Attraverso lo steccato e una pallottola mi sibila vicino. I russi ci tengono d’occhio. Corro e busso alla porta di un’isba. Entro. Vi sono dei soldati russi, là. Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito.
Essi stanno mangiando attorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio da una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz’aria. – Mnié khocetsia iestj1, – dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C’è solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto. E d’ogni mia boccata. – Spaziba2, – dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. – Pasausta3, – mi risponde con semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel vano dell’ingresso vi sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, è venuta con me come per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi dà il favo e io esco.
Così è successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale di quella naturalezza che una volta dev’esserci stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa tutti i miei gesti furono naturali, non sentivo nessun timore, né alcun desiderio di difendermi o di offendere. Era una cosa molto semplice. Anche i russi erano con me, lo sentivo. In quell’isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini un’armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di molto più del rispetto che gli animali della foresta hanno l’uno per l’altro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini. Chissà dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra li abbia risparmiati tutti. Finché saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti eravamo, come ci siamo comportati. I bambini specialmente. Se questo è successo una volta potrà tornare a succedere. Potrà succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere.”
Questa pagina è di un’intensità tale da essere ricordata tra le più belle che io abbia mai letto…
Se volete passare due ore divertenti con i vostri figli, senza pretendere di capire bene ogni passaggio tra una sequenza e l’altra, “Ant-Man and Wasp” (l’Uomo-Formica e la Vespa) è il film che fa al caso vostro.
La trama è presto detta: la moglie scienziata del professor Pym è scomparsa da trent’anni nel mondo quantistico per disinnescare un missile che avrebbe distrutto gran parte della Terra. Ora il marito (che ha inventato un laboratorio speciale e che può cambiare le dimensioni delle cose) e la figlia di lei credono di poterla rintracciare tramite Ant-Man, un divertente e affettuoso eroe pasticcione, che può cambiare le proprie dimensioni: così si assiste a una serie di rocambolesche avventure dove il super-eroe e i suoi amici diventano via via piccoli come formiche o giganti enormi. In un dilagare di effetti speciali i nostri eroi riusciranno nella loro impresa, sconfiggendo vari nemici.
Non avevo mai visto Paul Rudd, il protagonista, e mi è sembrato bravo e simpatico. Michael Douglas, nella parte di Pym, e Michelle Pfeiffer, nella parte di sua moglie Janet, interpretano due ruoli secondari, ma fa sempre piacere rivederli e constatare che il tempo è democraticamente inesorabile con tuti e lascia i suoi segni anche sui bellissimi di Hollywood.
Io mi sono divertita molto, forse più dei miei nipoti, che a fatica forse colgono l’ironia di certe battute e di certe situazioni; in più devo dire che la sala di Cinelandia è stata per me una piacevolissima sorpresa: poltrone comodissime con larghi braccioli, il poggiapiedi e un’acustica impressionante: prima dell’inizio del film a un certo punto pare di essere davvero in mezzo a una foresta…..quasi incredibile!!!
E’ morto Kofi Annan, che è stato Segretario ONU dal 1996 al 206 e voglio ricordarlo con queste parole tratte da un suo scritto pubblicato su Avvenire:
“Dobbiamo sottolineare ciò che ci unisce molto di più di ciò che ci divide. E dobbiamo cominciare ribadendo – e dimostrando – che il problema non è il Corano, né la Torah o la Bibbia. La fede, lo ripeto spesso, non è mai il problema, lo è semmai il modo con cui i fedeli si comportano nelle relazioni degli uni verso gli altri. È per questa ragione che dobbiamo sottolineare ed enfatizzare i valori fondamentali comuni a tutte le religioni: compassione, solidarietà, rispetto per la persona umana. Soprattutto la regola d’oro del nostro agire deve essere di «fare agli altri quel che vorresti fosse fatto a te».
In un tempo di incertezza, di divisioni, di scontri e di paure abbiamo invece bisogno di uscire da stereotipi, generalizzazioni e preconcetti. Occorre fare attenzione a non lasciare che i crimini commessi da singole persone o da piccoli gruppi ci facciano cadere nella trappola delle generalizzazioni, in modo che questi atti condizionino il nostro modo di guardare a intere popolazioni, intere regioni e religioni.”