31 Dicembre.

Un altro anno se ne va.
L’ ho visto trascorrere
giorno per giorno,  come tutti gli altri anni,
mentre quelle rughe
ai lati della bocca diventavano
un po’ più profonde.
Ogni età  porta con sè abbastanza fardelli
da non farmi rimpiangere
i giorni passati.
Voglio solo proseguire il cammino
che mi resta
continuando a gioire
per le cose belle
e accogliendo con serenità
quelle che non posso cambiare.

Poesia di Capodanno (di G. Rodari)

L’anno nuovo

Indovinami, indovino,buon-anno-2018
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.

 

Come sempre Gianni Rodari, sotto un’apparenza giocosa, sa dire cose molto serie e qui non si smentisce: a fine anno gli astrologhi si scatenano in previsioni cervellotiche e fantasiose, ma alla fine sono poche le cose certe, quelle che  fanno sì che  ogni anno sia simile al precedente….. poi tutto o quasi dipende da ciò che  faremo noi, da quello che ogni persona farà, da quello che ogni potente della terra farà..

Facciamo in modo di costruire un  anno di pace, di perdono, di comprensione, di generosità e se questo sarà l’impegno di tutti allora veramente il 2018 sarà un BUON ANNO!!!

Raccontando il Natale….

Il mio Natale: una volta , qualche tempo fa….oggi….
In Emilia, nel paese in cui sono nata, i bambini trovavano i regali ai piedi del letto il 13 Dicembre, perché era Santa Lucia che ci faceva trepidare di ansia e ci portava cose semplici, ma straordinarie: un libro o un giocattolo, qualche cioccolatino, un pupazzetto di zucchero, un mandarino!!
Per questo il Natale non era atteso per i doni sotto l’albero, ma per la festa che si sarebbe fatta in famiglia e il cui peso gravava quasi interamente sulle spalle già un po’ curve di mia madre.
L’antivigilia lei cominciava a preparare lo stracotto, che riempiva la casa di un inconfondibile buon profumo.
Nel primo pomeriggio della vigilia, poi, si metteva a impastare la sfoglia per i tortelli di zucca da mangiare la sera. Al suo richiamo, ci radunavamo tutti intorno al tavolo per provvedere a riempire e a richiudere le pastelle. Era un’operazione che impegnava tutta la famiglia: la nonna, le mie sorelle, mio padre e c’ero anche io, che ero la più piccola e che ogni tanto mi mangiavo qualche pizzico di ripieno. Era così buono: un po’ dolce e con quel sapore di amaretti che restava in bocca ….

La sera, dopo aver mangiato i tortelli, c’era sempre un pezzetto, (ma proprio un pezzetto) di anguilla marinata e il “cenone” era finito. Nel dopocena, si dovevano fare i tortellini per il giorno seguente e mia madre di nuovo al tagliere a impastare e a tirare col mattarello una sfoglia, che lei avvolgeva ogni tanto sul mattarello per poterla sollevare e guardare controluce per vedere se fosse sottile al punto giusto. La sua perizia faceva sì che “il pastèli” fossero quasi tutte della stessa grandezza. Noi, incaricate di riempirle, dovevamo misurare bene la quantità di ripieno, perché se qualche tortellino risultava troppo grande o troppo piccolo, mio padre protestava perché avrebbe disturbato la perfetta armonia che andava costruendo sul tavolo, allineando in perfetto ordine i tortellini che solo lui, dicevamo, sapeva richiudere alla perfezione.
L’operazione si protraeva per gran parte della sera e alla fine c’era chi andava a letto e chi andava alla Messa di mezzanotte, che a me piaceva in modo particolare per le luci e i canti che creavano un’atmosfera magica.
In quella occasione o la mattina seguente, tutti mettevano addosso qualcosa di nuovo: c’era chi sfoggiava il cappotto appena acquistato, chi i guanti, chi un copricapo di lana o anche solo un paio di calze.
Nella giornata di Natale non si facevano cose particolari all’infuori di gustare un pranzo più ricco del solito: ai tortellini in brodo, facevano seguito il lesso misto e il pollo arrosto con contorno di insalata e si finiva col panettone che mio fratello aveva avuto in regalo dai suoi datori di lavoro. Non mancavo mai di mettere la mia letterina piena di buoni propositi sotto il piatto del papà e poi mi toccava di recitare la poesia imparata a scuola….
Col passare degli anni il compito di fare i preparativi del Natale toccò a me, che vivevo con la mia famiglia qui in Brianza, lavoravo e dovevo trovare il modo di conciliare gli impegni scolastici, particolarmente onerosi a Natale, con i regali da acquistare, con il presepe e l’albero da preparare insieme ai miei bambini, con la stanchezza che mi prendeva immancabilmente in quel periodo…. Trascorrevamo la sera della vigilia insieme a zii e cuginetti, mangiando le “crispelle” o la “scacciata” e giocando a carte o al “mercante in fiera”, tutto come previsto dalle tradizioni siciliane della famiglia di mio marito.
Il giorno di Natale, a quei tempi, andavamo spesso dai nonni in Emilia, che facevano trovare qualche regaluccio per i bimbi. Se restavamo a casa, il pranzo di Natale era sempre particolarmente ricco, ma non avevo certo il tempo di fare i tortellini in casa… Era bello però nella notte andare a prendere i regali, là dove erano stati nascosti, e metterli sotto l’alberello o accanto al presepe ed era bellissimo vedere la meraviglia negli occhi dei miei bimbi al loro risveglio!!! Per alcuni anni, nelle giornate di Natale, venivano a farci gli auguri quattro fratellini di una famiglia molto povera; a loro i miei bambini davano un loro giocattolo, per rendere il loro Natale un po’ meno triste.
Ora il mio Natale dipende da come sarà il tempo, se permetterà o meno ai miei figli di venire qui, dipende dagli impegni che hanno i miei nipoti più grandi, dipende da lentezze burocratiche nella consegna di documenti e allora non so come sarà il mio prossimo Natale. Per ogni eventualità ho già messo in freezer i tortellini e le lasagne fatti a mano, ma con l’aiuto di una macchinetta per tirare la sfoglia e ho già pianificato e in parte acquistato i regali per figli, nuora, genero e per i cinque nipoti.
Mi auguro che possano venire tutti: la casa sarà di nuovo piena di movimento, di caos, di risate, come tanti anni fa…. per qualche giorno…

Otto anni senza Laura…

Otto anni fa ci lasciava, dopo una lunga sofferenza, una giovane donna che ha lasciato un dolcissimo ricordo di sè in chi ha avuto la fortuna di conoscerla.

Fino all’ ultimo momento ha avuto un sorriso per tutti, non si è mai lamentata anche nei momenti più bui ed è stata per tutti un esempio di fede e di vita spesa in generosità.
Ora c’ è una scuola in Africa,  che porta il suo nome come ringraziamento per il sostegno ottenuto.
Ciao, Laura! Grazie di tutto! Grazie per averci confortato con la tua presenza e ricordati ancora di tutti noi che non riusciamo a scordarti…

Cosa chiedono i bambini… (Madre Teresa)

Chiedo un luogo sicuro dove posso giocare
chiedo un sorriso di chi sa amare
chiedo un papà che mi abbracci forte
chiedo un bacio e una carezza di mamma.

Io chiedo il diritto di essere bambino
di essere speranza di un mondo migliore
chiedo di poter crescere come persona
Sarà che posso contare su di te?

Chiedo una scuola dove posso imparare
chiedo il diritto di avere la mia famiglia
chiedo di poter vivere felice,
chiedo la gioia che nasce dalla pace

Chiedo il diritto di avere un pane,
chiedo una mano
che m’indichi il cammino.

Non sapremo mai quanto bene
può fare un semplice sorriso.

Triste bilancio.

La fine dell’anno è sempre un momento adatto a fare bilanci, che non sempre ci rincuorano, ma a leggere quello dell’Unicef c’è da star male: si ha la misura della violenza che a tutt’oggi viene perpetrata contro i bambini in tutto il mondo e in special modo nei paesi devastati dalle guerre.

Anche qui da noi però non sempre i diritti dei bambini vengono tutelati, infatti sono  i più piccoli i primi a soffrire dei fallimenti familiari, delle crisi economiche che lasciano senza lavoro i genitori, del plagio mentale cui vengono sottoposti in ambienti malavitosi per indurli a imbracciare un’arma o a diventare piccoli pusher.

Quante sofferenze inutili! Quante infanzie negate! In fondo  un bambino non ha bisogno di molto per essere felice, lo sapeva anche Madre Teresa:

madre-teresa-e-i-bambiniChiedo un luogo sicuro dove posso giocare
chiedo un sorriso di chi sa amare
chiedo un papà che mi abbracci forte
chiedo un bacio e una carezza di mamma.

Io chiedo il diritto di essere bambino
di essere speranza di un mondo migliore
chiedo di poter crescere come persona
Sarà che posso contare su di te?

Chiedo una scuola dove posso imparare
chiedo il diritto di avere la mia famiglia
chiedo di poter vivere felice,
chiedo la gioia che nasce dalla pace

Chiedo il diritto di avere un pane,
chiedo una mano
che m’indichi il cammino.

Non sapremo mai quanto bene
può fare un semplice sorriso.

Lucy Kellaway, insegnante per vocazione.

Su Corriere.it c’è una serie di articoli dedicati alle donne del 2017 e tra queste c’è anche questa sconosciuta (almeno per me) insegnante. Era un’affermata giornalista del Financial Times e ha lasciato il giornalismo per dedicarsi all’insegnamento nelle scuole pubbliche inglesi, per sentirsi più utile.

In un paese in cui da molto tempo le scuole pubbliche vengono disertate da gran parte dei cittadini, che preferiscono rivolgersi alle pur costosissime scuole private, la signora Lucy Kellaway potrà certamente trovare il modo di soddisfare la sua aspirazione.

Nel Regno Unito  le scuole private fanno affari d’oro (la retta può arrivare anche 2.500 sterline al mese, per le scuole elementari ) e il servizio offerto non è sempre impeccabile: viene riservata molta attenzione soprattutto alle attività che “fanno immagine” per continuare ad essere appetibili, ma spesso vi si adottano sistemi educativi improntati a una competizione esasperata, che non so quanto possa essere condivisa dai pedagogisti.

Se la signora Kellaway riuscirà, insieme a chi ha seguito il suo esempio, a riformare le scuole pubbliche inglesi, potrà avere la gratitudine di molte famiglie e di molti ragazzi.

Sala Argento.

wp_20171227_08_52_23_proChi è andato a Messa ad Arcellasco nella notte di Natale, o il mattino seguente, ha ricevuto in dono un biglietto come quello nella foto. E’ un semplice cartoncino colorato a mano dalle donne, che da un paio d’anni si ritrovano tutti i lunedì pomeriggio nella Sala Argento per dedicare due ore del loro tempo ad attività di vario genere.

Di volta in volta si realizzano semplici lavoretti da offrire ai parrocchiani nelle ricorrenze più importanti e particolare cura viene riservata a quelli da portare  agli ammalati o agli ospiti della casa di riposo.

Del gruppo fanno parte donne non più giovanissime (ma lo spazio è aperto a tutti), ma con il desiderio di fare, di sentirsi utili stando in compagnia in modo semplice e sereno. C’è anche uno spazio dedicato a chi vuole divertirsi col burraco, il gioco a carte che sta appassionando alcune nostre amiche.

E’ stata una bella idea quella della Sala Argento: la stanno frequentando persone che si erano chiuse in una malinconica solitudine e che ora invece trovano piacere a ritrovarsi insieme, gustando un tè con una torta o dei pasticcini preparati prima di uscire di casa. Se c’è tanto da fare e il tempo stringe, alcune si portano a casa il lavoro e riempiono così le proprie serate, sempre troppo lunghe per chi le deve passare in solitudine.