UTE: Circe e Calipso – Medicina e medicine.

La bella voce della prof.ssa Meggetto ci ha riportato  al tempo in cui sedevamo sui  banchi di scuola e leggevamo le avventure di Ulisse, ma lo ha fatto dando un taglio particolare alla sua lezione: la seduzione del sesso.

maga-circe-manganoIl titolo può forse far pensare a una lezione un po’ osé, ma non è stato certo così. La nostra docente ci ha riletto gli incontri di Ulisse con Circe e Calipso, facendo rilevare i punti in comune tra i due episodi e tra questi uno in particolare: le due donne cantano e con le loro parole riescono  a sedurre e  a convincere l’eroe greco a sottostare al loro volere.

Perchè l’antico autore del poema ha puntato l’attenzione sul canto?

Per comprendere bisogna ricordare la condizione della donna sposata nell’antica Grecia: era reclusa nel gineceo insieme alle ancelle e non partecipava mai agli eventi pubblici nè dentro casa, nè fuori. Nessuno doveva sentire la sua voce nè tantomeno il suo canto.

Solo alle etere (le odierne escort) era concesso partecipare ai banchetti o prendere la parola in pubblico. Parlare assumeva il significato di contendere il potere agli uomini e questo privilegio veniva pagato con la solitudine e con la perdita di qualunque protezione legale. Infatti in caso di adulterio la donna sposata non veniva mai condannata (veniva condannato l’amante), ma le etere o, peggio ancora, le prostitue più povere non potevano contare su alcuna protezione da parte della legge.


Il dottor Lissoni oggi ci ha invitato a riflettere su: medicina scientifica e medicine alternative.

ippocrateLa medicina ha una lunga storia : anticamente più che di medicina si poteva parlare di pratiche magiche, di superstizioni. In Grecia si ebbe una prima impostazione razionale della scienza in genere e quindi anche della medicina (Ippocrate); a Roma i medici usavano l’oppio per sedare il dolore e l’aceto per curare le ferite, poi nel Medioevo anche le scienze conobbero un periodo di regressione e si riteneva che le malattie fossero legate al peccato e come tali non dovessero essere curate.

Solo con  Galileo viene codificato il metodo scientifico che si basa sulla riproducibilità degli esperimenti e da allora la medicina ha fatto progressi notevolissimi, specie in questo ultimo secolo.

Le medicine alternative invece non si basano su metodi scientifici. Se la medicina cinese arriva però a consigliare pratiche del tutto condivisibili, altre medicine, che conoscono anche momenti di grande favore di pubblico, non hanno nulla di scientificamente accertabile; in particolare l’omeopatia : come può essere efficace un principio curativo diluito in acqua decine e decine di volte? Davvero si deve credere alla memoria dell’acqua?

Anche oggi un pomeriggio piacevolissimo in compagnia di due docenti tra i più amati e stimati della nostra UTE.

Poesia: Nevicata – Giovanni Pascoli


neve-che-cadeNevica; l’aria brulica di bianco;
la terra è bianca; neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco:
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi: un balbettio di pianto;
passa una madre: passa una preghiera.

Pascoli non si smentisce: sempre, dietro i versi apparentemente facili e  da leggere quasi cantando, c’è un’emozione profonda ..

Gli ultimi due versi, che seguono quelli iniziali quasi solamente descrittivi, con  un’immagine toccante, evocano la paura e il disagio di un bimbo che soffre nella bufera di neve e accanto a lui c’è la madre che mormora una preghiera per chiedere di riuscire a consolare quel pianto che le fa male al cuore.

Credo che tutte le madri preghino, anche quelle che non credono, anche quelle che si credono atee….perchè ogni madre non può non trepidare per le sofferenze dei suoi figli, per le loro preoccupazioni, per le loro scelte…..E così il suo pensiero diventa augurio, diventa speranza, diventa preghiera.

Il poeta identifica preghiera e madre: accanto all’una c’è sempre l’altra….

Le sfide del nostro tempo.

barnabitiAscoltare don Walter Magnoni è sempre un’esperienza piacevole e costruttiva e anche l’incontro di questa mattina a Eupilio, organizzato dal Granis di Erba, lo ha confermato.

Il nuovo Arcivescovo, Mario Delpini, ha indetto il SINODO DELLE GENTI, per interrogare il popolo di Dio al fine di dare risposte nuove e più adeguate  ai problemi di un mondo e di una società in sempre più rapida evoluzione.

Nel documento di preparazione a questo Sinodo minore, ma cruciale vengono proposti tre motivi principali di riflessione:

  • denatalità
  • terza età
  • ambiente.

La Chiesa, popolo di Dio in cammino, deve innanzitutto interrogarsi sul contesto ambientale in cui stiamo vivendo oggi e prendere atto che parlare di Dio oggi è fuori moda, che l’invecchiamento della popolazione comporta problemi di sostenibilità per il sistema pensionistico e sanitario, che il problema del lavoro diventerà sempre più urgente, che i rapporti affettivi sono sempre più liquidi, precari …

Serve coraggio per guardare con obiettività al proprio tempo e alla propria storia, visto che i cambiamenti in atto innescano invece paura…L’immigrazione ad esempio scatena, soprattutto nelle fasce più deboli, la paura di perdere qualche piccolo beneficio conquistato a fatica, ma non possiamo dimenticare il monito evangelico: “Ero straniero ….”, nè possiamo dimenticare  anche che nell’Antico testamento si raccomanda ad ogni passo di soccorrere orfani, vedove e stranieri…

La paura è un’emozione che va ascoltata e rasserenata e la Chiesa di Milano ha fissato, fin dagli anni ’60 con Montini, la sua attenzione sul problema dell’immigrazione (che allora era immigrazione interna, ma che aveva ugualmente creato malumori e resistenze); poi il card. Martini aveva creato la comunità di Monluè dove gli stranieri sostavano per due mesi in attesa di una sistemazione (allora bastavano due mesi!!!); sulla stessa linea di sensibile attenzione al problema immigrazione si erano mossi anche i card. Martini, Tettamanzi e Scola.

Ora il fenomeno migratorio che scuote la nostra società e le nostre certezze, ci lancia tre sfide:

  • una sfida culturale: approfondire i problemi attraverso lo studio  e la lettura di opere che offrano spunti di riflessione;
  • una sfida della memoria: leggere la storia nei suoi processi evolutivi per saperla interpretare: il ritorno nostalgico al fascismo è sintomo di perdita di memoria;
  • una sfida della spiritualità: recuperare il valore delle cose importanti, fondamentali, significative.

Il tema così attuale da fare da spartiacque nella vita politica odierna, ha stimolato una serie di quesiti da parte dei presenti,  a cui don Magnoni ha dato risposte sempre molto condivisibili e obiettive, che io sintetizzo così:

  • Bisogna creare reti di comunicazione interpersonale: usare sì le tecnologie moderne, per poi arrivare alla comunicazione interpersonale; è necessario anche vigilare sulla comunicazione, contrastando fake news e rabbia irrazionale.
  • Per influire sulle scelte economiche, bisogna rendersi conto del potere che abbiamo tra le mani noi consumatori, facendo delle scelte eticamente corrette ed ecologicamente sostenibili; per le delocalizzazioni si dovrà arrivare a una normativa europea che unifichi i sistemi fiscali dei 27 paesi dell’UE, contestualmente ai sistemi previdenziali.
  • Se oggi la minoranza, che si professa cattolica, milita in partiti diversi, deve però farsi portatrice degli stessi valori irrinunciabili nelle diverse aree politiche.
  • Se la società oggi impone a tutti ritmi frenetici, noi dovremmo imporci di agire secondo il motto “Age quod agis” (fai quel che fai) intendendo che è importante fare bene ogni cosa in cui si è impegnati, senza farci trascinare dall’ansia delle tante cose da fare, rischiando così di essere schiacciati dallo stress e di fare male tutto.
  • Lo sport e il gioco sono certamente spazi privilegiati di incontro e di integrazione.
  • Bisogna anche arrivare a imporre un sistema fiscale più equo, che consenta di alleviare il carico fiscale per chi ora sta pagando di più.
  • Bisogna coinvolgere i giovani stranieri (ma direi anche quelli di casa nostra) cristiani nelle iniziative politiche.

La mattinata si è conclusa con la celebrazione della messa e con lo scambio dei numeri di telefono con una persona che mi ha fatto molto piacere incontrare dopo tanti anni. Ho ringraziato su TWitter don Magnoni per il bell’incontro.

Uno sguardo inconfondibile….

Sono  a un convegno e  ci è stato dato un quarto d’ora di intevallo per prendere qualcosa di caldo al distributore automatico.

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Vista sul lago da Eupilio.

Passeggio un po’ per i corridoi e vedo una giovane donna che ammira il paesaggio esterno: lago, montagne, colline….

Mi metto accanto a lei, che dopo qualche attimo dice:- Bello, vero?- E io: Se ha notato, gli ordini religiosi hanno le loro sedi nei posti più belli…-

Lei si gira a guardarmi…… d’improvviso riconosco in quegli occhi chiari e profondi lo sguardo di una carissima collega scomparsa da tanti anni …. dopo un attimo di sconcerto, esclamo:- Ma sei tu, Magda? – Anche lei allora riesce a ritrovarmi nei suoi ricordi di bambina e ci mettiamo a parlare della sua mamma e delle nostre  vicende personali. E io ritrovo in lei il sorriso dolce che mi ha accompagnato in tanti anni di lavoro, che ricordo sempre come i più belli e intensi della mia carriera scolastica.

Alla ripresa dei lavori del convegno,  ci sediamo  l’una accanto all’altra e alla fine ci  scambiamo i numeri di telefono.  Forse è Marisa,  sua mamma e mia indimenticata collega, a farci incrociare questa mattina: siamo venute al convegno in solitudine e ce ne  andiamo via con un’amica in più.

UTE: Isabella d’Este – Don Zeno.

In una storia fatta da uomini, spuntano qua e là delle figure femminili, che per emergere devono essere state veramente eccezionali. Di queste donne ci parla quest’anno la prof. Alberta Chiesa.

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Isabella in un disegno attribuito a Leonardo

Una personalità di grande spicco fu  Isabella d’Este Gonzaga, marchesana di Mantova, che, per le sue doti di intelligenza, abilità diplomatica e  cultura seppe sostituire nel governo dello stato il marito, Francesco II Gonzaga durante le sue frequenti assenze. Mantova era un piccolo stato circondato da vicini molto potenti, ma Isabella seppe suscitare tanta stima e ammirazione, in tutti i potenti che contattava, da diventare punto di riferimento in importanti trattative politiche.

Non era bella, ma era molto elegante e dettò la moda del suo tempo. Fu amante dell’arte, fino a diventare una collezionista compulsiva ed ebbe alla sua corte artisti come il Mantegna, il Perugino, il Costa e il Correggio; la sua collezione di opere d’arte fu in seguito depredata dai Francesi e portata alla corte di Luigi XiV.  Grande appassionata di musica, inserì per la prima volta nel coro di corte alcune voci femminili e a Mantova fu creata la prima opera lirica.

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don_zeno_vocazione_politicaNella seconda ora, la prof. Mariella Russo, ha continuato a parlarci di don Zeno Saltini e di Nomadelfia, la comunità da lui creata nell’ex-campo di concentramento di Fossoli per accogliere i ragazzi orfani o sbandati che, alla fine della seconda guerra mondiale, riempivano le strade dell’Emilia.  Il numero dei suoi protetti cresceva a ritmi assurdi e don Zeno era sempre più indebitato, pertanto chiedeva aiuto allo stato, che però rispondeva in modo del tutto insufficiente, anche perchè don Zeno era sospettato di simpatie per il comunismo, cosa certo non vera, ma erano anche tante le critiche che il prete rivolgeva alla DC al potere. E se in un primo tempo ebbe come sostenitori i ricchi di Milano, il card. Schuster e anche il Papa, in seguito tutti gli voltarono le spalle. Don Zeno fu costretto a chiedere la riduzione allo stato laicale e gli fu imposto di abbandonare la sua comunità; molti dei suoi ragazzi furono riportati negli orfanotrofi e nei riformatòri.  Una buona parte di essi però potè trovare rifugio nella tenuta “La Rosellana”, donata dalla contessa Pirelli. I ragazzi vivevano sotto le tende, ma a questo punto don Zeno tornò nella sua comunità, organizzata in modo che tutto fosse di tutti e che tutti avessero il necessario.

Don Zeno morì nel 1981 e per sua espressa volontà i suoi ragazzi ballarono attorno alla sua tomba. Da alcuni anni è in corso un processo di canonizzazione.

Tesori dietro l’angolo.

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Battistero di Oggiono – interno

In ogni borgo, in ogni  centro abitato italiano si possono trovare tesori d’arte di grande valore e si corre il rischio di andare per il mondo in cerca di ciò che viene più pubblicizzato e di continuare ad ignorare ciò che è vicino a noi.

Forse perchè le mete proposte quest’anno dal pellegrinaggio quaresimale erano proprio dietro l’angolo, molti hanno forse pensato che non valesse la pena di partecipare, ma ora che è appena finito, devo dire loro che hanno avuto torto!!!

Infatti la visita al battistero di Oggiono, ci ha consentito di conoscere un monumento tra i più antichi della nostra zona e di partecipare ad una breve, ma significativa cerimonia che ci ha aiutato a rinnovare il ricordo del battesimo.

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Polittico della Passione in S. Giorgo di Annone.

Ad Annone, abbiamo potuto ammirare il polittico della Passione, un’opera di grandissimo valore  restaurata a Milano e solo recentemente riportata nella chiesetta di S. Giorgio, per la quale era stata concepita.

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S. Maria della Noce e logge antistanti- Inverigo.

Infine siamo stati al santuario di S. Maria della Noce di Inverigo, costruito per ricordare un episodio che la tradizione popolare ha considerato prodigioso: tra i rami di un noce, la Madonna sarebbe apparsa a due fanciulli che, andati a cercare legna, si erano smarriti nei boschi e avrebbe loro indicato la strada del ritorno dando loro anche un pane per sfamarsi. E lì, sul sagrato della chiesa anche noi abbiamo mangiato pane e noci….

Resta in tutti coloro che hanno partecipato il ricordo di una giornata trascorsa in serenità, gustando la bellezza che i nostri antenati hanno saputo creare e lasciarci in eredità.

Per la pace.

Oggi, primo venerdì di Quaresima per gli ambrosiani, siamo invitati tutti a pregare per la pace.

Sentendo quello che sta accadendo in Siria non si può non sentirsi angosciati e impotenti e quando ci si sente così, ognuno di noi è indotto ad augurare a quelli che stanno soffrendo che il loro strazio possa finire finalmente.

africaLe guerre africane compaiono meno sulle pagine dei nostri giornali, ma sono quelle che spingono sui nostri confini masse di disperati in cerca di sfuggire agli orrori che ogni guerra porta con sè. Per loro, però, ci commuoviamo di meno, perchè non si parla di ciò che sta accadendo nei loro paesi. Forse è per questo che Papa Francesco ci invita oggi a pregare per la pace e in particolare per la pace in Africa.

Chi crede, può trasformare il suo pensiero di compassione verso chi soffre  in una preghiera…..

La nonna Marcellina.

Ho avuto da poco questa rara fotografia di mia nonna Marcellina, ritratta nel praticello vicino a casa, con in braccio la prima propnipote, Daniela. Questo mi ha indotto a rivedere e aggiornare questo post, che amo in modo particolare.

nonna-marcellina-e-daniela-001Era del 1888 ed era nata in una famiglia di contadini,  proprietari della terra che coltivavano. Era piccola e si è sempre vestita di nero, da quando alla fine della Grande Guerra, a 31 anni,  era rimasta vedova con quattro figli e uno in arrivo. Il suo Onesto (questo era il nome del marito) era scampato alla vita tremenda delle trincee, ai cecchini austriaci e alla follia dei signori della guerra e. dopo la firma dell’armistizio, era potuto rientrare a casa per Natale: una breve desideratissima vacanza in famiglia! Poi era ripartito fischiettando (ricordo di mia madre) promettendo ai suoi piccoli che sarebbe tornato presto.

Dopo qualche giorno invece arrivò un telegramma: Onesto Magnani era morto di spagnola a Cento di Ferrara, dove stava aspettando il congedo. La nonna Marcellina, che forse prima di allora non aveva mai lasciato il paese, andò a prendere suo marito per riportarlo a casa.

Poi era rientrata nella sua famiglia di origine e la sua vita era stata tutta votata a crescere quei cinque figli.  I due figli maggiori, mia madre, di 10 anni, e suo fratello  Virginio,  si misero a lavorare nel podere del nonno. Questi però alla sua morte, lasciò tutta la terra al figlio maschio, come spesso si faceva allora per non spezzettare la proprietà.

Questo zio Giuseppe, detto Iusfon, era molto più giovane della nonna Marcellina e forse era stato viziato dai genitori ormai anziani, fatto sta che non aveva molta voglia di lavorare la terra e la vendette per acquistare un’ osteria: la scelta più sbagliata per uno come lui, che amava banchettare con gli amici e rischiare grosso al gioco d’ azzardo. In poco tempo non rimase nulla degli antichi beni di famiglia e lo zio Iusfon lasciò il paese con la sua numerosissima prole. Questa vicenda rattristò molto la nonna Marcellina, che spesso ne parlava con dolore. 

Io me la ricordo quando lei, già  anziana, con in testa l’ immancabile fazzolettone nero legato attorno al capo, entrava in casa nostra lamentandosi del mal di testa di cui soffriva spesso e annunciando che ormai per lei era giunta la fine. Poi si sedeva su una seggiolina bassa e cominciava a fare la calza o a  intrecciare i trucioli per farne trecce lunghissime  che servivano a fare  cappelli  o  borse per l’ industria, allora fiorente, del truciolo di Carpi. In questo lavoro era velocissima e ricordo quei fili colorati che volteggiavano tanto vorticosamente  sotto le sue dita da non riuscire a seguirne il movimento. Ricordo anche di averla vista filare  con la conocchia e il fuso, proprio  come si vede solo nelle illustrazioni delle favole.

Poi una lunga malattia, di cui i suoi annosi mal di testa erano stati forse un campanello d’ allarme, le ha tolto la lucidità e l’ autosufficienza e i momenti che mi sono rimasti più impressi degli ultimi tempi vissuti con lei sono quelli del mattino, quando anch’ io a volte l’ aiutavo a pettinarsi e a vestirsi. Poi lei, vedendosi riflessa  nel grande specchio che sovrastava il comò, ma non riconoscendosi,  s’inchinava leggermente  e non mancava mai di dire: – Vedi quella signora? Mi sorride sempre! E’ proprio gentile!- Io mi sentivo allora riempire il cuore di pena e di tenerezza.

Era già ammalata quando morì uno dei suoi figli. Allora,  spesso andava sul terrazzo di casa, si fermava alla ringhiera con le mani giunte e, guardando in direzione del cimitero, mormorava  qualche parola non ben comprensibile, ma certo era una preghiera:  il suo cervello che ormai la rendeva estranea a tanti avvenimenti, aveva però registrato quel lutto che aveva straziato il suo cuore di madre.

Aggiornamento del 14 giugno 2020: Grazia ha commentato su facebook.

Grazia Rapisarda Io mi ricordo che stava nella stanza col balcone e sono entrata una volta. Ma ci tenevano fuori. Comunque ogni volta che torno a Rolo vado a vedere la casa della nonna e piango. I signori che ci abitavano l’ultima volta mi hanno addirittura chiesto se volevo entrare a vedere la casa. Ma sarebbe stata troppo diversa. Mi affascinava il mobile rosso nel sottoscala, dietro le tende, pieno di vecchie cartoline. Da quel sottoscala si sentivano i rumori di tutta la casa e nello stesso tempo c’era silenzio. Mi piaceva nascondermi li. Mi piaceva anche l’orto con la rucola e l’uva e le biciclette. E la stanza col tavolo rosa dove giocavamo a carte. La credenza con le tazzine da caffe’ della Zia Ilva Catellani. E il tavolo Della cucina dove la nonna metteva le merendine da Darci prima della partenza. Quanti ricordi in quella casa. Piango sempre a pensarci.