Film: Don’t look up.

Quale notizia può essere più tragica della quasi certa e prossima estinzione del genere umano?

A rigor di logica un evento del genere dovrebbe catalizzare  l’attenzione dell’umanità intera e tutte le energie disponibili sul nostro pianeta, ma nel mondo dominato dalle leggi della comunicazione e della informazione assoggettata ad interessi politici ed economici non è così. Capita addirittura che in uno show televisivo  riceva più audience la notizia della rottura sentimentale tra due giovani protagonisti del mondo dello spettacolo.

Gli scienziati vengono prima snobbati, poi derisi e il frutto dei loro studi messo in discussione da chi non ha la benchè minima conoscenza della situazione. I politici poi, più preoccupati dalle prossime elezioni che delle sorti dell’umanità, focalizzano sul problema l’attenzione dell’opinione pubblica solo per distrarla da uno scandalo degradante che potrebbe coinvolgerli. Anche così, però,  non si trova la necessaria unità di intenti per fronteggiare in modo positivo la situazione, anzi una possibile soluzione viene fatta fallire per sottostare agli interessi economici di chi vede nella cometa una possibile fonte di materie prime preziosissime e non si pone il problema di fondo prospettato dallo scienziato (Di Caprio):- A cosa serviranno queste materie prime quando non esisterà più la terra?-

La fine della storia è prevedibile: tutta la Terra sarà sconvolta e l’umanità intera sparirà, ad eccezione di un manipolo di superpotenti che si salverà a bordo di un’astronave e dopo un viaggio di 22000 anni approderà su un pianeta sconosciuto.

A mio avviso questo film rappresenta con estrema lucidità la situazione della nostra società frastornata da una comunicazione sempre più invadente e spesso fuorviante. Spesso le situazioni paradossali suscitano ilarità nello spettatore, ma a ben pensarci si ride laddove si dovrebbe piangere. La scienza non ottiene il credito dovutole nemmeno nelle più alte istituzioni e a volte si lascia un po’ abbagliare dal miraggio della fama.

Succede anche in questi momenti: il parere degli scienziati viene spesso offuscato e messo in sottordine da impostori in cerca di visibilità. Questo è a mio parere un film bellissimo, interpretato magistralmente da un cast favoloso e ha il merito di mettere a nudo i guai di questa nostra società, che spesso pare votata all’autodistruzione.

Film: E’ stata la mano di Dio”

Ho avuto modo  di vedere il film “E’ stata la mano di Dio” e ne ho apprezzato le bellissime inquadrature e le atmosfere. Il titolo riporta la frase rivolta al protagonista, Fabietto (alter ego di Sorrentino, il regista) dopo l’incidente occorso ai genitori nella casa di montagna: l’ossido di carbonio emesso da una stufa li ha uccisi e Fabio si è salvato solo perchè non era coi genitori. Infatti era stato trattenuto a Napoli dalla sua passione per il calcio e per Maradona.

QUI è possibile trovare una entusiastica recensione del film di Sorrentino, che è stato scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar, ma io penso che non avrà molte chance di vincere: io  non mi sono sentita molto coinvolta.

W le tartine!!!

All’avvicinarsi delle vacanze di Natale, ogni maestra cerca di far vivere più consapevolmente le tradizioni locali e familiari. Anche in classe di Giovanni l’insegnante si sta impegnando in questo compito di educazione sociale e civile , tra  altre  riflessioni e considerazioni intorno alle tradizioni culinarie e gastronomiche, a un certo punto chiede:

-Chi di voi bambini ha la mamma che fa torte per il Natale?

Parecchi bambini alzano la mano e spiegano quali dolci squisitissimi siano capaci di fare le loro mamme. Giovanni (7 anni) non ha alzato la mano e teme che la sua maestra possa pensare male della sua mamma, allorasi alza dal banco, le va vicino e le sussurra: -La mia mamma non prepara la torta, ma sa fare delle tartine spettacolari!!!-

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La sorella più grande.

Ilva mi raccontava  di quando nostra madre mi affidava alle sue cure; lei, maggiore di me di qualche anno, era pur sempre una bambina con tanta voglia di giocare e la responsabilità di dover badare a me le pesava, ma soprattutto, diceva, si sentiva a disagio quando un’amichetta portava anche lei la sua sorellina: questa era bionda, paffuta, rosea, proprio come una bambola di porcellana. Io invece ero magrolina, pallida e avevo i capelli e gli occhi troppo scuri… non sembravo proprio una bambolina.

Naturalmente non ricordo nulla di quei giorni: ero troppo piccola. Il primo ricordo che ho di Ilva risale a qualche anno dopo.

Era una fredda domenica di inizio dicembre e stavamo tornando a casa dopo aver assistito alla messa . Ilva era con  un paio di amiche e portava una busta di carta. Io con l’altra mia sorella e qualche altra bambina del vicinato le seguivamo. Ricordo il rumore secco dei nostri passi sulla strada gelata e poi la voce ironica e maliziosa di una di noi che diceva qualcosa del genere:- Chissà che cosa ci sarà dentro quella busta, vero Ilva?- Mia sorella si voltò arrabbiata e zittì l’amica pettegola. Lì per lì forse non capii, ma poi, ripensandoci, in seguito compresi: nella busta c’erano i regali che avrei trovato sul mio letto la mattina di Santa Lucia e mia sorella non voleva che mi fosse svelato anzitempo il segreto che rendeva ancora magica per me quella notte che attendevo con tanta ansia.

Sono più nitidi i ricordi che risalgono alla conclusione delle scuole elementari e delle medie. In entrambi i casi, le mie sorelle, e Ilva in testa (con l’appoggio dei miei fratelli), perorarono a spada tratta la mia prosecuzione degli studi: alla loro generosità devo il privilegio di aver conseguito un diploma. Questo mi ha sempre fatto sentire un senso di profonda gratitudine per le mie sorelle e per i miei fratelli.

Poesia: A mia sorella (Alda Merini)

Il nostro viale era il mattino,
silenzioso, mattino di aprile,
immote come fanciulle
scendevamo nell’aia
dei nostri sogni infiniti,
qualcosa ci consolava
la ridente e giocosa giovinezza,
eravamo come le capre
ci bastava un po’ d’erba
e un po’ di rorida acqua.
Adesso la tempesta ci avvelena,
e il nostro cuore é fatto sospettoso
dai mille pericoli di vita,
forse tremiamo per gli altri
ma in fondo siamo rimaste intatte
credenti in un Dio che non muore,
ma forse ci troveremo
oltre queste barriere
come angeli oscuri
che hanno patito la morte
ma che possono credere ancora
che oltre le mura del cielo
sorga una terra santa, edificante leggera,
la terra di tutti i fratelli.

(da:”la Poesia Luogo del Nulla”)

Ciao, Ilva! Buon viaggio…”.ma forse ci troveremo
oltre queste barriere
come angeli oscuri
che hanno patito la morte
ma che possono credere ancora
che oltre le mura del cielo
sorga una terra santa, edificante leggera,
la terra di tutti i fratelli.

Natale in trincea.

 

E’ un episodio molto noto, accaduto su un fronte di guerra nel Natale del 1914 tra soldati inglesi e tedeschi; quanto è avvenuto quel giorno ci fa sentire tutta l’assurdità della guerra che trasforma in soldati costretti ad uccidere persone desiderose di fraternità.

Il caporale Leon Harris del 13esimo battaglione del London Regiment in una lettera scritta ai genitori che stavano a Exeter (riprodotta sul sito www.christmastruce.co.uk ) racconta:

«È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale (1914) e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle».

Una bella lezione di storia

Oggi nella trasmissione “Tante Storie” su Rai3 è intervenuto il prof. Barbero per parlare delle cause della “Guerra di Secessione” americana. Ha puntualizzato in modo molto chiaro e preciso che il problema dell’abolizione della schiavitù non sia stata la sola causa del conflitto e come l’abolizionismo dei nordisti avesse ben poco di etico.

I contrasti tra nord e sud erano cominciati relativamente alle tasse doganali: il nord industriale voleva imporre delle imposte sulle merci di importazione per difendere i propri prodotti, il sud agricolo si opponeva a queste misure perché aveva bisogno di rendere  facili e snelli gli scambi commerciali con l’Inghilterra e l’Europa; il sud poi teneva bassi i prezzi dei propri prodotti utilizzando gli schiavi, invece al nord quelli che lavoravano nelle fabbriche non potevano accettare che gli schiavi li sostituissero, precipitandoli nella miseria.

L’imposizione  dell’abolizione della schiavitù fu quindi mal accettata dal sud e al nord i neri liberati venivano comunque visti come scomodi concorrenti e la situazione si trascina anche ai giorni nostri; le leggi infatti sono cambiate, ma il modo di pensare della gente stenta a cambiare.

Solstizio.

Oggi è giorno di solstizio d’inverno: il giorno con meno ore di luce e con la notte più lunga.

Prima dell’introduzione del calendario gregoriano il solstizio cadeva il 13 dicembre, giorno in cui si festeggiava Santa Lucia per questo è rimasto il detto popolare: Santa Lucia il giorno più corto che ci sia.

Il solstizio è sempre stato salutato con grande gioia  fin dall’antichità, perchè segnava il “ritorno del sole”.

Nell’antichità

I popoli germanici e scandinavi festeggiavano Jul, dal nordico hiól, jól “ruota” con allusione al sole. Per gli antichi romani era il Sol Invictus e Angeronalia. Ovvero il Dies Natalis Solis Invicti (Giorno di nascita del Sole Invitto) istituito dall’imperatore Aureliano. Per i cristiani invece divenne, traslato di qualche giorno, il Natale. Queste le ricorrenze storiche legate al solstizio d’inverno.

Queste righe sono tratte da un articolo del Messaggero, che può interessare i più curiosi.

La responsabilità di fare la spesa.

Nella provincia di Foggia è coltivato il 40% di tutto il pomodoro italiano. Siamo secondi solo agli Stati Uniti. Il ruolo della Grande distribuzione organizzata è centrale in questo sfruttamento, perché schiaccia anche le aziende, comprando il prodotto prima del raccolto e imponendo il prezzo. I produttori quindi possono tagliare solo sul “capitale variabile”, cioè la forza lavoro. Che in questo caso rasenta il lavoro schiavile.

Queste righe si possono leggere alla fine di questo articolo di Avvenire, nel quale si parla della morte dei due fratellini nell’incendio verificatosi in un campo ROM della provincia di Foggia.

E’ terribile pensare che anche noi che andiamo sempre alla ricerca del prodotto a minor costo possiamo essere in parte moralmente responsabili della morte di due piccoli innocenti e di tante altre sofferenze.

Certo quando scegliamo una passata di pomodoro non pensiamo a chi l’ha prodotta, a quelli che ci hanno lavorato, o se sono stati rispettati i diritti umani e le leggi del nostro Paese: in quel momento siamo presi dalla preoccupazione di contenere l’importo che ci verrà addebitato alla cassa. Per questo bisognerebbe pensare a contraddistinguere i vari prodotti con un’ etichetta che garantisca il rispetto delle regole in tutta la filiera produttiva. E chi dovrebbe attivarsi in questo senso? Penso che dovrebbero farsene carico proprio le grandi marche di supermercati, visto che sono proprio loro a innescare il circolo vizioso che porta a schiavizzare i più deboli tra i deboli.

Che serata!

E’ stata una serata magnifica!

Il Guarneri di Matteo Fedeli e l’orchestra di archi che lo hanno accompagnato hanno creato un’atmosfera magica nel Teatro Excelsior ieri sera.

Prima le note piene di energia e di vita di Vivaldi e Corelli poi via via autori sempre più moderni fino ad arrivare alle musiche avvolgenti di Ennio Morricone  e alle carole natalizie più tradizionali.

Le finalità benefiche della serata sono state ben illustrate dalla brava presentatrice, che ha saputo comunicare quanto di speciale faccia da tanto tempo “la Nostra Famiglia”, una realtà territoriale di cui andare veramente orgogliosi per la sua opera di assistenza e riabilitazione, ad altissimo livello, per bambini affetti da varie disabilità e patologie. Anche per la nostra UTE la presentatrice è riuscita a trovare parole molto belle ispirandosi, devo dirlo senza falsa modestia, alla parte introduttiva del libro “LA NOSTRA STORIA” (scritto in collaborazione tra La Presidente UTE, Maria Guarisco, e la sottoscritta). Lette e interpretate da quel palco quelle pagine mi hanno ripagato della lunga fatica che mi sono costate.

Le lunghe standing ovation che hanno salutato soprattutto gli ultimi brani, hanno indotto maestro ed orchestra a suonare alcuni pezzi fuori programma e hanno concluso la loro splendida performance con le note suggestive ed emozionanti dell'”Alleluja ” di Leonard Cohen: devo confessare che quella melodia mi è entrata nell’anima e l’ha accarezzata con la sua suadente, dolcissima, nostalgica malinconia.

Le note e la “voce” del Guarneri mi hanno accompagnato per tutta la serata.

 

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