La Buona Samaritana

Credo che tutti conosciamo la parabola evangelica de “Il Buon Samaritano”, quella in cui uno sventurato aggredito e picchiato dai briganti viene curato e assistito non dai passanti che appartengono alla élite israelita, ma da uno straniero di passaggio, appartenente a un gruppo etnico disprezzato e ritenuto eretico.

E’ accaduto anche pochi giorni fa. Un mio familiare se ne stava andando in bicicletta verso Milano per andare al lavoro. Terminata la pista ciclabile, una macchina lo ha urtato e lo ha sbalzato sul bordo della strada. Il casco lo ha protetto, ma ugualmente il malcapitato si è ritrovato a terra in stato confusionale. Ricorda a malapena una voce femminile, certamente italiana, che gli chiedeva come stava e ha poi visto la sua bici ben appoggiata al muro con accanto lo zaino. Ma lui non riusciva a capire cosa gli stesse capitando. Poco dopo è passata di lì una signora nordafricana che accompagnava il figlio a scuola; lei lo ha guardato ed è passata oltre, ma dopo pochi minuti eccola di ritorno per sincerarsi di cosa fosse accaduto a quel giovane che restava ancora lì seduto a terra.

Gli parla e capisce che è molto stordito, che non risponde a tono alle sue domande e chiama l’ambulanza. Mentre il ragazzo viene portato via si prende cura della sua bici e telefona (ha preso il numero dal cellulare) alla moglie per dirle dove potrà recuperarla.

Si fa così presto ad etichettare la gente dal modo di vestire, dal colore dell’incarnato, dall’accento, ma spesso c’è più umanità in quelli di cui la gente diffida che in quelli che sono ritenuti “gente perbene”.

La “buona samaritana” merita certamente un grosso grazie e un gesto di gratitudine.

 

Taxi drivers

Roma ha talmente tanti tesori artistici, archeologici e religiosi che chi intende visitarne  almeno una infinitesima parte deve rassegnarsi a mettersi le gambe in spalla e …camminare. Questo per una persona giovane e baldanzosa non è certo un problema, ma per chi risente di una lunga consuetudine con artrosi e reumatismi vari, il taxi costituisce il “deus ex-machina” che risolve situazioni critiche.

I taxisti di Roma sono in genere persone gioviali che amano discorrere coi clienti e un’amica del gruppo, mentre ci stavamo avvicinando all’albergo, continuava a fare domande del tipo: – Dove siamo? Che monumento è quello? …- Il taxista rispondeva con gentilezza. Poi siamo passati accanto a una piazza dove svettava un possente obelisco e la stessa amica sfoderò un’altra raffica di domande, al che il taxista: – Signo’, non sono una guida turistica, comunque devo dirle che quell’obelisco ieri non c’era!!!!- Inutile dire che siamo scoppiati tutti a ridere ….

Dopo la vista a S. Giovanni in Laterano e alla Basilica di S. Croce in Gerusalemme, piedi e gambe doloranti ci hanno convinti a chiamare il radiotaxi. Pochi minuti di attesa ed eccoci a sfrecciare per le vie di Roma, ammirando angoli di impareggiabile bellezza. Il taxista ci faceva orgogliosamente notare i monumenti , i palazzi, le fontane: tutto era bellissimo in quello splendido pomeriggio di sole. Ma io non potei trattenermi dal dire che in certi punti la città era ancora veramente molto sporca….. e il taxista prontamente mi ha zittito:- Guardi in alto, signora, non in basso!…

UTE: Leopardi secondo l’analisi di Severino – Napoleone Bonaparte (1^ parte)

LeopardiLa prof. ssa Tatafiore oggi ha voluto sopperire a una lacuna piuttosto frequente nei programmi scolastici, cioè ha voluto mettere in risalto l’aspetto filosofico dell’opera di Leopardi, conosciuto quasi esclusivamente come grandissimo poeta.

Il tema viene affrontato seguendo l’analisi di Emanuele Severino, grande filosofo contemporaneo. Punti di contatto con il Leopardi si possono trovare in Parmenide, in Eraclito, e nelle tesi del Nichilismo.

Per Leopardi la verità è tutto ciò che è destinato al nulla, ci può consolare la bellezza della natura. La vita è dolore  e l’uomo che ricerca un’ impossibile felicità è destinato a soffrire.

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Il prof. Cossi, visibilmente scosso dalla notizia, appena appresa, della morte di Cesare, legge un breve ricordo del nostro amico scomparso da poco.

Inizia poi la sua lezione ricordando che il noto storico Barbero afferma che per leggere tutti i libri scritti su Napoleone Bonaparte non basta una vita.

napoleone-e1565103124130-1200x1079Nato da una famiglia di antiche radici toscane, trasferitasi in Corsica, Napoleone ha come sua lingua madre l’italiano e imparerà il francese solo più tardi. Suo padre era stato un seguace di Pasquale Paoli ai tempi della rivolta dei Corsi contro la cessione alla Francia da parte della Repubblica di Genova, ma, una volta sconfitti i rivoltosi, papà Buonaparte si schierò con i Francesi e in seguito mandò Napoleone , ancora giovanissimo, alla scuola militare.

Allo scoppio della Rivoluzione del 1789, Napoleone se sta in disparte, poi si distingue invece nella difesa di Tolone dagli Inglesi e da lì comincia la sua fulminante carriera, che lo portò, sotto il Direttorio,  alla nomina di Comandante dell’Armata d’Italia. Quest’ultima , pur essendo male armata, sotto la sua guida conseguì notevoli successi (Campagna d’Italia 1796).

Nel 1799 è uno degli artefici del colpo di stato che porta alla fine del Direttorio e alla nomina di tre Consoli:il membro più influente è proprio Napoleone che presto diventerà Primo Console con titolo ereditario.

Napoleone fu espressione della borghesia e per tutelarne gli interessi (proprietà privata) in pratica liquidò la Rivoluzione Francese e prevenne le proteste dei più poveri, mandandoli in guerra. Quando però pose sul trono di Spagna suo fratello, la borghesia gli tolse il suo appoggio.

Fu certamente un genio dell’arte della guerra e seppe rinnovare l’esercito che era sempre stato comandato solo da nobili, Napoleone invece premia il coraggio e il valore e molti suoi generali provenivano dalle classi  più umili. Era poi bravissimo a motivare i suoi uomini, a farsi amare da loro  e a infondere loro coraggio .

Il suo tallone di Achille fu sempre rappresentato dalla sua numerosa e litigiosissima famiglia.

Alla prossima settimana la continuazione di questo interessante argomento.

Tornando a casa…

Avevo accettato di partecipare con molte perplessità, ma alla fine mi sono unita al gruppo.

Roma è sempre bellissima e nasconde tesori incredibili. Noi abbiamo privilegiato il patrimonio costituito dalle basiliche e dalle chiese che custodiscono le opere dei vari Caravaggio, Michelangelo, Bernini, Borromini, ecc. …, senza tralasciare il patrimonio immenso custodito nei Musei Vaticani e nell’attigua Cappella Sistina. Si resta quasi annichiliti davanti a tanti capolavori e ci si rende conto che davvero l’uomo ha in sé una scintilla divina che lo fa partecipe della capacità di Dio di creare bellezza.

E’ stato molto emozionante partecipare alla messa in S. Pietro e in San Giovanni: ci si sentiva immersi nell’abbraccio di una Chiesa universale e senza tempo, in cui trovano posto tutti gli uomini che vogliono prendere parte alla sua missione.

Poi c’è stata l’udienza papale in Sala Nervi: lì davvero si è respirata l’universalità della Chiesa per le tante lingue in cui le parole del Papa sono state tradotte. La voce di Papa Francesco risuonava come al solito dolcemente paterna, ma il messaggio era chiaro e preciso.

Uscendo dall’udienza, ci parevano così assurde e senza fondamento le critiche quotidiane rivolte a Papa Francesco e soprattutto parevano del tutto pretestuose le critiche alla sua partecipazione alla trasmissione televisiva di Fazio: il Pontefice non è certo in cerca di visibilità per se stesso, non ne ha bisogno, è in cerca di visibilità per il messaggio di amore e di pace del Vangelo. C’è chi dice che non sia stato opportuno partecipare a una trasmissione di intrattenimento, perché la sua figura e il suo ruolo perdono di sacralità, ma io so che Gesù Cristo si è mescolato sempre agli umili e ai reietti della società del suo tempo senza temere  per la sua “sacralità” ed era Gesù…

Ute: Simbolismo ed Ermetismo (A. D’Albis).

Il professor Galli inizia la sua lezione leggendo una bellissima poesia in ricordo del nostro amico, collaboratore e socio Cesare Cavenaghi.

La poesia, che il professore ci legge, è:” La morte non è niente”, scritta dal poeta britannico Henry Scott Holland ed è veramente molto bella e consolante. Ecco il testo:

La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte:
è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace.

Dopo questa lettura, passa a parlare dell’argomento delle sue lezioni di quest’anno: “Simbolismo ed Ermetismo da Baudelaire a Quasimodo”.

Sintetizza in breve gli argomenti delle lezioni precedenti e conclude il suo discorso su Salvatore Quasimodo.

Questo poeta fa parte della corrente dell’Ermetismo che ha dominato in Italia nel periodo tra le due guerre mondiali. Quasimodo comincia come poeta ermetico con le prime raccolte, modificando, poi, la sua poetica in una poesia politico-civile, più vicina al Neorealismo che all’Ermetismo.

Nella poetica di Quasimodo abbiamo, quindi, due periodi: la fase prima della seconda guerra mondiale (fase ermetica) e quella dopo la seconda guerra mondiale (fase politico-civile).

Nella fase ermetica i versi delle sue poesie sono brevi, i sostantivi sono privi di articoli, i termini sono astratti con analogie e metafore dense e oscure.

Nella fase civile il linguaggio si fa concreto e, anche se usa ancora metafore e analogie, scrive in modo più aperto e comprensibile.

Anche i temi trattati sono diversi tra le due fasi.

Mentre nella fase ermetica prevalgono i temi autobiografici, con la descrizione di una Sicilia arcaica e mitizzata, nella seconda fase il poeta dedica i suoi versi a riflessioni sulla guerra e i suoi orrori, sulla violenza umana e descrive vicende storiche e fatti di cronaca.

Il professore continua con la lettura di alcune poesie appartenenti a entrambe le fasi e ne evidenzia le differenze di linguaggio e di temi.

Ci legge: ”Specchio” (1930); “Oboe sommerso” (1932); “Dormono selve” (1932); “Alle fronde dei Salici” 1947).

Ci legge anche: ”Milano, agosto 1943”, dove descrive un episodio di cronaca (il bombardamento su Milano dell’agosto 1943) e “Uomo del mio tempo”(1947), nella quale si rivolge ai suoi contemporanei per sollecitarli a creare una società migliore.

Il professore conclude con il “Tema dei padri” e ci legge e spiega due bellissime poesie: ”Al padre” e “Lettera alla madre”, nelle quali Quasimodo si riconcilia con i suoi genitori. Con la poesia “Al padre”(1958) cerca di riconciliarsi col padre con il quale non era mai andato d’accordo e in “Lettera alla madre” (1949) esprime tutto il suo affetto per la madre che sa malata e morente.

Spesso succede che quando si è giovani non si capiscono i genitori e nascono delle incomprensioni e dei contrasti.

Solo crescendo e maturando si capisce cosa ci hanno donato i genitori, ma a volte è troppo tardi!

Il professore ha accostato, in questa lezione, la poesia ermetica e quella dell’ultimo periodo di Salvatore Quasimodo. Sta a noi ora approfondire!

 

 

 

 

 

 

Ute: Osteoporosi: prevenzione e rimedi (Angela D’Albis)

Il dottor Lissoni continua a parlarci di “osteoporosi” e in questa lezione ci spiega cosa si può fare per prevenirla e per curarla.

Ci sono due tipi di prevenzione:

  1. Prevenzione dell’osteoporosi;
  2. Prevenzione delle cadute causate dall’osteoporosi.

La prevenzione dell’osteoporosi è particolarmente indicata per le donne dopo la menopausa e per gli uomini dopo i 65 anni. Come ci ha più volte spiegato il dottore, infatti, questa patologia colpisce più le donne e, come età, prima degli uomini.

Cosa fare per prevenire l’osteoporosi?

Ecco alcuni consigli:

  1. Controllare l’alimentazione per evitare il sovrappeso, ma anche l’eccessiva magrezza e assumere adeguate quantità di calcio e vitamina D.
  2. Fare attività fisica perché muoversi favorisce la muscolatura, contrasta la stitichezza, previene l’ipertensione e risolleva l’umore.
  3. Esporsi al sole, quando è possibile, perché i raggi del sole aiutano a produrre vitamina D.

Contrastare l’osteoporosi è importante per evitare dolorose cadute.

Cosa fare per evitare queste cadute?

Il dottor Lissoni ci propone alcuni semplici interventi:

  1. fare semplici esercizi (ce ne suggerisce qualcuno);
  2. rimuovere in casa ostacoli che possono farci cadere;
  3. nei casi più gravi, usare gli ausili quali bastone e deambulatore.

Ritornando alla prevenzione dell’osteoporosi, il dottor Lissoni ci dà alcuni suggerimenti riguardo agli alimenti da assumere per aumentare l’apporto di calcio e vitamina D (latte e suoi derivati, pesce ecc.).

Nel caso di impossibilità ad assumere queste sostanze solo attraverso gli alimenti, ci suggerisce l’uso di integratori che facilmente troviamo in commercio.

Tuttavia, ci mette in guardia dalla pubblicità ingannevole di alcuni di questi prodotti e da alcuni effetti collaterali che si possono osservare dopo la loro assunzione.

Per questo motivo, il dottore ribadisce l’importanza di assumere il più possibile calcio e vitamina D attraverso l’alimentazione.

Anche l’esposizione al sole è importante per aumentare l’apporto di vitamina D (dove le condizioni climatiche lo permettono).

Il dottor Lissoni insiste anche sulla necessità di muoversi, in modo costante, regolare e veloce.

Per quanto riguarda gli ausili, da usare nei casi più gravi, suggerisce l’uso del deambulatore. Nel caso si usasse il bastone, bisogna stare attenti al suo uso corretto.

Si può trattare l’osteoporosi anche con i farmaci.

Essi si dividono in 4 gruppi:

  1. ORMONI SINTETICI;
  2. BIFOSFONATI;
  3. SERM;
  4. ANTICORPI MONOCLONALI.

Gli Ormoni Sintetici non sono più utilizzati perché provocano vari tipi di tumore.

Da una ventina d’anni, si usano i Bifosfonati, che sono utili per numerose persone, ma che sono difficili da assumere.

I Serm (dall’inglese: Selective Estrogen Receptor Modulators) sono farmaci che agiscono sui ricettori degli estrogeni.

Gli Anticorpi Monoclonali riducono la possibilità di fratture, ma presentano anch’essi effetti negativi.

Ci sono anche procedure chirurgiche, conclude il dottor Lissoni.

Queste procedure sono due:

  1. Vertebroplastica;
  2. Cifoplastica.

L’operazione vertebroplastica è un trattamento poco invasivo eseguito in anestesia locale e consiste nell’iniettare, all’interno della vertebra fratturata, del cemento osseo attraverso un ago metallico.

La cifoplastica fa la stessa operazione, ma con l’aiuto di “palloncini” che creano spazio nella vertebra fratturata.

Il dottore ci mostra delle diapositive per spiegarci queste due procedure.

In caso di fratture scomposte, bisogna intervenire con una operazione chirurgica che prevede la sostituzione dell’articolazione con una “protesi” di metallo.

Dopo questo intervento, più invasivo, è necessaria un periodo abbastanza lungo di riabilitazione prima di ricominciare a camminare normalmente.

Il dottor Lissoni conclude la lezione esortandoci a non aspettare che si verifichi l’incidente per cominciare a combattere l’osteoporosi.

Bisognerebbe attivarsi a prevenirla sin dalla giovane età, ma noi, che non siamo più giovani, possiamo fare tesoro di tutti i consigli che ci ha dato in queste sue lezioni per favorire la salute del nostro corpo. Grazie!

 

UTE: La pazienza cognitiva (L. Todaro)

Anche la dr.ssa Lucia Todaro (come già don Ivano la lezione scorsa) non poteva non ricordare il nostro Cesare che tanto si è fatto benvolere da tutti, poi ha iniziato a parlare del tema del giorno, dicendo che ci sono persone più capaci di pazienza rispetto ad altre.

Comunemente viene indicato col termine di pazienza quella che sarebbe meglio chiamare “sopportazione”, cioè un atteggiamento passivo; noi invece dobbiamo essere capaci di “pazienza cognitiva” (che indicherò d’ora in poi con P.C.) che è una forza canalizzata verso un obiettivo chiaro. Essa è la capacità di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo un atteggiamento neutro.

L’esercizio della P.C. richiede fatica, impegno ed esercizio.

FATICA nell’autocontrollo: ad esempio, rimanere calmi se il bambino fa i capricci per dimostrargli che non diamo importanza al suo atteggiamento; questo ci permetterà di guadagnare in autorevolezza e poi di fargli capire quanto fosse sbagliato il suo comportamento.

Anche quando aspettiamo una persona ci viene chiesto di esercitare la pazienza, ma se io aspetto e basta, guardando in continuazione l’orologio, vivo negativamente quel momento, se invece approfitto dell’attesa per rivedere degli appunti, per fare qualcosa di utile o per fare una telefonata al ritardatario, vivrò quell’attesa in modo non frustrante, con serenità.  Molti casi di infertilità in donne non più giovanissime, al giorno d’oggi, sono spesso legati all’impazienza di sentire lo scorrere inesorabile del tempo; spesso capita che se esse arrivano ad adottare un bambino, poi restano incinte più facilmente.

Per acquisire capacità di P.C. occorre l’IMPEGNO che porta ad avere più forza e più perseveranza. La natura, che ha i suoi tempi e i suoi ritmi legati alle stagioni, ci insegna la pazienza. Occorre fermarsi e, nel silenzio, andare col pensiero all’obiettivo che vogliamo raggiungere. L’impaziente non sopporta né  il silenzio né la solitudine, che invece favoriscono l’acquisizione di quell’autocontrollo che ci permette di non reagire impulsivamente e di guardare al mondo con gli occhi curiosi e capaci di meraviglia propri dei bambini.

Maryanne Wolf, neuroscienziata, fa osservare che oggi siamo tutti immersi in una realtà frenetica che non ci permette di sviluppare la P.C., che ha bisogno di pensiero, di tempo, di fatica e di impegno. Anche i bambini sono sottoposti agli stessi ritmi e questo condiziona sensibilmente la loro capacità di riflettere, di concentrarsi, di approfondire e di curare i particolari. Nei videogiochi è premiata la velocità di reazione, non la capacità di pensiero, che trova invece molti stimoli in giochi tradizionali come il lego o la dama. La Wolf afferma inoltre che molti non sanno lasciarsi assorbire dalla lettura senza controllare a più riprese il cellulare, perdendo così l’occasione di trarre benefici dalla lettura profonda. L’impazienza espone poi alla superficialità, alla mancanza di senso critico, alla incapacità di concentrazione.

Cosa fare, dunque, QUI ed ORA per acquisire pazienza cognitiva? Occorre ESERCITARSI, cercare di abituarsi gradualmente al silenzio e all’ascolto (ascoltare la radio per tempi gradualmente sempre più lunghi e ripetere quanto abbiamo sentito), prendere consapevolezza delle proprie fatiche e gratificarsi dei propri successi. Fermarsi di tanto in tanto e chiedersi: a cosa sto pensando? Il pensiero infatti va dove vuole, ma noi possiamo riportarlo sotto il nostro controllo. Può accadere che certe persone risultino per noi irritanti: cerchiamo di accettare questo nostro limite, perchè l’essere consapevoli delle proprie antipatie ci rende più pazienti. Può essere utile a rafforzare la nostra P.C. il complimentarsi con se stessi se siamo stati capaci di pazienza.

Che significa?

Se cliccate qui trovate il testo della canzone di Achille Lauro: mi pare la fiera dell’ insipienza.

Forse è per il vuoto di significato della sua canzone che ‘sto ragazzo  deve confondere le idee del pubblico con le sue pseudo-trasgressioni e con il suo look particolarmente sgradevole….