Da Presidente a Presidente.

Nel corso di una breve, ma intensa cerimonia alla presenza delle autorità cittadine, il neoeletto Presidente UTE, dr. Umberto Filippi, ha conferito a Maria Guarisco (Mariuccia) il titolo di Presidente onorario a vita dell’associazione.

Un grazie infinito a Mariuccia per i tanti anni spesi a sostenere l’UTE e un grande augurio al dr. Filippi, con la certezza che  saprà sempre svolgere al meglio i suoi nuovi compiti.

 

Il Card. Parolin a Erba.

Stamattina si è celebrata una messa molto solenne in Prepositura: si ricordava la figura di Monsignor Aristide Pirovano nel 25° della morte.

La celebrazione è stata presieduta dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano e per l’occasione il prevosto di Erba mons. Angelo Pirovano ha certamente messo a frutto la sua lunga esperienza nella Curia Vaticana per mettere insieme una cerimonia davvero perfetta.

Erano presenti tanti sacerdoti, autorità civili e militari, rappresentanti delle confraternite  cittadine e ben due corali: quella dei bambini e quella degli adulti. Quest’ultima ha accompagnato il rito religioso con canti gregoriani, sempre molto suggestivi, eseguiti con grande cura e sensibilità.

All’omelia il cardinale ha ricordato la figura di mons. Aristide, la sua giovinezza, la partecipazione alla Resistenza, la scelta missionaria fin da subito e la sua collaborazione con Marcello Candia per la costruzione del lebbrosario di Marituba. S.E. Parolin ha parlato in modo semplice, ma dalle sue parole traspariva una fede profonda e una grande umanità.

La chiesa era al completo e tutti erano molto attenti e impegnati a seguire con devozione la cerimonia; qualche bambino tuttavia ogni tanto si lasciava prendere dal sonno e si abbandonava nelle braccia della mamma.

Alla fine del rito religioso (durato ben due ore!) il cardinale ha benedetto il grande calice posto nel giardino della prepositura, costruito, per hobby, in venti anni di lavoro da un parrocchiano pieno di fede e abilissimo nella lavorazione del ferro. Con questa benedizione, si pone definitivamente fine a una lunga diatriba tra coloro che volevano che  il grande calice fosse situato sulla piazza prepositurale e chi invece si opponeva a questa idea ritenuta troppo escludente

UTE: “il Bacio” di Klimt – intermezzo- Il “Don Giovanni” di Mozart.

Tra i pittori che tra la fine dell’800 e i primi del ‘900  aprirono nuove vie alla pittura, troviamo certamente Gustav Klimt, che nasce e vive in una Vienna ancora molto legata ai suoi valzer e ai suoi salotti esclusivi, ma già è evidente il declino dell’Impero Austro-ungarico ancora retto dall’ormai anziano Francesco Giuseppe, legato tenacemente al passato.

Nonostante i suoi atteggiamenti anticonformisti (abbigliamento e aspetto molto trascurato), Klimt ottiene molte commesse dai membri della corte; gli viene chiesto infatti di decorare il museo delle arti e in esso già si vedono i primi segnali di innovazione accanto ad altri decisamente romantici.

Alla fine degli anni 90 dell”800, a Vienna nasce il movimento della “Secessione”, guidato dallo stesso Klimt: gli artisti che vi aderiscono vogliono creare una rottura col passato e il loro motto è: “Ad ogni tempo la sua arte, ad ogni arte la sua libertà.

Gustav cerca anche di superare il dualismo, regnante nell’arte da tempi immemorabili, tra la donna-angelo e la donna-peccato e produce alcune opere, come Giuditta e La Speranza in cui queste due concezioni si fondono.

IL BACIO : quest’opera appartiene al momento in cui Klimt esce dal movimento “La Secessione” per seguire una strada tutta sua. Bisogna ricordare che era figlio di un orafo e che forse per questo era rimasto molto colpito dai mosaici bizantini di Ravenna. In questa che è forse la sua opera più famosa, l’oro assume diverse sfumature, che danno l’idea di movimento. I due amanti sono avvolti da due tuniche che si fondono e si distinguono solo dalle decorazioni diverse: rettangolari per l’uomo, circolari per la donna.  Attorno alle due figure, pericolosamente vicine a un baratro, c’è solo il vuoto. Non c’è prospettiva, nè profondità.

Con questa, si conclude il ciclo delle lezioni della prof. Beretta, che ha sempre il grande merito di condurci alla scoperta dei tesori dell’arte con la semplicità, che solo chi padroneggia al meglio la sua disciplina può permettersi.

Un grazie sentito alla prof. Beretta e arrivederci all’anno prossimo!

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A questo punto ieri è successo qualcosa   di inusuale: il gruppo del teatro e quello del coro, che hanno appena ripreso la loro attività, hanno dato una breve dimostrazione del lavoro fatto in queste ultime settimane: certo si capiva che il tempo per la preparazione era stato troppo breve, ma ugualmente hanno potuto far capire che i due gruppi si sono ricostituiti e che c’è posto per chi volesse aggiungersi ai pochi coraggiosi che  hanno  intrapreso questo cammino.

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Dopo il breve intervallo, il prof. Petrucci ci ha portati dentro l’opera mozartiana del “Don Giovanni” che fa parte della trilogia italiana (l’opera in quel momento storico parlava soltanto italiano)  del grande musicista austriaco.

Il mito di Don Giovanni è il più rappresentato nel mondo dell’arte e della letteratura; ad esso si sono ispirati autori come Goldoni, Kierkegaard, Byron, Puskin, Shaw, Brancati, Maraini.

Il librettista dell’opera è l’italiano Da Ponte, un sacerdote dalla vita piena di contraddizioni.  Fu introdotto alla corte di Vienna da Salieri e collaborò con i più grandi musicisti del suo tempo.

L’opera racconta di un nobile, don Giovanni appunto, che si prefigge di sedurre ogni donna che stimoli la sua ansia di conquista e per questo si ritrova oggetto delle ire delle donne da lui ingannate e dal desiderio di vendetta degli uomini ad esse vicini. Alla fine gli verrà data la pocssibilità di pentirsi e redimersi, ma don Giovanni sceglierà deliberatamente la dannazione e sarà inghiottito dal fuoco dell’inferno.

Il poco tempo a disposizione non ci ha permesso di ascoltare nel modo migliore i brani più significativi dell’opera, ma ugualmente abbiamo potuto apprezzare la musica di Mozart così piena di brio e di melodie che ben descrivono lo stato d’animo dei personaggi.

Questa  è stata l’ultima lezione di questo Anno Accademico ed è toccato al prof. Petrucci, che abbiamo conosciuto da poco tempo, ma che  ha conquistato la stima e l’affetto di tutti i soci insieme alla cara Maria Rosaria, sua compagna di vita e preziosissima collaboratrice. Un grazie sentito da tutti noi e un arrivederci al prossimo anno.
Al link indicato di seguito è possibile ascoltare uno splendido Pavarotti in una delle arie più+ note del “Don Giovanni”.
https://youtu.be/o5QOCUbSZvQ

 

Il card. Zuppi a capo della CEI.

Devo riconoscere i miei limiti: non avevo mai sentito nominare il card. Zuppi prima di sentire la sua bella omelia in occasione del funerale di David Sassoli. Ed è proprio da lì che riporto queste poche righe:

Il Vangelo ci parla di Beatitudine. Attenzione, non è diversa dalla felicità umana, anzi è proprio felicità piena, proprio quella che tutti cerchiamo. La beatitudine del Vangelo non è una sofferta ricompensa ultima per qualche sacrificio, ma libertà dalle infinite caricature pornografiche di felicità del benessere individuale a qualsiasi prezzo. Non c’è gioia da soli! La gioia del Vangelo unisce, non divide dagli altri e noi cerchiamo non una gioia d’accatto, ma vera e duratura.

Ieri il card. Zuppi è stato nominato Presidente della CEI e subito si è levato un coro esultante dai tanti che, conoscendolo, hanno avuto modo di apprezzarne la grande fede e la grande umanità, che lo hanno sempre spinto a mettersi accanto ai più deboli e ai più umili.

Un grazie grande va  a Papa Francesco per averlo scelto come guida dei Vescovi italiani: con questa nomina ha voluto indicare il cammino che tutti dobbiamo seguire…

Confronto tra candidati sindaco.

Avevo un terribile ricordo di una situazione analoga di cinque anni fa, quando era stata evidente la parzialità con cui era stato condotto allora il dibattito.

Devo invece dare atto alle giornaliste del “Giornale di Erba” di essere state veramente imparziali ed equamente distanti nei confronti di tutti e tre i candidati.

283987027_751236972917207_3575943651169762877_nLa sala del Lario Fiere che ospitava l’evento era piena  e chiaramente divisa in due tifoserie. Sono state poste ai tre candidati le stesse domande riguardanti le loro proposte politiche e a tutti è stato concesso lo stesso spazio, infatti un cronometro scandiva i minuti a disposizione di ognuno.

Doriano Torchio, al solito, è stato spontaneo e originale, ma non sono sempre apparse chiare ed organiche le  sue proposte.

Caprani è apparso insolitamente dimesso, le sue risposte a volte sono state poco pertinenti (vedi politiche giovanili: che cosa c’entravano i suoi figli?). Era come se fosse lì controvoglia, come se si sentisse a disagio.

Berna ha risposto a tono e in modo esauriente e concreto a tutte le domande che gli sono state poste, dimostrando idee chiare sulle proposte programmatiche e sul cammino da intraprendere in caso di vittoria. Qualcuno gli ha rimproverato il fatto di essersi preparato al dibattito e di avere letto le risposte, ma questo può solo dimostrare la sua serietà nell’affrontare le situazioni, non affidandosi al caso, ma con la prudenza, l’umiltà e la saggezza che esse richiedono.

Forse non riesco ad essere imparziale, visto che sono nella lista PD che sostiene Berna, ma davvero mi pare il miglior candidato per la carica di sindaco della nostra città.

UTE: Verga: Novelle (sintesi di A. D’Albis) – Storia del pane (sintesi di Diana)

Il nostro professore, Don Ivano Colombo, conclude il ciclo di lezioni su Giovanni Verga, in occasione del centenario della morte. Le ultime opere esaminate sono le Novelle.

Esse sono meno famose di quelle di Pirandello, ma importanti per la crescita narrativa dell’autore. Verga le pubblicò a Milano. La maggior parte di esse è ambientata in Sicilia, alcune sono ambientate al Nord e appartengono al mondo brianzolo. Le Novelle sono dei “bozzetti” di probabili romanzi da sviluppare. Per esempio, la novella più famosa:” La roba”, porterà alla stesura del romanzo ”Mastro don Gesualdo”. Questi “bozzetti” non creano solo un ambiente, ma anche dei personaggi, delle fisionomie umane.

Don Ivano insiste su questo tema dell’umanità dei personaggi delle opere di Verga e continua a vedere l’autore non solo come un esponente della corrente “verista”, ma anche come un “romantico”. Alcune di queste novelle sono precedute da un’introduzione nella quale l’autore introduce in prima persona il lettore, non solo alla comprensione dell’ambiente, ma anche dei personaggi, con i loro sentimenti, i loro istinti, i loro eroismi e le loro miserie.

Il docente ci legge la “prefazione” alla novella: ”Nedda”, nella quale descrive prima una storia d’amore, per poi giungere ad una descrizione amara e tragica. Come nei romanzi, anche nelle novelle, Verga mette al centro della storia la figura femminile come ancora di salvezza per gli uomini. Don Ivano sottolinea ancora che, in tutte le opere, l’autore mette al centro lo “spirito umano”. Egli è “romantico” e “verista” allo stesso tempo.

Nella “prefazione alla novella ”L’amante di Gramigna”, è lui stesso a mettere in chiaro la componente “umana” che caratterizza la sua narrativa e che convive con la “dottrina verista”. Anche quando i personaggi, nelle loro attività, somigliano più a bestie che a esseri umani, Verga riesce sempre a recuperare la loro umanità. 

La novella “L’amante di Gramigna” fa parte della raccolta: ”Vita dei campi”. In queste novelle, legate all’ambiente contadino, ci sono storie di gelosia, come quella famosa della “Cavalleria Rusticana”, poi portata in musica da Pietro Mascagni. Per questo, ci fu una causa per l’accusa di plagio che vinse Verga.

Tuttavia, l’autore trova la sua maturità narrativa con la raccolta: ”Novelle Rusticane”. Sono 12 storie ambientate in Sicilia, dopo l’unità d’Italia, che non porta alla “redenzione” auspicata. Queste novelle sono altamente drammatiche. In “Libertà”, Verga riporta un fatto realmente accaduto a Bronte nell’agosto del 1860. Qui i contadini siciliani insorgono contro i padroni per la conquista della terra a loro promessa e compiono una strage. L’insurrezione viene brutalmente repressa dai garibaldini che sembrava avessero portato l’agognata “libertà”. Alla fine, tutto rimane come prima: i ricchi rimangono tali e i poveri contadini diventano sempre più poveri!

In conclusione, Don Ivano sottolinea l’importanza, anche per noi, di crearci una sensibilità che ci aiuti a vedere le persone oltre la “crosta”, che può essere “brutale” o sbagliata, e a tener conto del cuore e dei sentimenti. Questa sensibilità ci aiuterà in tutti gli ambiti della vita, non solo culturali, ma, soprattutto, ci aiuterà nei nostri rapporti interpersonali.

Per questo ci invita a rileggere le opere di Verga anche in questa prospettiva umanistica che, spesso, le antologie scolastiche hanno ignorato.

Grazie Don Ivano per averci aiutato a riscoprire questo autore per tanti di noi rimasto nei ricordi di scuola!

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STORIA DEL PANE: Non si sa da quando l’uomo ha cominciato a nutrirsi di pane, ma si sa che ha cominciato a coltivare cereali ottomila anni fa, quando dedicandosi all’agricoltura, abbandonò il nomadismo e diventò stanziale.

In seguito, circa cinquemila anni prima di Cristo, l’uomo imparò a cuocere i cereali impastati e solo casualmente scoprì poi la possibilità della lievitazione dell’impasto stesso.

Gli Egizi erano molto abili nella panificazione ed Ebrei e Greci impararono questa tecnica da loro, apportandovi miglioramenti importanti: presso gli Ebrei ci fu il primo forno pubblico, i Greci invece modificarono la struttura del forno che da allora ebbe sempre la parte riservata alla cottura separata dalla “fornace”.

I Romani passarono dall’iniziale produzione di pane con farina di farro a quella con farina di frumento; il pane divenne la base dell’alimentazione e molti erano i forni pubblici. Il pane bianco era destinato ai ricchi, mentre quello scuro (contenente avena e crusca) era destinato ai poveri.

Nel Medio Evo si produsse pane anche con farine derivate da legumi e cereali diversi e si utilizzò il “buratto” per separare la crusca dalla farina. Tra il 1500 e il 1600 si cominciò ad utilizzare il lievito di birra.

Attualmente la farina di frumento è la più usata nel mondo. e ne esistono diversi tipi a seconda del tipo di “raffinazione” a cui viene sottoposto il prodotto della macinazione.

Diverse sono anche le varietà di pane prodotte in Italia: si può dire che ogni regione abbia un suo prodotto tipico. Allo stesso modo, nel mondo vengono prodotte qualità di pane molto diverse con caratteristiche specifiche.

Conoscere la storia del pane è un po’ come ripercorrere la storia dell’umanità e di questa occasione per rivedere vecchie nozioni siamo tutti molto grati al nostro Presidente, dr. Filippi, che ci ha intrattenuti con la solita chiarezza e competenza. Grazie!!!

 

 

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UTE: Gauguin – Il canto delle pietre

Gauguin è il “padre” della pittura moderna. Egli infatti cominciò a pensare che non si dovese riprodurre la realtà oggettiva, ma quella soggettiva filtrata dall’anima.

Era nato a Lima e lì aveva vissuto per circa 7 anni; da qui gli derivò quella nostalgia dell’esotico, del primordiale che segnò la sua vita e la sua arte. In gioventù aveva viaggiato  come marinaio, poi, dopo un periodo di vita da impiegato in cui si dedicava alla pittura solo come hobby, nel 1891 riprese a viaggiare e andò a Tahiti (allora colonia francese).. Andò a vivere in una capanna nella foresta e si diede a dipingere con colori vivaci, piatti, senza prospettiva, ma dalle sue opere traspare sempre una profonda spiritualità che attinge al cristianesimo, al buddismo o anche alle religioni tribali.

Dipinse la sua opera più significativa, quasi il suo testamento artistico, in un momento di grandi difficoltà: ristrettezze economiche e la morte della figlia maggiore. La intitolò :”Da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo” In essa raccontò il ciclo dell’ esistenza umana in ambientazione tahitiana: Tahiti è per lui il biblico Eden. Sulla destra dell’enorme quadro c’è la vita che nasce, al centro un riferimento ad Adamo ed Eva, un raccoglitore che raccoglie i frutti della vita poi più a sinistra una donna giovane e una vecchia e accanto a loro l’uccello bianco della morte.

Dalla pittura di Gauguin, che vuole esprimere una realtà filtrata dal mondo interiore dell’artista, prendono origine sia l’espressionismo francese dei Fauves, sia l’astrattismo di Kandinsky, sia il surrealismo.

Sempre belle e interessanti le lezioni della nostra amata Manuela Beretta.

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La lezione di oggi del dr. Petrucci prende spunto da uno studio di qualche tempo fa, che non ha avuto l’attenzione che meritava e che metteva in relazione l’architettura e la scultura col mondo musicale.

Nei capitelli romanici, infatti, così ricchi di figure originali e a volte mostruose, queste hanno un ben preciso significato  metafisico e teologico.

Nel Medio Evo la cultura era molto più globalizzata di quanto non lo sia oggi e  tutte le cerimonie religiose erano caratterizzate dal ritmo, che fa riferimento al ritmo del cuore (simbolo della vita) e anche nei miti brahmanici, oltre che in quelli biblici,  della Creazione è presente il suono (la Parola di Dio che crea).  Nelle religioni primitive gli animali erano considerati intermediari tra gli uomini e gli dei e le preghiere imitavano i loro versi, poi sostituiti gradualmente da parole. I versi degli animali corrispondono a note, pertanto le raffigurazioni di animali nei capitelli romanici sono da interpretare come suoni e nei chiostri di Girona e S. Cugat in Spagna esse seguono un ordine ben preciso, tale da comporre canti gregoriani.

L’argomento propostoci dal dr. Petrucci è certamente nuovo e molto affascinante: grazie, professore!

Film: Boy erased – Vite cancellate.

Jared è un tranquillo, bravo ragazzo, figlio di un pastore battista, venditore di auto. E’ fidanzato con Chloe, ma quando i suoi genitori intendono stringere i rapporti con la famiglia della ragazzina, Jared confessa di essere  attratto dai ragazzi.  Il padre non può accettare questa situazione e lo inserisce in una struttura finalizzata alla “cura” di questa che ritiene una devianza immorale.

In quell’istituto gli viene insegnato a fingere comportamenti  “normali” e a odiare i genitori, colpevoli di aver causato questa devianza con un’educazione sbagliata.  La violenza psicologica, morale  e anche fisica messa in atto con sistematica ottusità spinge uno dei compagni di Jared al suicidio, egli allora, compresa l’assurda crudeltà cui è sottoposto, riesce a mettersi in comunicazione con la madre, che finalmente trova il coraggio di opporsi alle decisioni del marito per stare al fianco del figlio e consentirgli di vivere con serenità la sua vita.

Solo più tardi il padre riuscirà a superare i suoi pregiudizi  e lascerà che l’amore per il figlio prevalga su tutto.

Questo film, ottimamente interpretato da Russel Crow, Nicole Kidman e Lucas Edges, mette il dito su una piaga che ancora sanguina non solo nell’America profonda: la convinzione che l’omosessualità sia una perversione o nel migliore dei casi una malattia da curare. Io credo invece che si debba sempre rispettare ogni persona per il solo fatto di essere creatura di Dio, nata per essere felice secondo la sua natura.

Peripezie sanitarie.

La pandemia ha certamente gettato nel caos la nostra sanità regionale. Questo mi ha indotto, ahimè, a pensare di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria, che, me ne sto accorgendo solo ora, avrà come unico effetto quello di avermi spillato qualche centinaio di euro.

Qualche giorno fa, mi sono resa conto, dopo aver richiesto una ricetta al medico, che non avevo più un medico di base e ho dovuto chiedere appuntamento alla AST della zona per risolvere il problema e a quel punto nella mia città c’era un solo posto disponibile.

Chiedo subito un appuntamento perché da tempo mi sto trascinando qualche acciacco di troppo, ma mi viene risposto che dovrei richiamare un paio di settimane più tardi, comunque ottengo via internet le ricette per i medicinali.

Chiedo appuntamento per una visita privata per accorciare i tempi, ma anche qui è un incubo: ho girovagato per i reparti dell’ospedale più di mezz’ora, rimpallata da uno sportello e da un corridoio a un altro prima di trovare l’ufficio per poter pagare la parcella.

Mi vengono richieste delle radiografie; chiedo appuntamento col medico e mi sento rispondere: può richiamare fra un paio di settimane?!!!!???? Resto un po’ allibita, ma fortunatamente ottengo la prescrizione delle radiografie. Stamattina le prenoto e scopro che con le ricette così formulate spenderò più di 100 euro di ticket, mentre bastava una sola ricetta con conseguente unico ticket da 38 euro.

Ah, la meravigliosa, insuperabile Sanità Lombarda!!!

 

 

UTE: Verga e Mastro don Gesualdo – La spalla al centro. (le due sintesi sono di A. D’Albis)

Don Ivano continua le sue lezioni su Giovanni Verga, in occasione del centenario della morte, e ci presenta il secondo (e ultimo) romanzo del ciclo dei “vinti”. “Mastro Don Gesualdo”.

Come già detto la scorsa volta, Verga si era prefisso di scrivere 5 romanzi del ciclo dei “vinti”, analizzando una serie di personaggi che, pur appartenendo a classi sociali diverse, sono destinati ad essere trascinati via dalla storia.

I “vinti” non sono, per Verga, solo i rifiuti della società, o solo coloro che psicologicamente o socialmente sono fragili. Tutti possono entrare a far parte dei “vinti”, anche gli aristocratici, basta che abbiano la “roba”.

La “roba” è un termine siciliano per intendere la “proprietà terriera”, cioè una proprietà sulla quale c’è una costruzione, una casa, abitata dai suoi proprietari.

Come già accennato la volta scorsa, Verga non riuscì a portare a termine il suo progetto, non perché gliene mancasse il tempo, ma perché la sua vena narrativa era esaurita.

Lo scrittore si trova immerso nel clima culturale degli anni ’80 del XIX secolo. In questi anni scrive il suo capolavoro: ”I Malavoglia”, in cui è protagonista una famiglia e la storia segue l’evoluzione di questa famiglia.

Nel “Mastro Don Gesualdo” c’è un solo protagonista, legato alla “roba”, che è un “vinto”.

Lo chiamano “Mastro” perché appare alla gente come colui che ha sempre lavorato e, proprio per questo, ha le mani sporche di calcina e di gesso.

Il protagonista si identifica con il suo lavoro perché gli dà diritto alla “roba”, che gli appartiene fino ad identificarsi con essa. Continue reading “UTE: Verga e Mastro don Gesualdo – La spalla al centro. (le due sintesi sono di A. D’Albis)”