Parlare di guerra per parlare di pace…

Ieri sera al teatro Excelsior, Nello Scavo e Lucia Capuzzi, due giornalisti di “AVVENIRE”, ci hanno raccontato le loro esperienze nei paesi più tribolati del nostro mondo.

Nello Scavo ha raccontato, quasi con pudore, la crudeltà e le atrocità della guerra in Ucraina, dove si è recato di persona, e ci ha fatto veramente sentire l’assurdità di una guerra a cui ormai ci stiamo un po’ abituando e che stiamo vivendo a volte come un video-gioco davanti alla TV. Parlando poi di migrazione ha ben spiegato come dietro al traffico di esseri umani , si nascondano interessi molto ampi e complessi e come sia insensato negare i diritti essenziali a tanta parte di umanità: alla fine negare i diritti porta solo a creare ingiustizie che prima o poi presentano il conto. Scavo ha parlato anche della guerra dei Balcani, la sua prima missione (come free-lance, per dirla con un eufemismo di moda oggi, o come “spiantato, disoccupato della comunicazione” come ha detto lo stesso giornalista). E a questo proposito ha testimoniato come la pace in quelle zone, tra Kosovo e Serbia, sia fragile… La guerra ha  lasciato dietro di sé uno strascico di odio e rancore tale, che nemmeno trent’anni di “pace” (ma forse è più giusto dire armistizio lungo trent’anni) sono riusciti a far dimenticare e che si tramanda alle nuove generazioni come una tragica, feroce eredità.

Lucia Capuzzi, innamorata del Sud America, ma recentemente inviata in Afghanistan, ci ha parlato della lotta delle donne afghane, private ormai di ogni diritto, nel silenzio più totale dei media occidentali. La missione di portare la democrazia a suon di bombe è fallita, tanto vale lasciare quel disgraziato paese al suo destino e alla sua povertà disperante. Nelle strade del sud del paese si vedono solo uomini: le donne sono relegate in casa e non hanno diritto a uscire nemmeno accompagnate; a Kabul girano per le strade come fantasmi, avvolte nei burqa, ma non possono andare al parco e nemmeno possono accedere alle università. In Iran poi è in atto una repressione feroce contro le donne e contro tutti coloro che le sostengono. (Bene ha fatto Mattarella ieri a parlare con chiarezza all’ambasciatore iraniano). E cosa dire delle popolazioni indigene dell’Amazzonia che stanno lottando per la loro sopravvivenza contro la deforestazione portata avanti con insensata pervicacia da Bolsonaro?

Entrambi i due coraggiosi giornalisti, dopo aver raccontato tanti orrori, hanno anche raccontato episodi che autorizzano a nutrire la speranza: in mezzo anche alle situazioni più dolorose, ci sono sempre uomini e donne che continuano a lottare contro le violenze e a piantare semi di speranza: è questo che deve darci lo stimolo a essere anche noi, nel nostro piccolo, costruttori di pace.

P.S.: Grandi applausi hanno accompagnato gli interventi dei due coraggiosi  giornalisti, ma il più sentito, almeno da me, è stato quello indirizzato a Lucia Capuzzi quando Nello Scavo ci ha detto che lei, dopo essere stata fermata e imprigionata dai talebani, una volta liberata non è fuggita dal paese, ma è rimasta fino ad ottenere una lettera di scuse dal governatore locale. Dobbiamo essere molto grati a giornalisti dello stampo dei nostri due relatori, ci permettono di conoscere realtà lontane consentendoci di valutarle e di prendere posizione , schierandoci dalla parte della giustizia.