Film: Red Snake.

Questo film è stato trasmesso su IRIS più volte in questi giorni seppur in orari diversi e credo che questo abbia consentito a molti (e anche a me) di rivederlo e apprezzarlo.

E’ ambientato nel Kurdistan iracheno caduto sotto la tirannia fanatica dell’ISIS; qui combattono anche molte donne del posto insieme ad altre venute da diversi paesi per sostenere la guerra di liberazione che le curde stanno combattendo con estremo coraggio e valore. Tra queste si arruola anche Zara, una ragazza rapita dai soldati dell’ISIS e venduta come schiava a un occidentale “convertito” all’Islam, ma sarebbe meglio dire che quest’uomo depravato usa la religione per giustificare tutte le sue crudeltà (anche quella di stuprare una schiava), affermando che tutto accade per volontà di Dio.

Zara, che in battaglia assume il nome di Red Snake, ha un obiettivo: riportare a casa da sua madre il fratellino, anche lui preso prigioniero dagli uomini dell’ISIS e sottoposto a un indottrinamento martellante per farne un bambino-soldato.

E’ un film fatto da una regista donna, che vuole rendere omaggio alle donne yazide (curde non musulmane) che per molto tempo hanno combattuto al fianco dei loro uomini per sconfiggere il fanatismo degli appartenenti all’ISIS.  La cosa che più rimane impressa di questo film è la contraddizione altamente ipocrita tra le regole severissime di vita continuamente proclamate tramite altoparlanti per le vie dei centri abitati e il comportamento dei capi che dicono di seguire quelle regole: veramente tra il dire e il fare c’è un abisso, infatti  la strumentalizzazione della religione per assecondare le proprie libidini e la propria voglia di sopraffazione è cosa comunemente accettata e praticata.

Ora si sente parlare poco dell’ISIS che ha subito gravi sconfitte militari, ma si può dire altrettanto del fanatismo religioso? Temo di no.

Consiglio la visione di questo film, ben diretto e ben interpretato.

 

 

Letture: Il postino suona sempre due volte.

Nella “Sala Argento” della parrocchia di Arcellasco è possibile prendere a prestito dei libri donati da non so chi e , tra questi, ho trovato il romanzo noir di James M. Cain “Il postino suona sempre due volte”.

La trama è presto detta: Frank, un giovane giramondo, capita un giorno in un bar, in una zona piuttosto depressa (siamo al tempo della grande crisi economica del 1929). Il locale è di proprietà del greco Nick, che lo gestisce con l’aiuto della giovane e bella moglie Cora.

Nick ha bisogno di aiuto e chiede a Frank di fermarsi e di lavorare per lui. Frank accetta e tra lui e Cora nasce subito una torbida passione che li porta a progettare l’assassinio di Nick. Il primo tentativo fallisce, ma viene attribuito a un banale incidente domestico.

I due diabolici amanti tuttavia non rinunciano al loro progetto e riescono a uccidere Nick, simulando un incidente d’auto.  Nel processo che ne segue, Cora  viene accusata dell’ omicidio, ma  viene assolta. Il destino, come il postino che suona sempre due volte per farsi riconoscere e sentire, si riaffaccerà e sarà Frank a pagare perchè accusato ingiustamente di aver provocato la morte di Cora.

E’ una lettura coinvolgente; il linguaggio e la narrazione sono scarni e presentano un mondo senza ideali, senza valori, in cui due persone ai margini della società cercano disperatamente di cambiare le proprie vite, ma alla fine il destino presenta inesorabilmente  il conto.

Forse il libro ha tratto vantaggio dall’essere stato utilizzato per produrre un film di successo, interpretato Da Jack Nicholson e Jessica Lange: l’interpretazione di questi due grandi attori ha saputo ricreare con grande intensità l’atmosfera di disperato erotismo che pervade anche il libro.

 

Film: L’ombra del giorno.

Visto in Tv su Rai3 : è ambientato ad Ascoli Piceno nel 1938, quando furono pubblicate le leggi razziali.

Luciano è un uomo maturo, che ha combattuto nella Grande Guerra riportandone una ferita alla gamba che lo la lasciato zoppo. Ora gestisce il ristorante, lasciatogli dal padre, che si trova in una bella piazza dove vengono effettuati i saggi ginnici delle “giovani italiane”.  E’ un uomo che non vuole fastidi e ammonisce il personale alle sue dipendenze di non lasciarsi andare a commenti o frasi ironiche sul regime fascista: potrebbe essere messa a repentaglio la sua tranquillità garantita dalla sua amicizia col gerarca locale. Ma un giorno arriva Anna a chiedere lavoro: è evidentemente affamata e bisognosa di aiuto. Luciano la assume ed Anna si rivela un’ottima collaboratrice, ma un giorno scopre che Anna ha nascosto nello scantinato un uomo che cerca protezione: è il marito di Anna (che in realtà si chiama Ester ed è ebrea) che cerca di sfuggire alla deportazione. Luciano, che si è innamorato di Ester, accetta di aiutarlo, ma non deve farsi sentire da nessuno. La situazione è pericolosa e presto arrivano i guai …

IL film è interessante ricrea bene l’atmosfera in cui si viveva in quei giorni: la paura di esprimere i propri pensieri, la viltà di chi vuole farsi strada denunciando gli amici, la pubblica opinione pronta a scagliarsi contro chi fino a pochi momenti prima considerava persona stimata e rispettabile. Il regista, Giuseppe Piccioni ha saputo rendere bene il senso di oppressione, la prepotenza di chi è salito sul carro dei vincitori e pur di non perdere la sua posizione è disposto anche a rinnegare l’amicizia e ogni altro valore.

I due attori principali, Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli, hanno saputo dare verità e credibilità ai loro personaggi  e il film riesce a coinvolgere e a commuovere.

Film: Ferrari.

Sono andata con mio nipote Davide a vedere il film che racconta un momento cruciale della vita di Enzo Ferrari e della sua impresa.

E’ così che ho saputo di come questo geniale imprenditore avesse una doppia vita: era infatti sposato con  Laura (interpretata da Penelope Cruz) sua socia nell’azienda di famiglia, ma aveva da molti anni una relazione con Lina, dalla quale aveva avuto anche un figlio, non riconosciuto proprio per non rendere ufficiale questa relazione. I rapporti con la moglie erano molto tesi e certamente erano stati compromessi anche dalla morte del figlio Dino affetto da distrofia.

L’ossessione per le corse e per la velocità, faceva mettere in sottordine anche la vita stessa dei piloti e nel film viene ricordato Castellotti, morto durante una sessione di prove in cui si doveva battere il record stabilito da una macchina Maserati.

Gran parte del film viene poi dedicato all’ultima Mille Miglia: la strage di spettatori ai bordi della strada, causata dallo sbandamento di una “ferrari” fa capire a tutti l’assurdità di consentire gare di velocità su strade normali.

La vittoria in questa gara consentirà a Ferrari di poter trattare in condizioni migliori un accordo con possibili finanziatori.

Questo film mi ha dato l’occasione per ritrovare volti, nomi e avvenimenti che ricordavo, ma mio nipote si è molto annoiato: troppe sequenze di gara!!

Film: Io capitano.

Il film inizia in un villaggio del Senegal dove due cugini, Seydou e Moussa, di nascosto dalle rispettive famiglie, stanno raccogliendo soldi per fare “il viaggio” verso l’Europa per poter migliorare le condizioni di vita della propria famiglia. Il villaggio è molto povero, la gente  riesce appena a soddisfare i bisogni essenziali, ma non  perde mai l’occasione per fare festa insieme. La madre di Seydou viene a sapere del progetto del figlio e ne rimane molto addolorata, ma il ragazzo una notte parte col cugino.

Da quel momento comincia un’autentica “via crucis ” infestata da pericoli d’ogni genere e soprattutto da trafficanti disumani che non esitano a derubare i migranti e ad infliggere pene inaudite a quelli che non possono pagare. In tutto questo orrore, Seydou ha la fortuna di incontrare un uomo che rivede in lui il figlio della stessa età: insieme riusciranno a riguadagnarsi la libertà e il ragazzo raggiungerà le coste della Libia dove, non avendo il denaro per pagare il viaggio per sé e per il cugino, accetterà, lui che non ha mai visto una barca, di guidare il peschereccio che lo porterà insieme a tanti altri disperati verso le coste italiane.

Questo film è molto coinvolgente, emozionante e a tratti sconvolgente; è stato scritto basandosi sulle vicende reali di diversi migranti.  I protagonisti,  pur vivendo le atrocità più impensabili, non perdono la loro umanità, a differenza dei trafficanti che per il danaro non esitano a compiere le bassezze peggiori.

Tutti dovrebbero vedere questo film-documento, soprattutto quelli che pensano che i migranti siano solo gente che viene qui per  spirito di avventura o per ingrossare le fila della malavita.

Film: Jeanne du Barry.

Se amate i film che ricostruiscono un momento storico con apprezzabile fedeltà, amerete il film “Jeanne du Barry”.

jeanne du BarryLa pellicola racconta la storia di Jeanne,  ragazza poverissima, ma intelligente e istruita, che riesce ad arrivare alla corte di Luigi XV e a diventare la sua favorita .

Molte scene del film sono state girate nel Castello di Versailles e colpiscono per lo splendore degli ambienti e per la ricchezza dei costumi. La protagonista è interpretata da Maiwenn, che è anche la regista; nel film si sottolinea l’anticonformismo di Jeanne, che ama la cultura e le arti (in un’epoca in cui alle donne non si riconosceva il diritto all’istruzione) e che non ha paura di stravolgere le stantie consuetudini della corte parigina.

Nel ruolo di Luigi XV si può ammirare un  bravissimo Johnny Depp, che non ha più lo smalto dei vent’anni, ma mantiene un indubbio fascino e sa interpretare in modo credibile un sovrano ormai attempato che vede nella sua favorita un soffio di autenticità in un mondo che lo opprime con la sua ipocrisia.

Mi ha colpito il fatto che la corte e i familiari del re ritenevano un intollerabile scandalo la presenza di Jeanne a corte accanto al sovrano, perché la giovane donna non era nobile e non era sposata, per questo Luigi XV costringe il conte Du Barry a sposare Jeanne, che così acquisisce il titolo nobiliare e lo status di “donna perbene”: ora sì che può comparire al fianco del re come sua favorita ufficiale!!!

Insomma è stato un piacere seguire le vicende narrate nel film e, alla fine, non è mancato un momento di commozione.

Film: Clemency.

Segnalo questo film, che parla della pena di morte, ancora in vigore in molti stati degli USA.

Non è certo il primo film, a parlare di questo tema, ma in Clemency esso viene visto da una prospettiva diversa da quella del condannato. Infatti la protagonista è una direttrice di un carcere che, per dovere d’ufficio, si trova a dover espletare tutte le formalità previste dai regolamenti per giungere all’esecuzione del prigioniero.

Lei sente come un peso insopportabile il dover sostenere lo sguardo e l’angoscia dei prigionieri nel braccio della morte e anche quello dei familiari, che non smettono di ricorrere a tutti gli organi preposti per ottenere una grazia che non verrà mai concessa. Il suo tormento è talmente profondo che rischia di compromettere anche la sua vita familiare.

Il film, che non si basa su una storia vera, tuttavia fa riflettere sulla disumanità della pena di morte, che arroga allo stato il diritto di uccidere: ma lo Stato può avere il diritto di togliere la vita a un cittadino? Lo stato non può diventare assassino per punire gli assassini: si macchia dello stesso delitto che vuole punire.   E che questo sia possibile ancora in tanti stati del mondo che si dicono civili è uno scandalo insopportabile.

Il film è molto ben fatto e molto ben interpretato: vale la pena vederlo.

“Rapito” un film che fa discutere.

Peccato! Non ho avuto notizia di questo incontro avvenuto a Lecco con il regista Bellocchio: avrei fatto in modo da non perderlo…

Si parlava dell’ultimo film del regista intitolato “Rapito”, nel quale si ricorda la nota vicenda di Edgardo Mortara, bambino ebreo di Bologna, strappato alla sua famiglia a 7 anni dai soldati di Papa PIO IX.

Quale il motivo di questo “rapimento”? Nel suo primo anno di vita, Edgardo fu colpito da una malattia tanto grave che la domestica, cattolica, credendolo in fin di vita, lo battezzò all’insaputa dei genitori (è risaputo che in casi di emergenza qualunque cristiano può impartire il battesimo).

Dopo alcuni anni, la domestica confidò questo segreto a un sacerdote che , secondo le leggi dello Stato Pontificio (di cui allora Bologna faceva parte), fece in modo di ottenere la decadenza della patria potestà dei genitori perché il bambino, divenuto cattolico, doveva essere educato secondo la religione cattolica.  Edgardo venne portato a Roma e crebbe in un collegio sotto la protezione diretta di Papa Pio IX . Diventato adulto, Edgardo si fece sacerdote e rifiutò di rientrare nella sua famiglia, che non aveva mai smesso di tentare ogni via per riaverlo.

Il caso fece molto scalpore all’epoca (siamo nel 1858) e  oggi non riusciamo a comprendere come ciò sia potuto avvenire: oggi la Chiesa parla di dialogo tra le varie fedi religiose, parla di accoglienza, di rispetto e di fratellanza … Papa Francesco ribadisce ad ogni occasione questi concetti e spesso punta il dito contro il proselitismo: la fede va testimoniata con una vita coerente con gli insegnamenti di Gesù Cristo.

Oggi siamo consapevoli che ci sono molti modi per arrivare a Dio e che solo LUI sa scrutare nei cuori e giudicare con giustizia.

Film: Ordinary love . Un amore come tanti.

ordinary loveUna coppia, che ha vissuto insieme una vita intera e ha superato la tragedia della morte della figlia, si trova ad affrontare una nuova dura prova: la donna, mentre fa la doccia, scopre di avere un nodulo al seno.

Dopo le visite e gli esami cui si sottopone, arriva la diagnosi: tumore al seno. Comincia così l’iter che la porta a sottoporsi alla chemioterapia, all’intervento chirurgico e alla mastectomia totale. Il marito le sta accanto in ogni momento, con affetto, pazienza e delicatezza, sopportando anche gli sbalzi d’umore della moglie. Il film ritrae i due nei momenti che molti di noi conoscono: le attese delle visite, le sedute di chemioterapia, l’ansia in attesa di un referto… I dialoghi tra loro sono quelli che nella realtà intercorrono tra due persone che stanno affrontando insieme una situazione difficile, di cui non si può conoscere l’esito, ma che sanno sostenersi mano nella mano con semplicità.

I protagonisti, Liam Neeson e Leslie Manville, sono molto bravi e interpretano il  loro ruolo con grande naturalezza, dando credibilità ai loro personaggi.

Docu-film: African dreamers.

Sembra che certe cose non siano possibili, eppure  gli autori del docu-film “African Dreamers” non hanno inventato nulla. Hanno seguito per tre anni le vicende di cinque bambine di diversi paesi africani e le loro storie sono veramente tragiche: accusate di stregoneria, rapite e stuprate, abbandonate alla vita di strada, inseguite da una povertà avvilente.

Fortunatamente, per ognuna di loro un incontro fortunato con una casa di accoglienza o con persone disposte ad aiutarle segna una svolta positiva nella loro vita e possono riprendere a sognare una vita dignitosa e a fare progetti per il proprio futuro.

Ne consiglio caldamente la visione: ci si può rendere conto del perchè arrivino sulle nostre coste tanti bambini non accompagnati: fuggono dall’inferno.