Letture: “Ma il cielo non risponde.

“Ma il cielo non risponde” è un romanzo di A.J. Cronin che ho trovato nella piccola biblioteca della “Sala Argento”, il locale in cui noi, donne “diversamente giovani”, ci ritroviamo ogni lunedì pomeriggio per stare in compagnia o, se necessario, per fare qualche lavoretto per la parrocchia o per i malati.

Il romanzo racconta di un’amicizia tra due bambini, uno, lo stesso Cronin che vive con la mamma in povertà, e il suo amico Desmonde Fitzgerald, benestante, bello, intelligente, dalla voce d’angelo.

Frequentano la stessa scuola e spesso la mamma di Desmond affida alla mamma di Cronin dei lavoretti e cerca di aiutarla in tanti modi. Una volta cresciuti i due ragazzi scelgono strade diverse: Cronin vuole diventare uno scrittore, Desmonde sceglie di diventare sacerdote e si trasferisce in un seminario in Spagna; da questo momento la storia viene raccontata attraverso le lettere che Desmonde scrive all’amico di sempre.  Una volta ricevuta l’ordinazione, il giovane sacerdote viene inviato in una piccola parrocchia irlandese, dove per la sua bontà e per la sua voce meravigliosa conquista tutti i parrocchiani …. purtroppo conquista anche una ragazzina ribelle che in modo subdolo lo seduce rimanendo incinta. Il giovane sente il dovere di occuparsi di lei e del suo bambino, perciò abbandona l’abito talare e la sposa, ma presto questo matrimonio si rivela un vero disastro: la giovane è viziata e non si adatta alla vita piena di sacrifici che Desmonde può offrirle, perciò poco dopo la nascita della bambina se ne va con un altro, lasciando la figlia presso la zia che aveva accudito anche lei.

Desmonde perde la fede e si trova nella disperazione più nera: si sente un uomo fallito e vorrebbe por fine ai suoi giorni, ma il suo amico Cronin gli fa incontrare un agente di spettacolo che, a Hollywood, lo ingaggia come cantante. Il successo è enorme e col successo arrivano anche i soldi: Desmonde può ricompensare tutti quelli che lo avevano aiutato nel momento del bisogno, ma ritrova la sua serenità solo quando  i vecchi amici lo aiutano a riprendere il suo cammino interrotto e, guidato dalla  fede ritrovata, va come insegnante in terra di missione.

In questo romanzo Cronin punta il dito sul celibato imposto ai sacerdoti cattolici  e, visto il dibattito in atto nella Chiesa tedesca, il tema è incredibilmente attuale.

Letture: Violeta.

violetaVioleta era nata, in una città del Cile, durante l’epidemia della “spagnola” e morirà durante la pandemia da COVID.

Era l’unica figlia femmina dopo cinque figli maschi e pertanto era stata viziatissima da tutti fino a farne una piccola tiranna. Esplodeva in crisi terribili ogni volta che le veniva opposto il minimo rifiuto, per questo venne assunta dalla famiglia una baby-sitter di origine irlandese, che a poco a poco ne smussò le angolosità. Il padre aveva assicurato un certo benessere alla famiglia, ma con la crisi del ’29 si trovò completamente rovinato e si suicidò.

La famiglia, costretta a lasciare la propria casa,  si trasferì nell’estremo sud del Paese, ospite di amici. La zona era abitata solo da poche anime e lì Violeta si applicò all’insegnamento nelle piccole comunità locali.

Divenuta adulta sposò, quasi come fosse evento inevitabile, un veterinario di origine tedesca, ma dopo poco tempo i due divorziarono perchè Violeta si era innamorata di un avventuriero tanto affascinante quanto inaffidabile. I due ebbero due figli: un maschio costretto alla latitanza durante la dittatura di Pinochet e una figlia geniale e ribelle che muore, debilitata dalla droga, mentre partorisce  Camilo, il nipotino che Violeta crescerà con dedizione e amore.

Col tempo Violeta, prima tutta presa dal lavoro e dalle sue tempestose relazioni, trova una profonda saggezza che la porta a impegnare il suo patrimonio per difendere i diritti delle donne.

Isabel Allende racconta questa storia sotto forma di lettera: Violeta, giunta alla fine della sua vita, racconta a Camilo, il suo nipote prima turbolento e poi diventato missionario in Africa, la storia della sua famiglia.

Ho letto con piacere questo romanzo, che fa ripercorrere la storia dell’ultimo secolo mettendo a fuoco avvenimenti che hanno segnato la storia del Cile e del mondo.

Da “VIOLETA” di Isabel Allende “I crimini li commetteva lo Stato…”

Sto leggendo “VIOLETA” di Isabel Allende, la famosa scrittrice cilena figlia di quel Salvador Allende ucciso durante il golpe di Pinochet. E, come è inevitabile, quel momento storico deve averle segnato l’esistenza in modo indelebile.

Anche in questo suo libro, tra le vicende burrascose della protagonista, arriva il racconto del golpe, preparato a lungo nell’ombra e poi esploso all’improvviso in modo cruento. e feroce verso tutti quelli che potevano essere ritenuti degli oppositori.  Ecco come Isabel Allende racconta la trasformazione del suo paese.

Apparentemente, il paese non era mai stato meglio. I vicini rimanevano meravigliati da grattacieli, autostrade, pulizia e sicurezza…..violeta

Da “Furore” di Jhon Steinbeck: La siccità.

Nie notiziari di questa mattina imperversa il tema della siccità, che sta disseccando fiumi e laghi con gravi ripercussioni sulle attività agricole e, in prospettiva, sulla vita di tutti noi.

Nel romanzo “Furore” di Steinbeck, la siccità è uno dei fattori (assieme al sistema bancario senza anima) della rovina della famiglia Joad. Ecco come lo scrittore americano la racconta:

“….verso la metà di giugno le nuvole del cielo, alte, pesanti, gravide di pioggia, si mobilitarono nel Golfo ed iniziarono la loro marcia di invasione nel Texas. Gli uomini nei campi levavano gli occhi verso di esse e annusavano l’aria e rizzavano dita bagnate di saliva per ragguagliarsi sulla provenienza del vento. Le nuvole passando lasciarono cadere parte del loro contenuto e s’affrettarono ad invadere altre contrade, lasciandosi alle spalle il cielo pallido come prima e il sole feroce, e nella polvere crateri pieni d’acqua, e nei campi di granturco chiazze rinverdite.

Passate le nuvole arrivò un venticello che, sospingendole verso settentrione, faceva mormorare sommesso il granturco annaffiato. Passò un giorno e il vento aumentò di intensità e di costanza. La polvere s’alzò dalle strade e coprì le ortiche dei fossi e si spinse anche addentro nei campi di granturco.

Il vento si fece impetuoso e si accanì nel rodere la crosta lasciata dall’acqua nei campi. A poco a poco il cielo si oscurò, perchè il vento continuando a raschiare la crosta metteva in libertà la polvere e se la portava via, insieme con frotte di foglie morte e fili di paglia. Il sole splendeva rosso nell’aria oscura e fredda. Una notte il vento impazzò, zappò furiosamente la terra attorno alle radici del granturco, e il granturco si mise a lottare per difesa contro il vento agitando le sue foglie indebolite, ma nella lotta le radici risultarono denudate dalle zolle di terra protettrice e ogni pianta risultò inclinata nella direzione del vento.

Da Furore di John Steinbeck.

Letture: Strana vita la mia. (R. Prodi)

Il libro in cui Prodi racconta la sua vita aiuta a capire meglio gli avvenimenti di questi ultimi decenni. La sua lunga esperienza di manager, di docente universitario, di politico ad altissimi livelli credo sia un bagaglio prezioso a cui chi si impegna in politica dovrebbe attingere a piene mani.

Particolarmente interessante è la conclusione del libro in cui Prodi dà una lettura piuttosto inquietante della situazione politica del mondo di oggi, dove le democrazie danno segni di stanchezza e dove si sta combattendo una nuova guerra fredda tra le due potenze che si contendono la supremazia : Stati Uniti e Cina.

Gli arsenali nucleari esistono ancora e gli arsenali convenzionali, infinitamente più sofisticati … si gonfiano ogni giorno….Una sfida che si gioca in tutti i campi, da quello militare a quello economico a quello tecnologico e all’uso di ogni tipo di soft power…L’unico perimetro di collaborazione oggi possibile è quello dell’ambiente. Non vedo però come si possa tendere verso obiettivi comuni sull’ambiente quando si ha in mente solo lo scontro…

E’ un quadro certamente inquietante quello con cui Prodi conclude il suo libro, decisamente in contrasto con la parte iniziale, in cui viene descritto l’ambiente familiare e sociale in cui il “professore” (così lo chiamano a Bologna) si è formato: una famiglia di ferventi cattolici immersa in un mondo che inneggiava al comunismo.  E’ un po’ la mia stessa esperienza: sulla cappa del focolare, dove mia madre teneva il crocifisso, i miei vicini tenevano la foto di Stalin, ma ciò non impediva di essere buoni vicini, di aiutarsi sempre quando era necessario e di giocare insieme a carte la sera dopo cena.

Letture: Non è un mondo per vecchi – M. Serres

“Non è un mondo per vecchi” è un breve saggio di Michel Serres, in cui l’autore afferma che la connettività è destinata a rivoluzionare tutti i nostri schemi mentali oltre che le nostre abitudini mentre già sta “riplasmando le facoltà cognitive dei giovani”.

Una volta, il sapere, le informazioni erano lontane dalla gente e vi si poteva accedere solo tramite dei “mediatori” quali ad esempio gli insegnanti. Ora invece, dice Serres, il sapere sta tutto nella rete di internet a cui tutti possono accedere in ogni momento tramite un computer o un cellulare.

Questo, continua Serres, stravolgerà inevitabilmente il ruolo della scuola e di altre istituzioni sociali che dovranno adattarsi a un nuovo modo di apprendere dei più giovani.

Forse Serres avrà anche ragione, ma penso che  le sue certezze sarebbero state  meno granitiche se avesse assistito a quanto è accaduto in pandemia…. I ragazzi avevano comunque tutto il sapere  a portata di cellulare, ma i loro rendimenti scolastici pare siano crollati a picco in questi due anni.

Forse la scuola dovrà cambiare, e di questo siamo convinti tutti, credo, ma non basterà internet a fare dei nostri giovani degli uomini preparati ad affrontare il futuro proprio e quello della società in cui vivono.

Come trasformare una democrazia in dittatura: ovvero: LA FATTORIA DEGLI ANIMALI.

Ieri, leggendo come anche nel nostro paese si sia passati, un secolo fa, da una monarchia costituzionale alla dittatura fascista,  mi sono ricordata di un libro letto tanti anni fa e riletto recentemente: “La fattoria degli animali” di Orwell, una lunga allegoria di come l’uso del potere possa essere distorto per asservirlo ai propri interessi.

fattoria degli animaliSono i maiali a guidare la rivoluzione contro il padrone della fattoria in nome di una giusta rivendicazione dei propri diritti, ma una volta al comando Napoleone, il capo dei maiali, fa cacciare il suo compagno di lotta Palladineve che si era messo in testa di istruire pecore, conigli, cavalli e pollame vario: l’istruzione delle folle è un pericolo per chi vuole poterle manovrare a proprio piacimento. Ecco allora che Palladineve, da eroe della Rivoluzione, decade al ruolo di nemico numero uno, al quale si possono attribuire tutti i mali e tutti i guai che possono capitare. Per fare questo però bisogna poter convincere la gente ed ecco che se ne incarica un maiale fedele a Napoleone: basta ripetere molte volte degli slogan ben mirati e la “plebe”, che non può accedere ad altre fonti di informazione, vince lo sconcerto iniziale  e accetta la nuova versione dei fatti. Altro passo importante è il cambio delle regole in corso d’opera con piccole, ma sostanziali modifiche, ad esempio al primo comandamento “GLI ANIMALI SONO TUTTI UGUALI” , viene aggiunto notte tempo “MA ALCUNI SONO PIU’ UGUALI”  e così accade agli altri comandamenti scritti a grandi caratteri sui muri della fattoria.

In breve i capi  si trasformano a poco a poco in sfruttatori del tutto simili agli antichi padroni e le condizioni di vita degli animali, che con  duro lavoro assicurano loro lauti guadagni, non solo non cambiano, ma addirittura peggiorano.

L’allegoria di George Orwell è chiaramente riferita alla Rivoluzione Russa, ma si può ben adattare anche a tutte quelle situazioni in cui un capopopolo arrivato a ricoprire un’alta carica  con mezzi democratici riesce poi subdolamente ad accentrare tutti i poteri nelle mani sue e dei pochi “fedelissimi” che ne assecondano le mosse.

 

Tra libro e TV.

In questi giorni ho letto per la prima  volta (e un po’ mi vergogno di non averlo fatto prima) il romanzo di Grazia Deledda “Canne al vento”. Una videoconferenza sulla resilienza che ci viene richiesta dalla pandemia, mi ha fatto venire in mente che non potevo più ignorare questo libro, scritto dall’unica donna italiana che abbia ricevuto un premio Nobel per la letteratura.

Efix_(Carlo_D'Angelo)_e_Giacinto_(Franco_Interlenghi)_nello_sceneggiato_TV_Canne_al_vento,_1858Conoscevo già la storia di Efix, il servo fedele, e delle sue padrone grazie a uno sceneggiato televisivo del 1958 (avevo 12 anni!!!). La trama è presto detta: Ruth, Ester e Noemi sono tre sorelle, ultime di una famiglia un tempo ricca e potente, che  vivono tra gli stenti, sorrette soltanto dal loro fedelissimo servo, che le sostenta coltivando l’ultimo podere rimasto alla famiglia.  Efix si dedica con tanta abnegazione alle sue padrone per espiare una colpa segreta: è stato lui a provocare accidentalmente la morte del padre delle tre donne il giorno in cui Lia, una loro sorella, è fuggita dal paese per cercare una vita diversa da quella cui era costretta.

Un giorno arriva una lettera: Giacinto, figlio di Lia, sta arrivando al paese e chiede ospitalità alle zie. E’ un ragazzo bello e affascinante, reduce da vicende burrascose; le donne del paese se lo mangiano con gli occhi e lui, per fare bella figura, prende soldi a prestito dall’usuraia  falsificando la firma di una zia e di don Predu, il ricco cugino che vorrebbe sposare Noemi.

Quando l’usuraia pretende la restituzione del suo denaro, Giacinto rischia di finire in prigione e fugge a Nuoro, lasciando nella disperazione le zie, costrette a vendere l’ultimo pezzo di terra, Grixenda, la fidanzata e Efix che sentendosi responsabile per non averlo sorvegliato, lo va a cercare e per espiare finalmente tutti i suoi sensi di  colpa che lo divorano si mette a mendicare. Poi, sentendosi ormai vicino alla fine, ritorna al paese dalle sue padrone, che non ha mai dimenticato.  Di lì a poco morirà, contento di sapere che Giacinto si è messo sulla buona strada, lavora e sta per sposare Grixenda e che anche Noemi finalmente accetta di sposare il ricco cugino.

La Deledda ha descritto con grande maestria tutto un mondo che ormai è scomparso, dove realtà, superstizione, sentimento religioso, tradizioni, leggende, sogni si mescolano in continuazione. Sono inoltre bellissime le sue descrizioni del paesaggio sardo.

Mentre leggevo, immaginavo Efix con le sembianze di Carlo D’Angelo, Giacinto con quelle di Franco Interlenghi e Cosetta Greco nei panni di Noemi. Erano attori che venivano dalle vecchie scuole di recitazione in cui si imparava a declamare ogni battuta con una pronuncia perfetta.

Ora dicono che non sia più richiesto lo studio della dizione e gli attori, che possono contare sull’apporto  dei microfoni ,  spesso sussurrano le loro battute complicando la vita a chi come me non ha più orecchie  nuove di zecca.

Ho  richiesto il libro alla biblioteca comunale di Erba che in questo periodo assicura la consegna dei libri a domicilio: un servizio prezioso!!

 

A proposito di amicizia…

Il telegiornale ha appena finito di parlare della lettera del card. di Bologna per omaggiare il suo amico Guccini che compie oggi 80 anni.

A volte il termine amicizia viene usato a sproposito, soprattutto se si tiene conto di quanto ne scrive S. Agostino nelle sue “Confessioni” dopo la morte  di un caro amico.

amicizia“….Altri legami avvincevano ulteriormente il mio animo: i colloqui, le risa in compagnia, lo scambio di cortesie affettuose, le comuni letture di libri ameni, i comuni passatempi ora frivoli ora decorosi. I dissensi occasionali, senza rancore, come di ogni uomo con se stesso, e i più frequenti consensi, insaporiti dai medesimi, rarissimi dissensi, l’essere ognuno dell’altro ora maestro ora discepolo, la nostalgia impaziente di chi è lontano, le accoglienze festose di chi ritorna…..!   (Libro IV – cap. 8)

Questa sintonia di pensieri e sentimenti è piuttosto rara ed è una vera fortuna poter vivere un’esperienza di amicizia così profonda….forse per questo si dice che “chi trova un amico, trova un tesoro”.

I tempi cambiano, ma i problemi sono gli stessi…

Veramente nel tempo sono cambiati soltanto i mezzi tecnologici a disposizione, ma il modo di pensare della gente è rimasto uguale…

In questi giorni sto leggendo “Le Confessioni” di S. Agostino (dopo averne letto numerosi frammenti e innumerevoli citazioni) e subito, nelle prime pagine, mi sono un po’ meravigliata: il Santo attribuisce alle letture dei classici di Omero il germe della corruzione che ha caratterizzato i suoi primi anni di vita. Per noi oggi sono una lettura di formazione: rappresentano le nostre radici culturali più profonde.

Qualche tempo fa, leggevo invece “Cani perduti senza collare”, ambientato alla fine della seconda guerra mondiale, e qui uno dei protagonisti inveiva contro le pellicole cinematografiche, colpevoli di prospettare ai più giovani modelli comportamentali devianti.

Quando i miei figli erano piccoli, spesso mi toccava sgridarli per distoglierli dallo schermo televisivo e me la prendevo soprattutto con certi cartoni intrisi di violenza, che, a mio dire, dovevano certamente nuocere alle loro menti e alle loro intelligenze, ma a vederli adesso , che sono diventati bravissimi genitori, direi  non hanno subito danni  evidenti.

bambini e cellulari

 

 

 

 

 

 

I genitori di oggi, infine, se la pigliano coi videogiochi e coi telefonini, che effettivamente sembrano ipnotizzare i nostri bambini e i nostri ragazzi, e vedono invece con minore ostilità i programmi TV.

Chissà con quali diavolerie se la piglieranno i genitori del 22° secolo….!!!

Morale della favola: noi adulti abbiamo sempre bisogno di individuare un nemico, che ostacola il nostro compito educativo, ma forse, in condizioni ambientali  normali,  nel cervello dei bambini ci sono degli anticorpi che a un certo punto entrano in azione e neutralizzano gli eventuali possibili danni subiti dall’ ambiente.