Poesia: Marzo (R. Pezzani)

Ruscello tra la neve in Val di Rhêmes
Ruscello tra la neve in Val di Rhêmes

Marzo
Nel fiato di marzo la neve
diventa ruscello che ha fretta
e tutta la terra ne beve
per fare più fresca l’erbetta
che trema per nulla, stupita,
che sia così bella la vita. (Renzo Pezzani)

Che bella gioiosa immagine è riuscito a creare Renzo Pezzani con queste poche righe!

Il vento, il fiato di Marzo, scioglie la neve, che diventa un  ruscello e risveglia la vita nei prati. Lo stupore dell’erba tremula appena spuntata, è lo stupore del poeta stesso per il miracolo della natura che rinasce ogni anno. Pezzani usa parole semplici e i suoi versi scorrono come strofe di una canzone che mette allegria.

Quando impareremo?

Stiamo assistendo al ripetersi della follia della guerra da troppo tempo e credo che ogni persona di buon senso si stia angosciando ogni giorno davanti alle immagini di distruzione e morte che vengono da luoghi così vicini a noi.

Al tempo della guerra in Vietnam c’era una donna, Joan Baez, che cantava : Quando impareranno? i fiori sono finiti tutti sulle tombe dei soldati morti. E a distanza di tanto tempo anche noi ci chiediamo: Quando impareremo?:
https://youtu.be/p3ly8cyWvkw?si=5_-GhkBadlr_t1Qy

Where have all the flowers gone
Long time passing?
Where have all the flowers gone
Long time ago?
Where have all the flowers gone?
Young girls picked them every one
When will they ever learn?
When will they ever learn?

Where have all the young girls gone
Long time passing?
Where have all the young girls gone
Long time ago?
Where have all the young girls gone?
Gone to young men every one
When will they ever learn?
When will they ever learn?

Where have all the young men gone
Long time passing?
Where have all the young men gone
Long time ago?
Where have all the young men gone?
They are all in uniform
When will they ever learn?
When will they ever learn?

Where have all the soldiers gone
Long time passing?
Where have all the soldiers gone
Long time ago?
Where have all the soldiers gone?
Gone to graveyards every one
When will they ever learn?
When will they ever learn?

Traduzione in italiano)

Dove Sono Andati A Finire Tutti I Fiori?

Dove sono andati a finire tutti i fiori
Col passare tanto tempo?
Dove dono andati a finire tutti i fiori
Tanto tempo fa?
Dove sono andati a finire tutti i fiori?
Le giovani li hanno raccolti tutti
Quando mai impareranno?
Quando mai impareranno?

Dove sono andate a finire tutte le giovani
Col passare tanto tempo?
Dove sono andate a finire tutte le giovani
Tanto tempo fa?
Dove sono andate a finire tutte le giovani?
Sono andate tutte dai giovanotti
Quando mai impareranno?
Quando mai impareranno?

Dove sono andati a finire tutti i giovanotti
Col passare tanto tempo?
Dove sono andati a finire tutti i giovanotti
Tanto tempo fa?
Dove sono andati a finire tutti i giovanotti?
Sono tutti in uniforme
Quando mai impareranno?
Quando mai impareranno?

Dove sono andati a finire tutti i soldati
Col passare tanto tempo
Dove sono andati a finire tutti i soldati
Tanto tempo fa?
Dove sono andati a finire tutti i soldati?
Sono tutti andati al cimitero
Quando mai impareranno?
Quando mai impareranno?

Poesie: Febbraio (R. Pezzani)

Se ridi, o febbraio piccino,
col sole sia pure d’un dì,
è un riso che dura pochino,
pochino pochino così.

Appena quel tanto che basta
a fare cantare le gronde
dell’acqua mutevole e casta
che lascia la neve che fonde.

Ma basta quel primo turchino,
quel po’ d’intravvista speranza
a dare una nuova fragranza
al cuore e al destino.

E’ una piacevole poesia questa di Renzo Pezzani: alle parole semplici, si accompagna la musicalità gentile delle rime e la scelta di immagini che danno allegria. E’ evidente che parla di un febbraio d’altri tempi, quando ancora il freddo non mollava la sua presa ed era spesso il mese più difficile di tutto l’inverno.

Leggendo questa poesia mi è venuta la curiosità di saperne di più sul suo autore e ho scoperto la vita di un uomo dalle passioni forti che lo hanno trascinato in diverse avventure di segno diametralmente opposto: prima interventista e volontario nella Grande Guerra, poi pacifista e sindacalista; da simpatizzante del fascismo nascente ad oppositore del regime.

Trova infine la sua serenità nell’incontro con la religione, ma non muore il suo amore per la letteratura e la poesia, così  tenta più volte di fondare una propria casa editrice, ma ogni volta sprofonda nei debiti.

Credo sia stato il tipo di uomo che ha il coraggio di seguire il suo cuore senza fare troppi calcoli preventivi,  ma ha anche il coraggio di capire i propri errori e quindi di ritornare sui suoi passi. Se poi aggiungiamo che è emiliano come me, mi è ancora più simpatico.

Inno calcistico o poesia? (Per Gigi)

Un’amica carissima mi ha segnalato questo inno della squadra del Liverpool, che sorprende per la bellezza dei versi e per il sentimento di empatia che lo pervade.

Solitamente gli inni calcistici tendono ad esaltare la propria squadra con toni bellicosi, incitano a farsi valere contro gli avversari; questo inno invece vuole essere una dichiarazione di affetto dei tifosi per i propri giocatori, assicurando loro il proprio sostegno anche nei momenti più bui. Una bella lezione di vera sportività.

Mi piace riportare questo inno proprio oggi in cui i notiziari riportano la triste notizia della morte improvvisa di Gigi Riva, un calciatore che ha impersonato il modello del vero campione, che sa anteporre i valori dello sport ai soldi, cosa davvero eccezionale nel mondo sportivo di oggi.

Riposa in pace, Gigi! Certamente in questo tuo ultimo viaggio non sei da solo: ti accompagnano l’affetto, la gratitudine e la stima dei tanti a cui hai regalato momenti indimenticabili.

When you walk through a storm
Hold your head up high
And don’t be afraid of the dark

Quando cammini attraverso una tempesta
Mantieni la testa alta
E non avere paura del buio

At the end of the storm
Is a golden sky
And the sweet silver song of a lark

Alla fine della tempesta
C’è un cielo dorato
E il dolce canto argentato di un’allodola

Walk on through the wind
Walk on through the rain
Though your dreams be tossed and blown

Continua a camminare attraverso il vento
Continua a camminare attraverso la pioggia
Anche se i tuoi sogni verranno scossi e spazzati via

Walk on walk on with hope in your heart
And you’ll never walk alone

Continua a camminare con la speranza nel cuore
E non camminerai mai da solo

You’ll never walk alone

Non camminerai mai da solo

Walk on walk on with hope in your heart
And you’ll never walk alone

Continua a camminare con la speranza nel cuore
E non camminerai mai da solo

GIA’ LA PIOGGIA E’ CON NOI (S. Quasimodo)

Quella appena trascorsa è stata una notte di lampi, tuoni e pioggia battente.

Era impossibile dormire. Ogni tanto scrutavo da dietro le imposte per vedere quello che stava accadendo, sperando che non accadesse nulla di grave. Di questi tempi le piogge hanno assunto caratteristiche inquietanti: o restano assenti per lunghi mesi o cadono a dirotto con una forza distruttiva che non conoscevamo prima.

Quasimodo nella poesia che segue parla invece di una pioggia che non fa paura, che scuote appena l’aria, che alimenta i laghetti lombardi e che porta con sé l’annuncio di un anno che sta per finire.

 

Già la pioggia è con noi,
scuote l’aria silenziosa.
Le rondini sfiorano le acque spente
presso i laghetti lombardi,
volano come gabbiani sui piccoli pesci;
il fieno odora oltre i recinti degli orti.

Ancora un anno è bruciato,
senza un lamento, senza un grido
levato a vincere d’improvviso un giorno.

 

 

Poesia: Nonno (Grazia Rapisarda)

Tremano le tue mani
Mentre tengono stretto questo cuore di vecchio
Che non fugga via l’ultimo battito
Trascinato dai venti silenziosi della morte.

Lei si avvinghia nera
Sulle tue dita scarne di uomo.
Artigli petrosi che freddano respiri e affanni
Ultime grida di amore, gelose di attimi e silenzi.

Guardo i tuoi occhi, vuoti e asciutti. Fissano il niente.
Paiono gocce di cielo, velato di bianco.
Sono i ricordi che vedi correre impauriti, cercando spazi sicuri?

Tutto tace. Se la vita ci appartiene,
Perche’ mai questo strazio senza nome?

Nonno Dante stava morendo: in realtà l’uomo orgoglioso, onesto, forte che era, era stato spento da molto tempo dall’Alzheimer, ma restava attaccato alla vita in modo ferocemente tenace e Grazia ricorda quelle sue mani rattrappite e quegli occhi, ormai vuoti da tempo, dietro cui forse, chissà … balenavano ancora pensieri e sentimenti?

La domanda finale, non ha risposta, perché è sbagliata nella sua premessa: la vita non ci appartiene,  ci è donata; possiamo disporne per un tempo determinato e cercare di renderla più piacevole o possiamo complicarcela in tanti modi, ma alla fine dobbiamo renderla:  all’Unico Padrone della vita, se siamo credenti, o a madre Natura.

Le immagini che Grazia ha saputo creare sono particolarmente efficaci e sanno rendere bene il dramma della morte lenta e tragica di chi ha subito l’onta di morire prima di morire veramente.

Per Francesco Gottardi

La morte di un poeta rende un po’ più povero il nostro mondo. Francesco Maria Gottardi, detto Franco, ci ha lasciato. E’ stato un apprezzato gioielliere di Erba, ma è stato anche un fine poeta dialettale che ho conosciuto all’UTE quando ci leggeva le poesie dei poeti comaschi, facendoci di volta in volta sorridere o commuovere.

Per rendergli omaggio e per dirgli il mio personale “grazie” pubblico qui una sua poesia con traduzione- E’ scritta nel dialetto di Trento, città di origine della sua famiglia e racconta dei tempi in cui la città era sotto il dominio austriaco.

poesia di gottardi

Poesia: Ottobre ( V. Cardarelli)

Un tempo, era d’estate,

era a quel fuoco, a quegli ardori,

che si svegliava la mia fantasia.

nclino adesso all’autunno

dal colore chIe inebria,

amo la stanca stagione

che ha già vendemmiato.

Niente più mi somiglia,

nulla più mi consola,

di quest’aria che odora

di mosto e di vino,

di questo vecchio sole ottobrino

che splende sulla vigne saccheggiate.

Sole d’autunno inatteso,

che splendi come in un di là,

con tenera perdizione

e vagabonda felicità,

tu ci trovi fiaccati,

vòlti al peggio e la morte nell’anima.

Ecco perché ci piaci,

vago sole superstite

che non sai dirci addio,

sole che rivediamo,

col tuo giungere ogni mattina

come un nuovo miracolo,

tanto più bello quanto più t’inoltri

e sei lì per spirare.

E di queste incredibili giornate

vai componendo la tua stagione

ch’è tutta una dolcissima agonia.

(Da “Il sole a picco”, L’Italiano, Bologna 1929)

Forse è così per tutti: con l’avanzare dell’età non amiamo più gli eccessi dell’estate: il sole cocente, le giornate interminabili, la smania di andare via…

L’autunno meglio si adatta a quel velo di malinconia che si coglie negli occhi di chi non è più giovane e gode del dolce sole d’ottobre che riappare ogni mattina, come un miracolo che si ripete inaspettatamente.

Poesie: Autunno – Il ritorno del sole – (A. Rossini)

Autunno
Cupo il cielo stamattina,
fredda l’ aria settembrina,
trema l’ erba di quel prato
che oggi il sole ha abbandonato.
Più non sento gli uccellini:
son nascosti poverini
ed aspettano il tepore
che rallegra un poco il cuore.
Triste un’ ape vola piano,
è venuta da lontano
per posarsi su quel fiore
che conserva il suo colore.
Soffia lieve ancor la brezza
che una nuvola accarezza
e l’ azzurro ora compare:
sembra tutto illuminare!

Il ritorno del sole

Spiove……ed ecco un raggio
che si insinua birichino
fra le nubi di passaggio
ed illumina il mattino.
Sulle foglie ancor bagnate
di quell’ acero un po’ stanco
mille gemme colorate
brillan sotto un cielo bianco.
Fra i rami un uccellino
ora inizia a cinguettare,
ama il caldo del mattino
che la pioggia fa scordare.
Nulla dura mai in eterno,
torna e splende sempre il sole
e, se arriverà l’ inverno,
non scordar queste parole.

Ecco due piacevolissime poesie di una persona a me molto cara che si firma con lo pseudonimo di Andrea Rossini.

E’ veramente straordinaria la sua facilità di creare immagini,  ritmi e cadenze di grande musicalità, ispirandosi alle cose semplici che vede attorno a sé. Grazie, Andrea, per avermi fatto dono di queste tue poesie deliziose.

Poesia: Donne mie (D. Maraini)

Da un anno in Iran le donne lottano per il diritto di esistere come esseri liberi e pensanti e da molto tempo in Afghanistan le donne si vedono negare ogni diritto.  Pensando a loro, ho cercato e trovato questa poesie di Dacia Maraini.

Donne mie

Donne mie illudenti e illuse che frequentate le università liberali,
imparate latino, greco, storia, matematica, filosofia;
nessuno però vi insegna ad essere orgogliose, sicure, feroci, impavide.
A che vi serve la storia se vi insegna che il soggetto
unto e bisunto dall’olio di Dio è l’uomo
e la donna è l’oggetto passivo di tutti
i tempi? A che vi serve il latino e il greco
se poi piantate tutto in asso per andare
a servire quell’unico marito adorato
che ha bisogno di voi come di una mamma?
Donne mie impaurite di apparire poco
femminili, subendo le minacce ricattatorie
dei vostri uomini, donne che rifuggite
da ogni rivendicazione per fiacchezza
di cuore e stoltezza ereditaria e bontà
candida e onesta. Preferirei morire
piuttosto che chiedere a voce alta i vostri
diritti calpestati mille volte sotto le scarpe.
Donne mie che siete pigre, angosciate, impaurite,
sappiate che se volete diventare persone
e non oggetti, dovete fare subito una guerra
dolorosa e gioiosa, non contro gli uomini, ma
contro voi stesse che vi cavate gli occhi
con le dita per non vedere le ingiustizie
che vi fanno. Una guerra grandiosa contro chi
vi considera delle nemiche, delle rivali,
degli oggetti altrui; contro chi vi ingiuria
tutti i giorni senza neanche saperlo,
contro chi vi tradisce senza volerlo,
contro l’idolo donna che vi guarda seducente
da una cornice di rose sfatte ogni mattina
e vi fa mutilate e perse prima ancora di nascere,
scintillanti di collane, ma prive di braccia,
di gambe, di bocca, di cuore, possedendo per bagaglio
solo un amore teso, lungo, abbacinato e doveroso
(il dovere di amare ti fa odiare l’amore, lo so)
un’ amore senza scelte, istintivo e brutale.
Da questo amore appiccicoso e celeste dobbiamo uscire
donne mie, stringendoci fra noi per solidarietà
di intenti, libere infine di essere noi
intere, forti, sicure, donne senza paura.