Film: Holdovers- Lezioni di vita

Da alcuni anni a Erba si ripete la bella iniziativa dei “Pomeriggi al cinema” (cliccando sul link troverete notizie sull’iniziativa: da chi è organizzata, da quanto tempo e qual è il programma di questo autunno).

Ieri è stato proiettato il film “Holdovers – Lezioni di vita”. E’ ambientato nel 1970, in un collegio del Middle West. E’ tempo di vacanze natalizie; gli alunni tornano alle loro case, ma solo Angus, all’ultimo momento, viene avvisato dalla madre che non può tornare a casa: lei sta partendo per la luna di miele col suo nuovo compagno. Insieme a lui restano anche il professore di storia, il più odiato dagli studenti e dai colleghi, e la cuoca che ha appena perso un figlio nella guerra del Vietnam.

Per tutte queste tre persone il Natale si annuncia come il più triste della loro vita, ma la convivenza forzata consente loro di conoscersi al di là di come sono apparsi l’un l’altro fino a quel momento: la cuoca rivela tutta la sua carica umana e la sua sensibilità di mamma; il professore confessa tutte le sue fragilità e le sue insicurezze che nasconde dietro la sua aria dispotica e fredda; Angus non è solo quel ragazzaccio antipatico e ribelle che si fa espellere da tutte le scuole, ma è un ragazzo sensibile, segnato da una profonda sofferenza. Sarà proprio Angus a dire durante il pranzo di Natale, che non si è mai sentito in famiglia come con quei suoi due compagni di solitudine.

E’ un film molto piacevole, ben interpretato , dove si alternano momenti divertenti a momenti di intensa commozione.

Se ne avete occasione, andate a vederlo.

Che scuola!!

Sento spesso denigrare la scuola italiana, che, secondo il parere di molti, sarebbe peggiorata in questi ultimi anni per la difficoltà di integrare bambini stranieri che non parlano ancora la nostra lingua.

Certamente non sarà facile per gli insegnanti adeguarsi alle diverse esigenze di una scolaresca spesso molto disomogenea, tuttavia credo che l’impostazione filosofica della nostra scuola ritenga l’insegnamento un servizio da offrire ai giovani perché possano inserirsi al meglio nella società.

Non dappertutto è così: c’è anche chi, privilegiando le scuole private ad alto costo, mette al centro delle sue attività non i bisogni dei ragazzi, ma la necessità della scuola di ottenere un “rating” tale da aumentare il proprio prestigio e attirare così iscritti e finanziamenti.

E allora ecco programmazioni assurde con carichi di lavoro per i ragazzi al di fuori di ogni logica, sia per livello di proposte, sia per quantità di richieste… così non è più scuola …

Poesia: La grande speranza (A. Merini)

È così diseguale la mia vita

da quello che vorrei sapere.

Eppure al di là di ogni immondizia

e sutura, c’è la grande speranza

che il tempo redima i folli

e l’amore spazzi via ogni cosa

e lasci inaspettatamente viva

una rima baciata.

Alda Merini

“Che il tempo redima i folli e che l’amore spazzi via ogni cosa”: ecco la grande speranza di Alda Merini. Ed è la mia stessa speranza.

In un momento così denso di inquietudini e di orrori, perdere la speranza sarebbe il più grave degli errori, perchè smetteremmo di fare anche quel poco di bene che le occasioni della vita ci possono consentire.

Si può ancora sperare, come ci dice Papa Francesco?

Da un po’ di tempo non passa giorno senza che venga annunciata la notizia di una strage familiare o di fatti di sangue talmente orribili da far accapponare la pelle.

A volte, per consolarmi, mi dico che forse queste cose sono sempre accadute, ma un tempo avevano meno risonanza perché l’ informazione era meno capillare e meno rapida… ma questo certo non basta ad acquietare le mie ansie. Cosa può spingere una madre a uccidere il proprio figlio, un padre a uccidere moglie e figli, un figlio a uccidere la propria famiglia?

E cosa dire delle guerre in corso? Ogni giorno bombardamenti e attacchi terroristici provocano centinaia di vittime tra civili inermi e ogni giorno si fa più concreto il pericolo di una guerra su vasta scala con conseguenze non immaginabili, data la potenza delle armi che potrebbero essere utilizzate…

Viene la tentazione di perdere la speranza, che è indispensabile per affrontare la vita di tutti i giorni e per superare la paura del domani.

Forse per questo Papa Francesco che ha certamente una visione del mondo da un osservatorio privilegiato, avendo nunzi apostolici in ogni parte del mondo, ha pensato bene di indicare , per il Giubileo, 2025, il tema della speranza.

E io spero che questa esortazione a sperare possa conquistare i cuori di tanta gente, perché il mondo possa diventare un luogo migliore.

Si era alla fine dell’estate …

Si era alla fine dell’estate. Bisognava raccogliere il mais, seminato in primavera in un campo al “Punt di gaj” (ponte dei galli – non so se scrivere Galli o galli). I terreni erano di proprietà di una famiglia numerosa; ricordo i nomi di qualcuno dei fratelli: Ada, Albertino, Cesarina (che aveva perso una gamba sotto i bombardamenti) . Non so quale tipo di contratto fosse stato stipulato (certamente solo a voce) per consentire ai miei di coltivare uno dei loro campi.

Dopo la semina primaverile seguivo spesso mia madre e mio padre che andavano a sarchiare le piantine durante la loro crescita. A un certo punto, non saprei dire quando, bisognava fare la “séma”, cioè si tagliava la cima della pianta( forse per consentirle di far ingrossare di più le pannocchie?)

Poi le foglie della pianta cominciavano a seccare, il loro ciuffo diventava scuro e quando i chicchi erano ben maturi si decideva il momento del raccolto.

Quell’anno era tornato a casa in licenza mio fratello maggiore Vincenzo che stava facendo il servizio militare e anche lui venne coinvolto nella raccolta del mais. Ho in mente l’immagine di lui che , rosso di fatica , di caldo e grondante sudore, arrivava al carro che sostava sul sentiero e lì scaricava la cassetta piena di pannocchie che portava sulle spalle. Io avevo forse 6/7 anni e collaboravo andando a prendere l’acqua alla fattoria e distribuendola a chi stava lavorando. Quando non ero occupata in questa incombenza andavo spesso nei filari vicini a raccogliere qualche grappolo d’uva ormai quasi matura e me la gustavo anche e soprattutto se era ancora un po’ asprigna. Anche meli e peri godevano del privilegio di qualche mia visita.

Intanto il carro si riempiva e a sera il granoturco veniva scaricato sull’aia . Non ricordo come in quell’occasione si sia effettuata la spannocchiatura, ma ricordo bene una sera quando tutti i vicini si sono radunati su un’aia della contrada per questa operazione.

Al centro le pannocchie formavano una piccola montagna, attorno erano seduti su cassette gli spannocchiatori alla luce flebile di un paio di lampade elettriche. C’era un’aria di festa; i grandi lavoravano e chiacchieravano tra loro e ogni tanto si sentiva lo scoppio di qualche risata . Anche noi bambini ci sentivamo coinvolti in questa atmosfera e partecipavamo per un po’ alla separazione delle pannocchie dalle brattee che le ricoprivano, ma poi ci allontanavamo un po’ dall’aia illuminata e giocavamo a nascondino nel buio.


Per ricompensa gli spannocchiatori ricevevano un bicchier di vino o qualche biscotto preparato dalla “rasdora” e alla fine qualcuno tirava fuori una fisarmonica ( mi pare di ricordare un nome: Luciano) e l’aia diventava una balera all’aperto.

Ricordo che mentre tornavamo a casa, quella musica allegra accompagnava i nostri passi, mentre diventava sempre più flebile…

Un nuovo trend?

Sono in atto cambiamenti epocali, che rendono questo momento storico inquieto e spesso inquietante; tante oscure nubi sembrano voler occupare l’orizzonte: guerre, carestie, tecnologia disumanizzante, cambiamento climatico, disuguaglianze sociali e diritti negati. Cosa resta da fare a noi comuni mortali? Lamentarsi e piangere non ha mai prodotto effetti positivi; forse vale la pena cercare i segnali “buoni” che pure esistono, e che ogni tanto riescono ad affiorare, e contribuire a metterli in evidenza per alimentare la speranza, una virtù indispensabile per continuare ad accettare la fatica di vivere.

In questi giorni mi ha fatto piacere vedere come i giovani campioni del tennis, Sinner, Musetti, Alcaraz, Draper, Zverev, abbiano inteso dare di sé un’immagine positiva, ribadendo l’importanza dell’amicizia, della correttezza, della lealtà, della gentilezza. Ho visto anche molti personaggi dello spettacolo anche di grande fama, mettersi al servizio di iniziative umanitarie e solidali: forse essere maleducati e trasgressivi a tutti i costi non è più così di moda.

Questo mi sembra un fatto che può incoraggiare i nostri ragazzi a ignorare i modelli e i messaggi negativi che possono frastrnarli e confonderli.

Se l’essere persone autenticamente perbene (e non moralisticamente ipocrite) diventa un “trend” vincente, si può ancora sperare…

Letture: il senso di una fine (J. Barnes)

Tony è ormai in pensione e ha una vita tranquilla da uomo divorziato da tanti anni e quindi solo. Si dedica ai suoi hobby e al volontariato e ogni tanto telefona alla figlia lontana e incontra l’ex-moglie per un caffè, da buoni amici.

Un giorno gli arriva una lettera che gli comunica di aver ereditato una piccola somma di danaro e il diario di Adrian, un vecchio compagno di scuola , da una donna incontrata un giorno di 40 anni prima.

La cosa gli sembra molto strana e per cercare di capire va col pensiero a quegli anni giovanili. Adrian era il più intelligente del gruppo e si era presto suicidato; la sua morte aveva sempre avuto un alone di eroicità perché, secondo i suoi amici (e anche secondo Tony) aveva avuto il coraggio e la freddezza di rifiutare quel dono della vita che lui diceva di non aver chiesto.

Il denaro gli arriva, ma non riesce ad avere il diario dell’amico, di cui si è impossessata Veronica, la sua ragazza di un tempo che, dopo la fine brusca della loro relazione, si era fidanzata con Adrian. Per ottenere quel diario, cerca in ogni modo di ritrovare Veronica, che alla fine accetta di incontrarlo: subito il ricordo spiacevole della fine della loro storia gliela fa sembrare fredda e distante, poi Tony quasi si illude di poter ravvivare quell’antica relazione, ma non sarà così. Nel corso delle sue indagini viene a sapere tante verità che non aveva mai compreso.

In questo romanzo c’è la fine di tante storie: la fine della relazione con Veronica, la fine della vita di Adrian (che poi non era stata così eroica, ma dettata piuttosto da codardia di fronte alle proprie responsabilità) , la fine di un matrimonio, la fine di un modo di “leggere” i propri vissuti da parte di Tony e forse anche la rivalutazione della propria mediocrità nella quale però il protagonista trova il coraggio di riconoscere i propri errori e di chiedere perdono, per poi tornare alla sua vita di prima, ma con la consapevolezza che “la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato”.

Da questo romanzo è stato tratto un film e il finale a sorpresa è la classica ciliegina sulla torta.