Arcellasco in mostra….

arcellascoOgni borgo in Italia ha una sua lunga   storia, che a volte si incrocia con la grande Storia. Arcellasco, la frazione di Erba in cui abito non fa eccezione .

E’ proprio per rinverdire alcuni momenti  di questa storia, a volte minore a volte vera STORIA, che si è pensato di  allestire in occasione dell’annuale festa patronale (SS. Pietro e Paolo) una mostra. Stiamo perciò raccogliendo fotografie, cartoline, scritti, poesie dialettali che vengono rigorosamente catalogati in modo da poterli poi restituire ai proprietari.

Certo con le foto si potrà documentare solo la storia più recente, ma sarà un’ occasione per conoscere meglio questi luoghi e le persone che lo hanno abitato prima di noi.  Per i più anziani sarà bello rivedere volti  e ricordare eventi ormai sbiaditi nella propria memoria,; per i più giovani e per chi viene da altre zone sarà interessante immergersi in una realtà pressoché sconosciuta.

La mostra prenderà il titolo da una bella foto che mostra l’arrivo in parrocchia delle campane nel 1947, campane che erano state requisite nel 43 per essere fuse e farne cannoni.  Il lavoro da fare è tanto , ma forse ne vale la pena…

Stamattina in auto….

Stamattina, andando in auto verso Lecco, ho potuto ammirare ancora una volta la bellezza di questo angolo di Lombardia: nell’azzurro intenso del cielo , spiccavano le cime innevate dei monti lontani ; il sole brillava più che mai dopo gli acquazzoni recenti e faceva scintillare l’acqua dei laghi, mentre il verde dei boschi sembrava più lussureggiante che mai. Se questi posti sono così belli ora, nonostante la cementificazione di questi ultimi decenni, chissà come dovevano apparire nel passato…..E allora mi sono ricordata della descrizione che ne fa Stendhal (circa due secoli fa) all’inizio di “La certosa di Parma” :

Pusiano……Su queste colline ineguali gli alberi nascono come vogliono, la mano dell’uomo non li ha ancora guastati, costretti a rendere. Tra queste colline stupende, movimentate, giù, a precipizio, verso il lago…….C’è nobiltà, e tenerezza, e tutto parla d’amore, non c’è niente che ricordi le brutture della civiltà. I paesi, a mezza costa, si nascondono nel folto degli alberi, e sopra si vedono spuntare i loro bei campanili; i campi sono piccoli, tra i boschi di castagni e di ciliegi selvatici…..E più lontano, stupefacenti, ecco le Alpi, coperte di neve, così severe e brusche……E poi da qualche paese nascosto dietro gli alberi, si sente suonare una campana, e la fantasia ne è provocata, e il suono cade sull’acqua , e diventa più dolce, malinconico, rassegnato……

Chiunque questa mattina abbia potuto ammirare il paesaggio, può testimoniare che Stendhal non ha esagerato….

Semplice bellezza.

WP_20160510_12_44_59_ProIn mezzo alla siepe di lauro  che delimita il mio giardino , è cresciuta una pianta di rosa canina,  che io amo in modo particolare : prima di tutto perchè è un dono di qualcuno dei merli , numerosi, che hanno colonizzato gli spazi condominiali e poi perchè apprezzo in questa pianta la sua capacità di sopravvivere  immutata forse da milioni di anni. E’ la progenitrice di tutte le rose di questo mondo,  che certo sono più appariscenti, più profumate, ma non hanno la sua semplice primordiale bellezza.

A proposito di Napoleone…..

Mi è capitato tra le mani “La certosa di Parma” di Stendhal e mi ha molto incuriosito l’incipit….

la certosa di Parma“Il 15 maggio 1796 il generale Bonaparte entrò in Milano alla testa di quel giovane esercito che aveva passato il ponte di Lodi e dimostrato al mondo che, dopo tanti secoli, Cesare e Alessandro avevano un successore. I miracoli di coraggio e genialità di cui l’Italia fu testimone, in pochi mesi risvegliarono un popolo addormentato………Nel Medio Evo i Lombardi repubblicani avevano dato prova di un coraggio non inferiore a quello dei Francesi e si erano meritati la distruzione della loro città ad opera degli imperatori tedeschi. Una volta diventati fedeli sudditi, la loro grande occupazione fu stampare sonetti su fazzolettini di taffetà rosa quando si sposava qualche ragazza nobile o ricca…….. Il 15 maggio 1796 tutto un popolo si rese conto di quanto fosse straordinariamente ridicolo, e in certi casi odioso, tutto ciò che aveva rispettato fino a quel giorno……Si capì che per poter di nuovo essere felici, dopo secoli di torpide sensazioni degradanti, bisognava amare la patria di un amore concreto e cercare di fare qualcosa di eroico…….Quei sodati francesi non facevano che ridere e cantare. Avevano meno di venticinque anni, e il loro generale in capo, che ne aveva ventisette, passava per i più anziano di tutto l’esercito. La loro vivacità, la loro giovinezza, la loro libera disinvoltura erano una risposta davvero divertente alle furibonde prediche dei preti, i quali da sei mesi avevano continuato a proclamare dal pulpito che i francesi erano dei mostri….”

Pur tenendo conto che chi scrive è un francese, e quindi potrebbe non essere del tutto imparziale, tuttavia si capisce bene quale sia stata la caratteristica vincente delle armate napoleoniche: una ventata di giovinezza ed entusiasmo che ha spazzato via la polvere di secoli di torpore , di rassegnazione e di ipocrisia perbenista.

 

Poesia: la cucitrice (G. Pascoli)

Oggi  il mio pensiero va anche alle tante donne che hanno passato la vita chine su vestiti da confezionare o su biancheria da ricamare, per contribuire al bilancio familiare, naturalmente senza trascurare tutte le altre faccende domestiche e  senza contare le ore …..un punto dopo l’altro…

LA CUCITRICE (G. Pascoli)

L’alba per la valle nera
sparpagliò le greggi bianche:
tornano ora nella sera
e s’arrampicano stanche;
una stella le conduce.
La cucitrice quadroTorna via dalla maestra
la covata e passa lenta;
c’è del biondo alla finestra
tra un basilico e una menta
è Maria che cuce e cuce.
Per chi cuci e per che cosa?
un lenzuolo? un bianco velo?
Tutto il cielo è color rosa,rosa e oro,
e tutto il cielo
sulla testa le riluce.
Alza gli occhi dal lavoro:
una lacrima? un sorriso?
Sotto il cielo rosa e oro,
chini gli occhi, chino il viso,
ella cuce, cuce, cuce.

A Monza.

Oggi, con il gruppo della Terza Età di Arcellasco, sono tornata dopo molti anni aMonza  per visitare il duomo , in particolare la cappella di Teodolinda in cui si può ammirare la corona ferrea, e il museo annesso.

La cappella del 1400 è detta di Teodolinda, perchè in essa si trova una serie impressionante di dipinti che raccontano la storia della regina dei Longobardi che fece convertire il suo popolo al cristianesimo.

Corona_ferrea,_monzaAl centro della cappella, in una specie di tabernacolo è racchiusa la corona ferrea con la quale furono incoronati Carlo Magno e Napoleone. E’ un oggetto di grande suggestione, sia per la sua oggettiva bellezza, sia per la storia che racchiude.Il duomo, eretto su una preesistente chiesa fatta costruire da Teodolinda, ha una bellissima facciata  e un interno con pareti e volte completamente ornate di dipinti : tra questi notevole è un albero della vita dipinto dall’Arcimboldo.

Nel museo desta particolare interesse il tesoro, che Teodolinda volle donare alla città di Monza .

Nel nostro paese non è necessario andare lontano per trovare cose belle da vedere; anche vicino a casa nostra c’è senz’altro qualche tesoro che vale la pena di riscoprire e ammirare.

25 Aprile spiegato ai nipotini.

25 aprileSe i miei nipoti fossero qui e mi chiedessero perchè  si fa festa , direi forse così: il 25 Aprile è il giorno in cui nel 1945 la gente si è riversata nelle strade ballando e cantando perchè con la guerra era finito anche il tempo della paura.

Sapeva che da quel giorno  il rumore di un aereo l’ avrebbe indotta solo a guardare il cielo con occhi sognanti viaggi esotici e non l’ avrebbe più costretta a  nascondersi tremando  in un rifugio o in un sotterraneo.

La gente sapeva che se avesse sentito bussare alla porta, non avrebbe più sentito sobbalzare il cuore in petto e, se avesse sentito un botto assordante, avrebbe potuto pensare a un fuoco d’ artificio e non a una bomba.

La gente sapeva che avrebbe potuto parlare senza la paura di essere spiata, che non sarebbe più stata imprigionata per aver manifestato il proprio pensiero.

La gente sapeva che stava arrivando un tempo gioioso e sereno, un tempo reso bello dalla luce e dal profumo della libertà. Per queste speranze la gente ballava , cantava , rideva mentre le campane suonavano a festa …e anche noi facciamo festa  e ogni giorno dobbiamo ricordare di non tradire quelle speranze

 

Perchè non sopporto i mandarini.

Riporto da Eldas.

Credo di appartenere all’ ultima sfortunata generazione che ha conosciuto l’ incubo invernale della “cura” dell’ olio di fegato di merluzzo.

Al mattino, quando  tii alzavi , appena uscita dalle coperte, ti dovevi confrontare con il freddo  di una stanza dai vetri istoriati dal gelo e sapevi che, oltretutto, quei  primi brividi non erano che un pallido assaggio di quelli che avresti presto sentito fin nelle ossa andando a scuola a piedi. Il tuo più grande desiderio perciò era di scendere in cucina , già riscaldata dalla stufa a legna, e di gustarti la colazione già pronta..

Ma il tuo entusiasmo veniva smorzato da una consapevolezza agghiacciante: prima della tua agognata  tazza di latte bollente e prima dell’ uovo à la coque  ti toccava  inesorabilmente di inghiottire una cucchiaiata di nauseabondo olio di fegato di merluzzo…. Quali proprietà avesse io non lo ricordo, ma penso servisse più che altro a tranquillizzare genitori e medici, consapevoli delle carenze presentate dall’ alimentazione di allora. Se, infatti, i suoi benefici fossero stati reali, credo che il suo uso non sarebbe scomparso  improvvisamente, come poi avvenne.

Già quando la mamma apriva la boccetta dell’ olio ne usciva un odore stomachevole che ti predisponeva il palato  all’ incombente trauma gustativo, poi vedevi con angoscia quel liquido viscoso riempire il grosso cucchiaio; a questo punto chiedevi alla mamma se avesse già preparato  il  provvidenziale spicchio di  mandarino . Sapevi che era inutile ribellarsi : era una tortura a cui tutti i bambini dovevano sottoporsi , lo sapevi benissimo… nessuno poteva sfuggire a quel destino.

Allora chiudevi gli occhi, aprivi la bocca e cercavi di inghiottire più in fretta che potevi per poi  ingozzarti  con qualche spicchio di mandarino che doveva cancellare dalle tue papille gustative ogni traccia del delitto.

Che sia  per questo che non sopporto i mandarini? Forse mi ricordano quell’ incubo mattutino.