Andar per viole.

Riporto qui un post scritto alla fine di un inverno di qualche anno fa…Stamattina è ricomparso il sole, dopo giorni e giorni di neve, prima, e di pioggia poi.

C’ è nell’ aria e nelle gemme rigonfie un primo presagio di primavera… questo mi riporta a quando ero piccola …C’ era una specie di gara tra noi a chi riusciva a portare alla maestra il primo mazzolino di viole raccolte nei campi.Così nei primi giorni di bel tempo al ritorno da scuola ci si metteva d’ accordo per ritrovarsi insieme e andare  “a viole”

Si poteva già uscire senza cappotto perchè il sole era già tiepido nelle ore centrali del giorno.Si andava per i sentieri scavalcando qua e là i fossatelli pieni d’ acqua che percorrevano la campagna.C’ erano i contadini nei campi che terminavano le potature o che raccoglievano le fascine e che, senza parere, ci tenevano d’ occhio. Noi correvamo verso le rive dei fossi dove le viole fiorivano prima e capitava di attraversare i campi arati già dall’ autunno e che avevano riposato per tutto l’ inverno sotto la neve. Il gelo aveva formato sulle zolle una crosta superficiale friabile. Calpestandola, si sbriciolava e la terra ti riempiva le scarpe, così dovevi toglierle e i piedi affondavano fino a trovare gli strati di terra sottostanti ancora gelidi. Poi la corsa riprendeva per raggiungere gli altri che nel frattempo avevano proseguito l’ esplorazione. Le viole più ambite erano quelle a gambo lungo e anche quelle bianche erano particolarmente apprezzate. Ognuno di noi componeva il suo mazzetto senza dimenticare di aggiungere qualche foglia per renderlo esteticamente più gradevole e con quel trofeo profumato si tornava a casa. La mattina dopo si cercava di arrivare a scuola un po’ prima del solito per poter mettere le viole nel vasetto sulla cattedra , così la maestra avrebbe mostrato sorpresa e avrebbe ringraziato di quel segno inequivocabile di primavera