UTE: Lezione di Felicità – Kafka: opere.

La prof.ssa Tatafiore oggi ha parlato di Epicuro leggendoci quanto il filosofo greco scriveva al figlio Meneceo.

Siamo nel IV/III secolo a. C. La polis, in cui i cittadini sentivano di aver una loro importanza, un loro ruolo nella vita della comunità, attraversa un periodo di forte crisi  e bisogna adeguare ai tempi nuovi il modo di intendere la vita. Epicuro scrive una lettera al figlio elencando una serie di precetti cui attenersi per cercare di raggiungere la felicità, che non è allegria o euforia.

La felicità è essere soddisfatti di sé, sentirsi realizzati attraverso l’esercizio della virtù e della razionalità.

Se per Platone la felicità consiste nella conoscenza del mondo delle idee e per Aristotele nella conoscenza della realtà, per Epicuro  la filosofia  è il mezzo per raggiungere la felicità perché essa è la medicina dell’anima e necessita di esercizio e di impegno.

Non c’è età per filosofare e quindi per  raggiungere la felicità. E’ importante avere un gruppo di amici coi quali riunirsi per filosofare.

Epicuro raccomanda al figlio il rispetto delle divinità, ma senza avere timore dei loro castighi, infatti le divinità sono esseri beati e immortali che non si curano di ciò che fanno gli umani. Non si deve nemmeno temere la morte perchè se c’è la morte noi non ci siamo e se ci siamo noi la morte non c’è, pertanto preoccupiamoci di vivere bene il nostro presente e di godere dei piaceri  che la vita ci può dare. E’ naturale perseguire il piacere e fuggire il dolore, ma solo la saggezza ci porta a riconoscere ciò che è bene e ciò che è male. Il piacere vero è quello che proviamo quando raggiungiamo l’equilibrio interiore

La filosofia porta alla prudenza e alla felicità.

____________________________________________

Continuando il suo discorso su Kafka, il prof. Porro puntualizza il condizionamento subito dal disprezzo del padre che voleva fare di lui un uomo d’affari e non tollerava il suo amore per la letteratura e l’arte. L’anno più prolifico nella sua pur breve vita fu il 1912 in cui scrisse le sue opere più importanti. Si era infatti invaghito di una ragazza tedesca con la quale intraprese una fitta corrispondenza epistolare: scrivere quelle lettere gli dava sollievo e sicurezza. Ma lui si sente inadatto al matrimonio e la storia finisce con un tragico incontro con la ragazza e il padre di lei. Proprio da quest’ultimo episodio parrebbe aver tratto ispirazione per il suo romanzo intitolato “Il Processo”.  La storia narrata in questa sua opera inizia con l’arresto immotivato del protagonista, a cui non viene mai notificato il capo d’accusa e questo da il via a situazioni assurde, così come è assurda la vita reale per lo scrittore .

Un altro pomeriggio piacevole…