Mi è capitato di leggere questo famoso romanzo di Dostoevskij, la cui trama è facilmente rintracciabile e quindi non mi ci soffermo.
L’autore del romanzo era affetto da ludopatia ed ha quindi ben descritto il mondo del gioco d’azzardo e l’attrazione fatale che esso può esercitare su certe persone. Tutto comincia di solito con una vincita fortunata e cospicua, che illude il giocatore; questi, sentendosi in grado di controllare la situazione, non riesce a fermarsi quando inizia a perdere, convinto di potersi rifare con puntate sempre più rischiose. E’ così che la nonnina, che tutti credevano in fin di vita e che invece piomba nella città termale dove i protagonisti soggiornano, perde buona parte del suo patrimonio gettando nella disperazione tutti suoi aspiranti e impazienti eredi. Anche il giovane protagonista, da semplice precettore, diventa prima giocatore per conto di altri poi utilizzando denaro proprio; la sua momentanea fortuna al gioco, deciderà del destino di questo giovane che vedrà la sua vita sconvolta per sempre.
Dostoevskij è sempre bravo a tratteggiare i suoi personaggi, sa analizzarne la psicologia e le motivazioni, le debolezze e le meschinità: ne esce il quadro di certa scioperata società russa del suo tempo molto attenta alla distinzione tra classi sociali, a certe convenzioni, poco incline al lavoro, il cui unico valore, unanimemente riconosciuto, è quello del danaro, che condiziona anche i sentimenti.
Si dice che questo libro sia stato scritto in un mese, sotto la pressione dei debiti contratti dall’autore e per la conseguente necessità di pubblicare al più presto possibile, ma il risultato non ne risente .
