A Somasca.

Ieri ho visto, grazie a una mia cara amica, un angolo di Brianza che non conoscevo e che mi ha colpito per la sua bellezza e per la sua spiritualità. Siamo infatti andate a Somasca, un borgo appena sopra Lecco, dove ha svolto la sua attività negli ultimi anni di vita S. Girolamo Miani ( o Emiliani).

Si accede al santuario percorrendo una lunga scala le cui tappe sono segnate da cappelle con le rappresentazioni degli episodi più importanti della vita del santo. 

Man mano che si sale si allarga sempre più l’ occhio sul panorama sottostante: il lago di Garlate splende liscio sotto il sole pallido e lo sguardo può distendersi lungo il percorso dell’ Adda che proprio lì ricomincia il suo percorso verso il mare, dopo aver sostato nelle acque tranquille del lago.  Sulle rive si affollano borghi silenziosi, dalle viuzze strette che sfociano qua e là in piazzette minuscole, ma arricchite da chiese e monumenti di pregio. La gente che percorre quelle strade è particolarmente gioviale, non pare di essere in Brianza…!!

 Lungo la salita ti ritrovi sulla destra la montagna aspra , che mostra rocce grigiastre nude e ripide, ma rallegrate, ove la vita può attecchire, da ciuffi di viole e addirittura ulivi.

Arrivate al santuario ,( che sorge proprio come su un balcone che dà sul lago e sui luoghi manzoniani) il vento che pur spirava piacevolmente non bastava a spazzare via la foschia che velava il paesaggio.

 Lì abbiamo incontrato un personaggio che pareva sbucato fuori dalle pieghe del tempo: assomigliava più a un elfo o a un folletto benigno: era il sacerdote che gestisce il santuario.

La faccia abbronzata e dai lineamenti asciutti era sovrastata  da un grosso berrettaccio di lana, gli abiti erano poco curati, come quelli di uno che non ha nè mezzi nè modo di curarsi del suo look.  Su nostra richiesta ci ha raccontato questa storia: http://www.ilpuntostampa.info/2011/02/san-girolamo-emiliani-miani.html

Il suo eloquio sciolto, arguto  e quasi forbito contrastava incredibilmente con l’ impressione che ne avevo avuto in un primo momento.

Alla fine del racconto siamo ridiscese lentamente verso il paese. Ringrazio M. E. per avermi regalato un bellissimo pomeriggio.

La cinciallegra.

Nel fazzoletto di terra che si trova dietro casa, arrivano abitualmente una coppia di merli con eventuale prole da svezzare,  una quantità imprecisata di passeri che spesso si cibano dei semi delle verdure che intenderei coltivare e,  in inverno , qualche pettirosso infreddolito. 

Oggi,  mentre approfittavo di una desideratissima ora di sole (dono della proverbiale estate di S. Martino) per riordinare all’ esterno, mi è passato accanto un uccellino bellissimo, simile a quello che è rappresentato qui sopra. Era molto piccolo; si è posato sui rami del lillà ed è rimasto lì a pochi metri da me a guardarsi attorno con fare curioso, per nulla disturbato dalla mia presenza. Si è poi spostato sul melo dei vicini e ha beccato  con soddisfazione una mela un po’ appassita rimasta sui rami.

Mentre lo ammiravo mi chiedevo come  la natura abbia potuto concentrare in un esserino di pochi grammi tanta leggerezza e tanta armonia di forme e di colori. Poco dopo ha ripreso il volo ed è scomparso velocemente.

Guardando su internet ho visto che si tratta di una cinciallegra: spero che torni qui ogni tanto durante l’ inverno: potrà dividere coi merli, i passeri e i pettirossi il cibo che sempre lascio a disposizione dei piccoli amici pennuti.

E’ finita la pioggia.

Dopo tre giorni di pioggia e di buio, stamani è tornato il bel tempo e il sole ha acceso d’ un colpo i colori dell’ autunno. I boschi qui attorno sono magnifici : il giallo il rosso, il marrone, l’ arancione, il verde si mischiano e compongono una tavolozza mirabile. Le montagne sullo sfondo appena velate da una leggera foschia, mostrano qualche chiazza bianca  segno delle prime nevicate in alta quota , mentre un pennacchio di nuvole residue ne nasconde parzialmente la cima.

Passando sul ponte , si sente il gorgogliare vigoroso e allegro del Lambrone ingrossato dalle piogge recenti  

L’ atmosfera cupa e triste di qualche ora fa è stata fugata d’ un colpo.

Lambro.

Quarant’ anni fa, quando passavo accanto al fiume Lambro che scorre poco distante da qui,  scommettevo con me stessa sul colore che poteva avere in quel momento l’ acqua del fiume: a volte era blu, altri giorni era rossastra, altre volte ancora marrone ….  dipendeva da quali coloranti le fabbriche tessili dei dintorni avevano utilizzato in quel giorno. Allora si diceva che il Lambro fosse il fiume più inquinato d’ Italia e che dai suoi veleni dipendesse la maggior parte dell’ inquinamento del Po.

A scuola se ne parlava e i bambini riferivano che i loro genitori invece, da piccoli andavano spesso al fiume a pescare, mentre al  momento era pressochè privo di vita.

Poi a poco a poco le cose migliorarono:la depurazione degli scarichi industriali e domestici e, ultimamente anche la deindustrializzazione hanno reso le acque del fiume molto più limpide almeno nel tratto fino al lago.