Economia sommersa…

Ero da un’ amica. A un certo punto , scusandosi , prende il telefono e compone un numero.
– Buongiorno sig. …. Sono la signora Tal dei Tali. Qualche giorno fa mi avete montato quei serramenti che avevo ordinato da sei mesi. Il lavoro? Sì , va benissimo. Vorrei sapere se posso mandarvi un assegno o se posso fare un bonifico bancario….-

Pausa, mentre dall’ altra parte del telefono qualcuno sta dando istruzioni…..
La mia amica, dopo un po’ : Ah, allora di fattura non se ne parla e come faccio a portarle i contanti? Dovrò fare prelievi successivi e mi ci vorrà un po’ di giorni…. OK!-

Posato il telefono la mia amica mi dice:- Al sentire la parola fattura e assegno, si è infuriato come se gli avessi detto parolacce sui suoi antenati . Come posso sottrarmi alle richieste di un saldo in nero, visto che avrò ancora bisogno di altri lavori?-

Siamo alle solite… e Monti avrà bisogno di mettere in moto molti, molti controlli per stroncare questo malcostume e per fare emergere tanto lavoro sommerso … i cittadini sono spesso impotenti….

Ancora poesia all’ UTE.

Oggi all’ UTE (Università della Terza Età) nella prima ora abbiamo assistito a una bella lezione di medicina sulla tiroide, tenuta dal figlio di una mia cara amica, che poi ho cercato di salutare personalmente.
La seconda ora è stata dedicata al Pascoli, quello meno conosciuto, quello più cupo, inquieto e insieme più moderno.
La sala era piena ( e mi sembra che gli uomini siano sempre più numerosi). Tutti in religioso silenzio abbiamo ascoltato la lettura di:
ARANO
Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra paziente;
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s’ode
il suo sottil tintinnio come d’oro.

IL TEMPORALE
Un bubbolìo lontano…
Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare;
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano.

IL LAMPO
E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;

il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto

una casa apparì sparì d’un tratto;

come un occhio, che, largo, esterrefatto,

s’apri si chiuse, nella notte nera.

Sono seguite poi IL TUONO – L’ASSIUOLO – IL X AGOSTO – e per finire una versione piacevolissima de “L’ aquilone” accompagnata da immagini suggestive e dal coro a bocca chiusa della Madama Butterfly.
Alla fine la sala è esplosa in un fragoroso applauso.
Sono veramente simpatici i pensionati erbesi che dimostrano di apprezzare tanto la poesia!

Ricordo: una vacanza imprevista. (Trieste torna ad essere italiana)

Avevo 8 anni e facevo la terza elementare.
Una mattina , appena arrivati a scuola ci venne comunicato che le lezioni sarebbero state sospese:Trieste era ritornata a far parte del territorio italiano; si doveva far festa!!!

Non ricordo che cosa ci dissero e certo ci capii molto poco. Tutte le vicende del territorio di Trieste, prima dopo la fine della seconda guerra mondiale, mi erano totalmente sconosciute e forse le uniche percezioni di un problema legato a quella città mi erano pervenute tramite alcune canzoni, allora molto in voga , che sentivo alla radio e che suscitavano una certa commozione.
Ricordo ad esempio “La campana di S. Giusto” o la stessa “Vola colomba” cantata da Nilla Pizzi che a un certo punto parlava di chi “inginocchiata a S. Giusto prega con animo mesto: fa’ che il mio amore torni , ma torni presto…!”
Quello che ricordo con nitidezza era l’ atmosfera festosa che si era creata a scuola e che si era enormemente accentuata al “rompete le righe : tutti a casa !!!

E fu così che io e tutti i bambini che solitamente facevano la strada insieme a me ci avviammo verso casa con molta allegria. Tutti quelli che ci vedevano tornare a casa a quell’ ora insolita , si affacciavano sulle porte e ci chiedevano cosa fosse successo e noi rispondevamo – Trieste è tornata all’ Italia !!!!-
E tutti erano contenti. Solo a una fattoria (quella dei Patrisi) un tale, con aria di sarcasmo maligno , ci rispose: Perchè dov’ era andata? In vacanza?-
Credo che nessuno di noi bambini avesse compreso il senso di quella battuta, ma io ricordo ancora lo sconcerto che provai: perchè quel signore non era contento di quello che tutti sembravano apprezzare tanto?
Forse se anche lui avesse reagito come tutti gli altri ora non ricorderei ancora quella mattina del 26 ottobre 1954….
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Allora una parte di Italiani credeva che l’ idea comunista fosse superiore all’ idea di comunità nazionale e riteneva che le frontiere fossero destinate a dissolversi sotto l’ avanzata inesorabile dell’ ideologia, che avrebbe cancellato le disuguaglianze; molti credevano anche che questa meta dovesse essere raggiunta con qualunque mezzo……e questo portò al compimento di misfatti orrendi…. simili a quelli compiuti dai nazifascisti.

Caruso canta “La campana di S. Giusto” : http://www.youtube.com/watch?v=QFao74s6jAY

Nilla Pizzi canta :”Vola colomba bianca, vola..” http://www.youtube.com/watch?v=Zg4cCMdwFSU

Neve e dilettantismo

Polemiche infinite per le conseguenze disastrose della gestione dilettantistica dell’ emergenza neve a Roma.
Per combattere i disagi della neve bisogna conoscerla (la neve), così come occorre conoscere il mare per andare in barca o come bisogna conoscere le insidie della montagna per andare a fare escursioni in alta quota.
Più di quarant’ anni fa mi trovai a passare un inverno sull’ Appennino Emiliano: il borgo era composto da una ventina di case, c’ era un unico negozio che vendeva di tutto e una macelleria che apriva due volte la settimana. Il primo paese distava una decina di chilometri e per arrivarci c’ era un’ unica strada parzialmente asfaltata . Quando di sera o di notte cominciava a nevicare, non c’ era bisogno di scrutare il cielo per accorgersene: ai primi fiocchi infatti cominciavano a passare gli spazzaneve, che non smettevano il loro lavoro fino a che non finiva di nevicare.
Salvaguardare la percorribilità della strada che collegava quel borgo al resto del mondo era cosa troppo vitale per affrontare la situazione con leggerezza o superficialità e gli amministratori locali lo sapevano bene.

Forse Alemanno avrebbe dovuto far dotare i bus di catene da neve e avrebbe anche dovuto pretendere che anche i taxisti e tutti gli automobilisti ne fossero provvisti. Non importa se a Roma non nevica quasi mai.

Ieri un taxista romano ha ammesso candidamente che né lui, né i suoi colleghi sono provvisti di catene : certo un investimento di qualche decina di euro una tantum può essere un impegno troppo forte per i taxisti….

In partenza.

Sono in partenza per l’ Emilia : il nipotino Davide ha di nuovo mal di gola e necessita di un periodo di “vacanza” supplementare.
Pertanto a risentirci dall’ Emilia.

Una bella storia.

Questa mattina ho ricevuto via e.mail questa storia che mi pare meriti di essere raccontata:

Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d’ospedale.
Ad uno dei due uomini era permesso mettersi seduto sul letto per un’ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi dal suo corpo.
Il suo letto era vicino all’unica finestra della stanza.
L’altro uomo doveva restare sempre sdraiato. Infine i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore.

Parlarono della loro moglie delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del loro servizio militare e dei viaggi che avevano fatto.

Ogni pomeriggio l’uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori dalla finestra.

L’uomo nell’altro letto cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno.

La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto. Le anatre e i cigni giocavano nell’acqua mentre i bambini facevano navigare le loro barche giocattolo.
Giovani innamorati camminavano abbracciati tra fiori di ogni colore e c’era una bella vista della città in lontananza. Mentre l’uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l’uomo dall’altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena.

In un caldo pomeriggio l’uomo della finestra descrisse una parata che stava passando. Sebbene l’altro uomo non potesse vedere la banda, poteva sentirla. Con gli occhi della sua mente così come l’uomo dalla finestra gliela descriveva.

Passarono i giorni e le settimane. Un mattino l’infermiera del turno di giorno portò loro l’acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell’uomo vicino alla finestra, morto pacificamente nel sonno. L’infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo .

Non appena gli sembrò appropriato, l’altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. L’infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo. Lentamente, dolorosamente, l’uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno. Si sforzò e si voltò lentamente per guardare fuori dalla finestra vicino al letto. Essa si affacciava su un muro bianco.

L’uomo chiese all’infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle cose cosi meravigliose al di fuori da quella finestra.
L’infermiera rispose che l’uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro. ‘Forse, voleva farle coraggio..’ disse.

Epilogo: vi è una tremenda felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione.

Un dolore condiviso è dimezzato, ma la felicità condivisa è raddoppiata. Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare.

L’oggi è un dono, e per questo motivo che si chiama presente.

Benvenuto, Emmanuel!

A Erba da alcuni mesi vive una piccola comunità di rifugiati assistiti dall’ amministrazione comunale e dalla Caritas . Qualche giorno fa è nato, da una coppia nigeriana, il piccolo Emmanuel, che dovrà sottostare alle assurde leggi sulla cittadinanza approvate dal governo Berlusconi e fino a quando avrà 18 anni dovrà continuamente chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno.
Credo che si debba fare qualcosa per ovviare a questa assurdità, a meno che si voglia ottusamente perseguire il fine di allevare in mezzo a noi una generazione di cittadini-fantasma che si vedrà autorizzata dall’ insensatezza delle leggi a diventare nemica della società in cui vive e che lo vuole relegare a uno stato di perenne inferiorità.