Una lunga odissea.

Mercoledì sera, ho partecipato ad una breve “cerimonia” in occasione dell’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E’  un momento suggestivo e cerco sempre di partecipare.  Accanto ai momenti di preghiera c’è stata la testimonianza di due immigrati: una donna Ucraina, fuggita dal suo paese con la sua bambina poco dopo lo scoppio della guerra, e un ragazzo nigeriano. Quest’ultimo, di religione cristiana, nella sua lunga testimonianza ha raccontato di essere fuggito dal suo villaggio dopo che, in un’incursione da parte di un gruppo di terroristi, la sua casa è stata incendiata, causando la morte dei suoi genitori  e il rapimento di due suoi figli ancora molto piccoli.

Lui e la moglie si sono messi in viaggio seguendo strade diverse. L’attraversata del deserto è stata penosissima: ai bordi della pista erano disseminati i resti di cadaveri, cibo e acqua scarseggiavano al punto che ognuno per sopravvivere è stato costretto a bere la propria urina. Dopo un breve soggiorno in Libia, dove si era ricongiunto alla moglie, a bordo di gommoni sono giunti in Italia, ma non avevano documenti e hanno tentato di raggiungere la Germania, da cui però sono stati respinti di nuovo in Italia. Dopo tante peripezie sono giunti a Erba, dove la Caritas li sta aiutando.

Questo ragazzo non si è soffermato molto sui particolari delle varie tappe della sua lunga odissea, ma non è difficile immaginare quante sofferenze abbia dovuto affrontare.

Nell’ascoltarlo pensavo a quanto sia ingiusto il mondo che siamo venuti creando nel tempo e come stiamo anche oggi perpetuando ingiustizie vecchie di secoli. Credo che se fino a pochi decenni fa i diseredati del mondo erano rassegnati al loro destino perchè non conoscevano altri modi di vivere possibili, ora le nuove comunicazioni hanno abbattuto queste barriere e chi può cercherà sempre più di prendersi quel briciolo di felicità e di benessere a cui ogni essere umano ha diritto.