Film: La grande bellezza

Facendo acquisti su internet mi sono imbattuta nel DVD di un film di cui avevo sentito parlare e il cui titolo mi aveva incuriosito; è in questo modo che ho acquistato “La grande bellezza” film pluripremiato in Europa e ora presente nella rosa dei candidati alla nomination all’ Oscar per il miglior film straniero.
La scena iniziale mi ha lasciata un po’ perplessa: cosa voleva significare quella panoramica su Roma con il turista che lo osserva e poi stramazza a terra? Da lì poi una serie di sequenze apparentemente slegate tra loro che ritraevano momenti della vita mondana di Roma: musica da spaccare i timpani e rimbecillire le menti, donne e uomini presi in un vortice di frenesia e dialoghi poco significativi e poi le atmosfere mistiche dei conventi, la solennità delle antichità e delle opere d’arte …. I personaggi sono tutti un po’ patetici: lo scrittore declassato a giornalista per mancanza di ispirazione, l’ attore che non viene più chiamato per fare spettacoli, la spogliarellista un po’avanti con gli anni e con problemi di salute e tutta una varietà di fauna cittadina come quella che io immagino popoli le feste di Berlusconi o Briatore. Solo alla fine si svela il mistero :la grande bellezza è un ideale estetico che il protagonista insegue e che il regista identifica forse con la città di Roma e la scena iniziale trova la sua spiegazione: il turista orientale è morto sopraffatto dalla contemplazione della grande bellezza della città.

E’ un film da vedere almeno due volte per poterlo apprezzare, perchè anche se la fotografia, la colonna sonora e la recitazione degli attori principali (Servillo, Verdone, Ferilli) sono senz’ altro di alto livello, l’ opera nel suo insieme non è di facile “lettura”. E’ per questo che non credo possa essere apprezzato molto negli USA e difficilmente potrà ambire all’ Oscar.
E’ senz’ altro un film da vedere, singolare, qualcuno lo definisce un po’ felliniano, ma io non ci ho trovato l’ ironia e il graffio satirico che spesso trapelavano dalle opere di Fellini.

Pomeriggio al cinema: FROZEN

FROZEN, l’ ultimo film firmato Walt Disney, è un film a cartoni animati che ben si inserisce tra i più apprezzati di questo glorios marchio.
E’ una fiaba vagamente ispirata a “La regina delle nevi” e la trama non è nulla di eclatante, ma le immagini, le musiche , i colori e i personaggi sono deliziosi, senza essere sdolcinati.
Non sono mancati momenti comici apprezzatissimi dal pubblico pomeridiano fatto di bambini , genitori e nonni.

Un film rasserenante da consigliare a tutti i bambini, che hanno bisogno di disintossicarsi dalle orribili immagini offerte loro dai cartoon televisivi di moda oggi.

Videoforum : “Morte a Venezia”

Gustav vov Aschenbach è un musicista non più giovane che sta attraversando un periodo difficile, sia  per alcuni insuccessi professionali che lo hanno costretto a ripensare il suo concetto di arte, sia per motivi di salute: il suo cuore ha bisogno di riposo.

E’ il 1911, alla fine della Belle Époque, e il musicista arriva al Lido di Venezia. L’ Hotel Des Bains nel quale trova alloggio, accoglie turisti appartenenti all’ élite della società del tempo e tra questi c’ è una famiglia polacca di cui fa parte un adolescente bellissimo, che sembra incarnare l’ idea di bellezza e di purezza che lui ha sempre inseguito con la sua arte. Ma il suo interesse diventa amore e lui prima rifugge da questo suo sentimento , poi vi si adagia e trova felicità nell’ osservare i giochi del ragazzo sulla spiaggia. Intanto la sua mente ripercorre momenti felici, momenti tragici (la morte della figlioletta), i fallimenti della sua vita artistica e le lunghe discussioni a sfondo filosofico con un suo amico e collaboratore. Venezia  lo ha accolto con le sue atmosfere morbide, con le sue luci velate e con la bellezza dei suoi palazzi , ma nasconde una terribile verità : le sue strade sono percorse da un’ epidemia di colera e le sue calli rivelano un aspetto diverso della città, fatto  di labirinti bui invasi dalla sporcizia.

Gustav, arrivato in città in cerca di salute, non solo fisica , ma anche spirituale, contrarrà invece la malattia e morirà in un’ amosfera di lento disfacimento sulla spiaggia, mentre il giovane polacco si allontana nel mare e gli addita un orizzonte lontano, avvolto da una luce magica e malinconica insieme.

Sono ammirevoli le ricostruzioni degli ambienti sia interni che esterni: abiti, arredi e ogni particolare è studiato per ricreare l’ atmosfera di un’ epoca straordinaria , che però comincia a perdere le sue illusioni. I dialoghi sono scarsissimi, ma parlano gli sguardi  e le inquadrature che indugiano a lungo sulle scene e sui personaggi, imponendo alla narrazione un senso di lento decadimento, quasi di sfinimento.

Mi ha colpito il  dialogo in cui si paragona il tempo della vita a quello segnato dalla clessidra: all’inizio il  ritmo sembra lento e non si è indotti a riflettere sull’ inesorabilità del suo scorrere, ma, quando si arriva alla fine, ecco che il tempo, come la sabbia, scivola via senza lasciarci alcuna possibilità di fermarlo.

Visconti ha condensato in questo film un po’ della sua storia personale e molto del suo modo di concepire l’ arte e la vita.

 

Videoforum: CASA HOWARD.

Due sorelle della buona borghesia londinese diventano l’ anello di congiunzione tra classi sociali prima d’ allora (inizio ‘900) sempre nettamente separate, come vere e proprie caste. E’ una vera rivoluzione sociale che trova il proprio simbolo nella spada, per mezzo della quale è stato fondato l’ impero inglese, il più grande della storia contemporanea (intesa come periodo successivo alla Rivoluzione Francese). Essa apparteneva al padre delle due ragazze, che era stato un militare, e ora è solo un oggetto ornamentale che , dalla stanza dell’ appartamento nel centro di Londra , arriverà ad adornare le stanze nobiliari di casa Howard seguendo le vicende di Margareth, la maggiore delle due sorelle. La minore invece, più sensibile alle nuove idee e alle esigenze dei meno fortunati, avrà una relazione con un povero disoccupato e si troverà in grave  difficoltà quando dovrà tenere nascosta la sua maternità fuori dalle regole comunemente accettate.

I nobili , mentre il mondo cambia, appaiono arroccati a difendere i loro beni e i loro privilegi, anche a costo di meschini sotterfugi, ma  nulla può fermare le idee di uguaglianza che si stanno affermando.

E’ un film molto bello, sia per le ambientazioni accurate , sia per le immagini stupende, sia soprattutto per la recitazione di attori bravissimi come Vanessa Redgrave, Emma Thompson (premio Oscar per questa sua interpretazione) ed Antony Hopkins , compassatissimo e inappuntabile Lord inglese.

La trama particolareggiata del film può essere letta e gustata cliccando QUI.

Film all’ UTE: Jules et Jim.

Jules , austriaco, e Jim, francese, sono due giovani intellettuali che vivono a Parigi . Siamo nel 1907 in piena Belle Époque e tra i due giovani si stabilisce una forte amicizia sulla base di interessi culturali comuni: la passione per la letteratura, per l’ arte, per le amicizie femminili. Tra queste ecco apparire Catharine , una donna libera, spregiudicata, trasgressiva; i  due si lasciano un po’ tiranneggiare da lei, che diventa “il manovratore” delle loro vite. Catharine e Jules  si sposano , ma scoppia la Grande Guerra e i tre si ritrovano lontani, ma comunque vicini sentimentalmente anche se su fronti opposti. Alla fine della guerra, la giovane coppia con la bambina che è nata dal loro matrimonio si trasferisce sulle sponde del Reno, ma i tre  riescono a ritrovarsi e Jules dice all’ amico che il suo matrimonio è in crisi, che  ha paura di perdere la moglie, perciò gli chiede di diventarne l’ amante , così lei non fuggirà. Ma Jim ha già un’ altra donna , che non riesce a lasciare e Catharine si vendicherà portandolo  con sè per un ultimo viaggio in automobile che terminerà in fondo al fiume.

Truffaut ha voluto ritrarre un’ umanità disorientata dall’abbandono dei valori tradizionali, ai quali ha sostituito il senso estetico e l’ edonismo esasperato. Ci sono qua e là particolari che ricordano la Montmarte di quei tempi: il ristorante “La Galette” dove si ritrovavano gli artisti , si vede il quadro in cui Picasso si autoritrae nelle vesti di un pagliaccio insieme alla sua compagna, si vede anche un manifesto di Toulouse Lautrec.

A parte il valore artistico del film (la bella fotografia in bianco e nero, le tecniche di ripresa di grande effetto), io non posso perdonare a Truffaut il fatto di aver riempito il racconto di donne negative, in balia dei  propri capricci ; l’ unica che pare sapere cosa vuole dalla vita è la povera Gilberte, che perdona a Jim i suoi tradimenti e i suoi abbandoni pur di stargli vicino. Gli uomini appaiono quasi privi di volontà propria, come stregati dalla bella e intrigante Catharine, interpretata da una Jeanne Moreau nel pieno del suo splendore.

E’ lei ad un certo punto a cantare una deliziosa canzoncina che potrete riascoltare cliccando QUI.

UTE:cinema : Chéri.

E’ una storia ambientata nella Belle Époque, agli inizi del 1900. Léa è una  “escort” (diremmo oggi) di alto livello , ancora bellissima; ormai ricca, è decisa  a ritirarsi a vita privata. Charlotte, una sua collega più anziana, le affida il figlio diciannovenne dedito a una vita dissoluta. Léa, che conosce il ragazzo fin dalla nascita e che lo ha soprannominato CHERI, dapprima crede di poter controllare, come sempre ha fatto nella sua vita, questa relazione : la prende come un gioco; poi però , incredibile a dirsi, si innamora ricambiata e i due vivono insieme per ben sei anni.

Charlotte a questo punto rientra in scena per dirigere la vita del figlio verso il matrimonio con una giovane, figlia di un’ altra prostituta sua amica. Chéri, obbedisce di buon grado anche se non è ancora innamorato della  fidanzata.

Léa dissimula con eleganza la sua disperazione , poi lascia la sua casa e fa perdere le sue tracce. Intanto Chéri scopre di non poterla dimenticare  e lascia la sua giovane sposa per ritornare alla vita dissoluta di un tempo. Léa , saputa la notizia della crisi matrimoniale dei due giovani, ritorna  nella sua casa e il ragazzo si precipita da lei per rivederla , ma dopo una notte di passione intensa e disperata , Chéri appare titubante di fronte alla decisione di Léa di partire insieme…..si è accorto di preferire l’ amore fresco e ingenuo della moglie. Léa capisce e finalmente riesce a superare il proprio egoismo e spinge il ragazzo verso un futuro che lei non può dargli : è troppo vecchia e se non può essere per lui la compagna di una vita, può però fare per lui un gesto da madre e lasciarlo andare. La voce narrante conclude il film dicendo che di lì a poco Cheri andrà soldato , combatterà nella Grande Guerra, sopravviverà all’ ecatombe, ma non riuscirà poi a sopravvivere al fallimento della sua vita, quando si accorgerà di aver abbandonato l’ unica donna che avesse veramente amato.

La storia ha forse qualche forzatura, ma la fotografia è stupenda e l’ ambientazione accuratissima. Ci sono immagini di una bellezza mozzafiato sia nelle scene girate all’ esterno  sia in quelle girate in ambienti che riproducono con grande fedeltà il gusto e le atmosfere dello stile liberty. I costumi poi sono di un’ eleganza raffinatissima ed esaltano in modo mirabile la bellezza di Michelle Pfeiffer ,  che interpreta il suo personaggio con estrema sensibilità e verità.

Il mondo dorato della Belle Epoque, in cui si privilegiavano l’ apparenza e la spensieratezza , finirà col franare rovinosamente sotto l’ impeto della Grande Guerra, questo è forse quanto ci vuole dire il regista inglese Stephen Frears.

Un Belmondo a sorpresa.

Oggi ho visto un film francese per la TV; si intitola “Un uomo e il suo cane”.E’ la storia di un marinaio che vive per anni con la vedova di un collega, ma a un certo punto questa decide di sposarsi e lo mette alla porta insieme col suo cane. Comincia un periodo molto triste , ma l’ uomo trova nella fedeltà e nell’ affetto del suo animale la ragione per continuare a vivere…

La cosa straordinaria di questo film, di per sé non eccezionale, è l’ interprete: Jean Paul Belmondo. Non l’ ho mai apprezzato molto come attore, forse perchè non mi piacevano i film che interpretava….Qui ho fatto fatica a riconoscerlo in un primo momento: è così diverso dal giovane attore affascinante, un po’ guascone, dallo sguardo malandrino  e dal fisico atletico che ricordavo! Il film è del 2008 e Belmondo ci appare nella verità della sua età avanzata: capelli bianchi, volto rugoso, sguardo intenso e malinconico……nessun tentativo di minimizzare i segni del tempo.

La sua interpretazione misurata e intensa me lo ha fatto apprezzare e devo dire che mi è parso molto più bello di quando spopolava sugli schermi e faceva infiammare le sue fans.

Film : il genio ribelle.

Ieri sera su RAIMovie trasmettevano ” WILL HUNTIN: il genio ribelle”; mi sono sintonizzata per caso, ma poi sono rimasta incollata al teleschermo fino alla fine, dimenticandomi di tutto il resto.

Sembra incredibile che il soggetto sia opera dei due giovani interpreti, Matt Damon e Ben Affleck, che all’ epoca avevano rispettivamente 24 e 22 anni.

E’ la storia di un ragazzo, Will (interpretato da Matt damon), che vive da solo in un quartiere dove il degrado sociale regna sovrano. Per mantenersi fa le pulizie in una scuola e si diverte a risolvere i problemi matematici che trova scritti alla lavagna e che costituiscono ostacoli insormontabili per gli studenti e i professori. Per lui è solo un gioco, ma uno degli insegnanti capisce di quali enormi possibilità sia portatore quel ragazzo e riesce a individuarlo; ma il ragazzo si nasconde e finisce in prigione per una rissa.

Il professore se ne fa garante e riesce a farlo liberare a condizione che collabori con lui e che si sottoponga a una terapia psicologica. Naturalmente il genio ribelle manda in tilt vari terapeuti, ma poi ne incontra uno (interpretato da Robin Williams) che riesce a catturare la sua fiducia e  a farlo riconciliare con la sua difficile infanzia. Il professore spinge Will verso una brillante carriera di matematico, mentre il terapeuta lo aiuta a capire quali siano le cose veramente importanti per la sua vita e la sua felicità-

Alla fine Will sceglierà di seguire la ragazza di cui è innamorato e il terapeuta, stimolato dalle provocazioni feroci di Will, si deciderà ad uscire dal guscio in cui si era rifugiato dopo la morte della giovane  e amatissima moglie.

A parte l’ interesse che la trama suscita, l’ interpretazione  degli attori è veramente di altissimo livello , non per niente Robin Williams si è guadagnato l’ Oscar come  miglior attore non protagonista.  Se ci sarà qualche replica non lasciatevela  sfuggire!

 

Pomeriggio di cinema in TV

Ieri, un piccolo contrattempo mi ha costretta a riposare , perciò mi son messa davanti alla TV e ho visto due  film , non nuovi, ma sempre belli.

*LE  CHIAVI DI CASA – di Gianni Amelio. – Un giovane padre, che  ha visto la moglie morire di parto , ha rifiutato fin dalla nascita il figlio spastico e solo dopo molti anni lo ritrova per portarlo in una clinica specializzata tedesca. Durante quel viaggio i due imparano a conoscersi e quel padre diventa finalmente un papà.

Kim Rossi Stuart e il piccolo attore coprotagonista sono splendidi interpreti di questa storia e in certi momenti pare che il dialogo non sia stato scritto e imparato memoria, ma sgorghi spontaneo in una specie di cinema – verità.

* LANTERNE ROSSE .- di Zhang Yimou

E’ un film premiato a Venezia oltre vent’ anni fa. Ambientato nella Cina all’ inizio del secolo scorso (lo si deduce dall’ uso di un primitivo fonografo), mette in scena la condizione di sottomissione e di emarginazione della donna.

Una giovane studentessa, rimasta orfana, accetta di sposare come quarta moglie un ricco signorotto. Comincerà per lei una vita da incubo, tra i  complotti e gli intrighi che le donne mettono in atto per accaparrarsi il favore del loro signore e padrone. La giovane, che si sente responsabile per la morte della sua serva e di una delle mogli, impazzisce e verrà rimpiazzata da un’ altra giovane. Le lanterne rosse fanno parte del rituale e delle tradizioni di una Cina che, si spera, non esista più.

 

 

Western, armi, guerra e bambini..

Oggi mentre mi  occupavo di faccende domestiche,  ho seguito alla Tv un vecchio film western (anno 1957) interpretato da Alan Ladd . Si intitola  “Orizzonti lontani ” (titolo originale “The big land”). E’ una storia niente affatto originale , che ricalca un copione largamente sfruttato nei film americani.

Il  protagonista è qui un reduce sudista della Guerra di Secessione ; ha visto tanti orrori che ha deciso di non usare più la pistola, anche se è un tiratore formidabile. Sulla sua strada però incontra dei “cattivi” (ma molto cattivi, eh!) e lui ci prova in tutti i modi a non cedere alle provocazioni, ma alla fine solo uccidendo il nemico riesce a liberare la città e gli amici dalle angherie cui si erano, loro malgrado, dovuti assoggettare.

Molti altri film americani fino a qualche tempo fa sostenevano spesso la tesi , che legittimava e assolveva l’ uso delle armi e questo veleno si è insinuato nelle menti con il risultato che nel paese, cui tutti guardano , si fabbricano anche  armi per bambini e procurarsi un’ arma è facile come comprare un telefonino…… poi non ci si può certo meravigliare se spesso si verificano stragi assurde, come quella del bimbo che ha ucciso la sorellina qualche tempo fa.

Anche in Afghanistan i bambini hanno subito un condizionamento atroce: intere generazioni non hanno mai conosciuto la pace e la guerra fa parte della vita quotidiana.

I bambini di tutto il mondo giocano alla guerra, ma mentre di solito usano armi di plastica, in Afghanistan usano armi vere e molti di loro muoiono riproducendo le scene che hanno visto mille volte.

Repubblica .it oggi ha pubblicato due foto sconvolgenti che documentano questo gioco terrificante

L’ uomo è fatto così: si abitua a tutto, anche all’ orrore . Riusciranno mai i bambini afghani a vivere in pace, se non l’ hanno mai sperimentata?

Riuscirà Obama a limitare la produzione di armi in USA?