Film: La parola ai giurati.

Oggi pomeriggio su Rai Movie ho rivisto un film che mi è sempre piaciuto e che rivedo sempre volentieri. E’ il film in bianco e nero “LA PAROLA AI GIURATI” del 1957 con la regia di Sidney Lumet e con molti interpreti conosciuti, fra cui primeggiano Henry Fonda e LeeJ. Cobb.

Si svolge tutto all’ interno di una stanza, fatta eccezione per l’ inquadratura iniziale e quella finale; in quel locale piuttosto squallido e anonimo si riunisce la giuria che deve decretare l’ innocenza o la colpevolezza di un ragazzo di colore accusato di aver ucciso il padre.

Inizialmente undici dei dodici giurati sono per un verdetto di colpevolezza: fa molto caldo, ed è faticoso restare chiusi in quella stanza; qualcuno pensa che rischia di perdere la partita , qualcun altro è solo troppo pigro e indifferente per porsi delle domande, qualcuno è spinto da pregiudizi razziali o dal desiderio di rivalsa per dolorose  vicende personali. Uno di loro però (interpretato da un bravo Henry Fonda) ha dei ragionevoli dubbi e ritiene che sia doveroso discuterne prima di condannare a morte un ragazzo.

Da qui prende il via una discussione coinvolgente, pressante, che porterà i giurati via via a riconoscere l’ inconsistenza delle testimonianze prodotte dall’ accusa e alla fine, dopo un provvidenziale temporale che simbolicamente spazza via non solo l’ afa opprimente, ma anche la malafede e l’ indifferenza dei protagonisti, si giunge a pronunciare un verdetto di innocenza.

Se ne ricava un monito al rispetto della vita , una condanna dei pregiudizi, la celebrazione di un sano spirito civico che vuol dire responsabilità verso le regole che la società si è date. Film come questo fanno grande il cinema americano, molto più dei grandi colossal con fantasmagorici effetti speciali…

Il film risale a 56 anni fa e , nonostante le leggi americane abbiano fatto enormi progressi nel senso del riconoscimento di pari diritti a tutti i cittadini senza distinzione di razza o di censo,  forse resta ancora molto da fare nella realtà, visto che proprio oggi si sono tenute varie manifestazioni negli USA per l’ assoluzione di un vigilante bianco che ha ucciso un ragazzino nero disarmato.

 

Sul lago dorato.

Oggi Rai Movie ha ritrasmesso un vecchio film . Era il 1981 quando Henry Fonda e sua figlia Jane,  affiancati da una già tremolante , ma sempre stupenda Kathryn Hepburn, interpretavano il film ” Sul lago dorato”. Ho letto recensioni contrastanti su questo film: accanto all’ unanime apprezzamento per gli interpreti, c’ è chi accusa la sceneggiatura di sentimentalismo mieloso.

Io sono rimasta colpita da due sequenze in particolare. La prima è quella in cui viene detto dalla Hepburn, per giustificare il comportamento sgradevole del marito, che i vecchi leoni  hanno bisogno ogni tanto di ruggire per convincersi di essere ancora in grado di farlo. Ho visto anch’ io alcuni comportarsi così: consapevoli della fine imminente, l’  orgoglio li portava a nascondere l’umiliazione di dover dipendere dagli altri e la paura, che li attanagliava, dietro atteggiamenti quasi aggressivi e provocatori.

Alla fine del film poi la morte viene descritta come qualcosa di freddo, sì, ma non così terribile. Credo che dopo una lunga vita trascorsa secondo i propri convincimenti, venga spesso in mente l’ idea che la morte in fondo è  come una sorella pietosa che pone fine alle sofferenze e alla solitudine.

Nonostante le critiche non sempre benevole, questo film mi emoziona sempre e mi fa gioire della recitazione di attori eccezionali.

 

 

Ladies in lavender

Oggi pomeriggio ho visto alla TV un film che mi è piaciuto molto:
Ladies in lavender”

Cliccando qui potete leggerne la trama e anche una bella recensione, che mette in risalto i tanti pregi del film e degli interpreti, nonchè del violinista che ha prestato la sua arte al giovane protagonista della storia che riassumo brevemente:

due anziane sorelle zitelle che vivono in una casetta su una scogliera in Cornovaglia trovano un giorno sulla spiaggia un giovane in gravi condizioni. Non si sa nulla di lui ,tranne che è straniero. Le due donne inizialmente gli dedicano tutte le loro cure e ci fanno ritenere che riversino su di lui un senso di maternità mai espresso, poi a poco a poco si capisce invece che la vicinanza del giovane ha suscitato, soprattutto nella sorella più giovane, Ursula, un vero amore.
Lei non ha mai conosciuto questo sentimento nemmeno in gioventù e , se prima questo non le aveva mai creato problemi, ora si sente come defraudata dalla vita per non aver vissuto quest’ esperienza e cerca di viverla ora, platonicamente, quasi per colmare quel vuoto che c’ è nella sua vita.
Naturalmente il giovane, dotato di un talento musicale straordinario, se ne andrà incontro al successo e Ursula, non senza sofferenza accetterà il suo allontanamento e ritornerà alla sua tranquilla vita di sempre accanto alla sorella.

Tutto in questo film è molto bello: l’ ambientazione, la recitazione (Maggie Smith è brava come in tutti i film in cui l’ ho vista recitare), la colonna sonora, la delicatezza con cui la storia è stata trattata e la dolcezza con cui sono stati disegnati i personaggi e i loro sentimenti.
Poteva essere facile rendere grottesco l’ innamoramento di una donna ormai vecchia per un giovane che poteva esserle nipote, ma invece tutto è estremamente poetico, mentre par di sentire quel delicato profumo di lavanda che riempie la casa sulla scogliera.

Grande Meryl !

Oscar 2012

Mi fa particolarmente piacere che l’ Oscar 2012 per la migliore attrice sia stato assegnato a Meryl Streep, un’ attrice che basta da sola a fare di un film un grande film. La gamma dei personaggi che ha saputo interpretare magistralmente è innumerevole. E’ una donna di grande charme, ma non ha certo puntato sull’aspetto fisico per emergere: le sue doti interpretative sono certamente frutto di molto impegno e di continuo studio, oltre che di talento e sensibilità. Non credo di aver mai sentito parlare di lei se non per motivi legati alla sua professione.
Un bellissimo esempio per le giovani che vogliono intraprendere la carriera nel mondo dello spettacolo e a queste giovani suggerisco di leggere la sua biografia : una vita più lineare e “normale” della sua non è immaginabile, non vi sono tracce di scandali o di mosse a sensazione , eppure è la più brava attrice vivente e la più premiata nella storia del cinema.

Un Orso d’ oro che ci fa onore.

http://trovacinema.repubblica.it/film/cesare-deve-morire/411475
Andando a questo link, si può leggere la trama del film diretto dai fratelli Taviani “Cesare deve morire”, che ieri ha vinto il primo premio al festival del cinema di Berlino.

Dev’ essere un film oltremodo suggestivo: interpretato da detenuti di Rebibbia che vogliono mettere in scena il dramma shakespeariano dell’ uccisione di Cesare e che attraverso le parole della tragedia da rappresentare acquistano a poco a poco una nuova consapevolezza della propria dignità di uomini , che nemmeno il carcere può e deve cancellare.
Un riconoscimento tanto prestigioso al nostro cinema, con un lavoro di così grande impegno civile, può diventare un segno di rinascita del nostro paese: abbiamo tanti punti di forza su cui far leva; si tratta di individuarli e di metterli in evidenza, tralasciando quegli atteggiamenti di decadenza che ci hanno identificato negli ultimi tempi.

“Il dubbio”

E’ una sequenza altamente drammatica del film “Il dubbio”. Il tema della pedofilia, all’ interno di una scuola cattolica americana , dà modo di delineare alcuni personaggi che restano scolpiti nella mente grazie anche a un cast di attori veramente bravissimi.
Merryl Streep è come sempre insuperabile: dà vita a una suora attempata e irrigidita nel suo ruolo di preside di ferro, ed è incredibile la verità che riesce a calare in ogni sua espressione,in ogni suo gesto, in ogni sguardo.
Altrettanto bravi sono gli altri attori che la circondano e un esempio è proprio la protagonista della breve sequenza che compare nel video: una madre che avverte l’ omosessualità del figlio e vive fino in fondo il dramma che questa scoperta ha determinato in famiglia, ma allo stesso tempo lei ama suo figlio così com’ è.

Di solito dimentico facilmente le storie raccontate nei film che ho l’ occasione di vedere : certo ” IL DUBBIO” non correrà questo rischio.

A torto o a ragione – film

Ci si può dichiarare innocenti quando accadono attorno a noi ingiustizie terribili, genocidi,  oppressioni  più o meno palesi?

Questo è l’ interrogativo che pone il regista ungherese del film “A torto o a ragione” che ho visto ieri pomeriggio al cineforum dell’ U.T.E.

Nel 1946 un ufficiale americano indaga e mette sotto accusa un famoso direttore d’ orchestra che aveva convissuto col potere nazista, in nome del suo amore per la musica. La vicenda è realmente accaduta.

Inizialmente il regista dirige la simpatia e la partigianeria del pubblico verso l’ ufficiale americano schierato dalla parte delle vittime dei lager, poi nella sua foga inquisitoria si trasforma lui stesso in persecutore, adottando gli stessi metodi utilizzati negli interrogatori dei nazisti e l’ empatia del pubblico si sposta verso l’ inquisito, che dimostra di aver sì accettato tutti i benefici che la sua vicinanza al potere gli aveva procurato, ma anche di aver aiutato molti ebrei a sfuggire alla cattura, pur affermando di non aver mai saputo ciò che accadeva nei lager.

– Perchè aiutava gli ebrei a fuggire, se non sapeva nulla delle persecuzioni in atto? – è una delle domande senza risposta che l’ inquisitore rivolge all’ artista, il quale dal canto suo chiede cosa avrebbe potuto fare, visto che per lui la cosa più importante era poter suonare e far apprezzare la musica e solo rimanendo nelle grazie dei potenti questo gli era consentito.

Nelle battute conclusive l’ ufficiale americano dichiara di aver poi chiesto l’ assoluzione per  Furtwangler , il direttore d’ orchestra, che emigrerà in America, ma vedrà stroncata la sua carriera artistica.

A mio avviso il regista ci vuol dire che esiste sempre una responsabilità collettiva nelle grandi tragedie dell’ umanità, c’ è sempre chi finge di non vedere e non sapere per quieto vivere; d’ altra parte chi può dirsi innocente? Il giustiziere veste spesso anche lui i panni dell’ oppressore e ogni popolo d’ altronde ha i suoi scheletri nell’ armadio più o meno recenti.

Il torto e la ragione non sono così facilmente separabili e identificabili, spesso si mescolano tra loro e il giudizio resta sospeso …. ” A torto O a ragione” appunto.

 

 

 

Un pomeriggio interessante.

Oggi ,giornata intensa per me, nella mia veste di studentessa ultrastagionata: alle due e mezza aveva inizio sia la lezione del corso di inglese che la proiezione di un film molto interessante.

Naturalmente ho optato per l’ inglese visto che ha comportato un certo investimento economico e visto che potrebbe alla lunga facilitare la comunicazione con la parte di famiglia che parla questa lingua.

E’ la seconda lezione cui partecipo e mi son trovata a mio agio, nonostante gli altri “colleghi” siano al secondo anno di frequenza; il merito  però va ascritto all’ insegnante che è molto brava a creare un’ atmosfera simpatica e rilassata.

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Alla fine della lezione sono corsa nel salone in cui si stava proiettando il film “Senza destino” del  regista ungherese Lajos Koltai. Naturalmente mi son persa la prima parte, tuttavia la vicenda del ragazzino che si ritrova improvvisamente in un lager  mi ha subito coinvolto.

E’ stata un’ ora di immagini suggestive e sconvolgenti che raccontano  le sofferenze per la fame e per il freddo, le umiliazioni, la brutalità cui gli internati erano sottoposti .  L’ unica nota positiva è l’ amico del protagonista che lo sprona a mantenere la propria dignità per poter resistere e poter tornare a casa, ma il ragazzino non ne ha la forza e sta quasi per soccombere di stenti, quando arrivano gli alleati a liberare i prigionieri. Riesce a tornare a casa, ma lui è molto cambiato e  il mondo che ha lasciato un anno prima si mostra indifferente perchè forse non riesce nemmeno a immaginare l’ inferno in cui lui ha vissuto.

Il giovane attore protagonista  ha interpretato magistralmente lo stupore di chi non può capire l’ assurda violenza cui è sottoposto; tuttavia credo che la parte più interessante del film sia stata proprio il finale con il  problematico ritorno a una realtà per  cui il protagonista non ha più alcun interesse.

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