Essere “forestieri”.

Da tre anni abitavamo ad Erba e avevo sempre cercato di favorire l’inserimento dei miei tre figli nell’ambiente della Parrocchia, anche aspettandoli fuori in macchina le prime volte che si recavano al catechismo .

Era venuto il momento per una delle mie figlie di ricevere il Sacramento della Cresima e siamo andate insieme a ritirare la tunica da noleggiare per la cerimonia. Siamo andate dalle suore che si occupavano di questa incombenza e abbiamo aspettato un po’ finchè è comparsa la superiora , che vedendoci ha esclamato:- Ah , ecco Giovanna! –  Sottovoce mia figlia con lo stupore dipinto in volto mi ha sussurrato : – Allora mi conosce….!!-

Per tre anni quella suora non aveva mai chiamato mia figlia per nome, non le aveva mai fatto sentire di essere accolta , di far parte del gruppo e della comunità….. Dopo questo episodio le mie figlie hanno cominciato a frequentare un’altra parrocchia. Per parte mia ho sempre sentito di essere un’estranea , nessuno poteva dimenticare o perdonarmi il fatto di non essere nata in questo microcosmo così geloso delle sue abitudini e così geloso dei propri confini.

Ora però qualcosa sta cambiando anche e soprattutto per merito di un nuovo parroco, che fa dell’accoglienza e dell’apertura il filo conduttore della sua azione pastorale e io (e credo non solo io) gliene sono grata. Forse è il caso di riscoprire, per molti cristiani , il significato della parola “cattolico” , che vuol dire “UNIVERSALE”. La nostra Chiesa si dice cattolica perchè si rivolge a tutti gli uomini, perchè vuole accogliere e abbracciare tutti coloro che con retta coscienza cercano di realizzare il Regno di Dio e la Sua giustizia.  Non ci si può dire cattolici se continuiamo a frapporre muri , seppure invisibili , tra “noi” e “gli altri”.