Cantare insieme in libertà…(lasciando andar la voce dove va..)

Quando ancora ero alle superiori, in estate sono andata più volte a fare da educatrice /assistente a bambini e adolescenti in montagna. Erano gruppi organizzati dalla diocesi in modo molto semplice e informale.

Diquelle esperienze ricordo con gran piacere il senso di benessere che mi dava l’ aria di montagna, la bellezza  e l’ incanto dei paesaggi, sia che fossero prati verdi dove l’ erba ondeggiava ad ogni soffio di vento, sia che fossero orizzonti sconfinati limitati da “cime ineguali” splendenti di neve; tutto questo era reso ancora più piacevole dall’  atmosfera di amicizia che si stabiliva sia tra gli adulti sia tra adulti e ragazzi.

La sera , quando i ragazzi erano ormai addormentati nelle camere,  noi educatrici ci riunivamo per prendere accordi sulle attività del giorno successivo e alla fine c’ era sempre chi proponeva : – Facciamo una cantatina?- Allora si intonava un canto di montagna,  o di lavoro o canti folkloristici. Questo serviva moltissimo a cementare l’ amicizia all’ interno del gruppo, a sentirsi “comunità”.

Il giorno seguente gli stessi canti accompagnavano le nostre escursioni o le soste nei rifugi al calore di un camino acceso.

Da allora la passione per il canto corale mi ha accompagnato sempre e mi ha indotto a far parte di una corale prima  e poi a riservare sempre al canto qualche momento  anche nell’ orario settimanale della programmazione per le mie classi.

Uniformare la propria voce a quella dei compagni e esprimere insieme la stessa emozione contribuisce molto a suscitare e rafforzare lo spirito di gruppo  e crea un senso di appartenenza che dà sicurezza .

Memorizzare

http://www.repubblica.it/scienze/2011/01/24/news/memoria-11577456/?ref=HRERO-1

Mi pare che a volte gli scienziati si dedichino a ricerche complesse che sfociano talora nella proverbiale “scoperta  dell’ acqua calda”. Nell’ articolo si dice che alcuni ricercatori hanno “scoperto” che la memorizzazione è utile ai fini del consolidamento delle nozioni acquisite e del migliore sfruttamento delle nostre capacità conoscitive: e chi ha mai sostenuto il contrario?

C’ è stata a un certo punto una ribellione verso un insegnamento prettamente nozionistico e avulso da ogni esperienza pratica, … ricordate le famose scale del Sistema Metrico Decimale che ci venivano proposte alla memorizzazione prima ancora di aver tenuto in mano un metro o un decimetro?

Io ricordo il mio terrore davanti ai problemi della compravendita: io avevo imparato a memoria la formula, ma non avevo chiara la differenza tra ricavo e guadagno .

Per questo, quando sono stata dall’ altra parte della cattedra ho sempre puntato prima su esperienze concrete finalizzate a capire cosa si intendesse per metro, decametro e via dicendo e solo in un secondo tempo a memorizzare le formule.  Se giochi al mercato e fai finta di comprare  e vendere delle cose capisci cosa sia il costo e cosa si intenda per ricavo. Se poi  in seguito ricorri  alla memorizzazione delle formule, il cervello le fisserà per sempre insieme al loro reale e concreto significato.

Avendo avuto tre figli, ho avuto anche modo di veder attuata la strategia che prescindeva quasi totalmente dalla memorizzazione: essa è validissima per sviluppare la logica, ma costringe a una gran dispersione di energie: quando un concetto è chiaro , ripeterlo periodicamente è non solo utile , ma indispensabile per andarlo a ripescarlo velocemente nel cassetto giusto del tuo cervello.  Giusto ieri ripassavo le tabelline con Elisa: questo è un argomento in cui la memorizzazione è indispensabile e prima la si consegue, più proficui saranno i risultati.

Cosa dire poi delle poesie a memoria? Se proposte  senza eccedere nella quantità e puntando alla qualità , non solo costituiscono un buon esercizio per potenziare la memoria, ma forniranno a poco a poco un piccolo bagaglio di sentimenti, atmosfere, paesaggi, sensazioni espressi con armonia e buon gusto che ci verranno sempre alla mente nel corso della vita.

Bambini speciali

http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_04/nino-luca-insegnanti-sostegno_f491f6fa-cf95-11df-8a5d-00144f02aabe.shtml

Sono storie di bambini “speciali” che vedono sfumare le loro speranze di valorizzazione delle loro potenzialità.. L’ insegnante di sostegno rappresenta nella scuola questa possibilità, ma i tagli della Gelmini non discernono tra spese inutili e spese importanti.

Nella mia esperienza scolastica ho avuto spesso l’ occasione di trovarmi a collaborare con insegnanti di sostegno : ne ho incontrato di preparatissime, che avevano frequentato corsi di specializzazione per handicap particolari e che sapevano mettere in atto interventi mirati ed efficaci; ne ho incontrate altre, forse meno preparate, ma con grande disponibilità . Con tutte si è sempre potuto offrire non solo al bambino con handicap, ma a tutta la classe, momenti altamente istruttivi ed educativi.. 

In questi giorni si è sentito parlare di classi differenziali ( e addirittura di rupe Tarpea !!! ) per i bambini meno fortunati; invece io dico per esperienza diretta che avere in classe un bambino con handicap, se ci sono le risorse necessarie, come lo è l’ insegnante di sostegno, può rappresentare per i bambini cosiddetti “normali” una grande opportunità umana, educativa e di apprendimento.