UTE: La pazienza cognitiva (L. Todaro)

Anche la dr.ssa Lucia Todaro (come già don Ivano la lezione scorsa) non poteva non ricordare il nostro Cesare che tanto si è fatto benvolere da tutti, poi ha iniziato a parlare del tema del giorno, dicendo che ci sono persone più capaci di pazienza rispetto ad altre.

Comunemente viene indicato col termine di pazienza quella che sarebbe meglio chiamare “sopportazione”, cioè un atteggiamento passivo; noi invece dobbiamo essere capaci di “pazienza cognitiva” (che indicherò d’ora in poi con P.C.) che è una forza canalizzata verso un obiettivo chiaro. Essa è la capacità di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo un atteggiamento neutro.

L’esercizio della P.C. richiede fatica, impegno ed esercizio.

FATICA nell’autocontrollo: ad esempio, rimanere calmi se il bambino fa i capricci per dimostrargli che non diamo importanza al suo atteggiamento; questo ci permetterà di guadagnare in autorevolezza e poi di fargli capire quanto fosse sbagliato il suo comportamento.

Anche quando aspettiamo una persona ci viene chiesto di esercitare la pazienza, ma se io aspetto e basta, guardando in continuazione l’orologio, vivo negativamente quel momento, se invece approfitto dell’attesa per rivedere degli appunti, per fare qualcosa di utile o per fare una telefonata al ritardatario, vivrò quell’attesa in modo non frustrante, con serenità.  Molti casi di infertilità in donne non più giovanissime, al giorno d’oggi, sono spesso legati all’impazienza di sentire lo scorrere inesorabile del tempo; spesso capita che se esse arrivano ad adottare un bambino, poi restano incinte più facilmente.

Per acquisire capacità di P.C. occorre l’IMPEGNO che porta ad avere più forza e più perseveranza. La natura, che ha i suoi tempi e i suoi ritmi legati alle stagioni, ci insegna la pazienza. Occorre fermarsi e, nel silenzio, andare col pensiero all’obiettivo che vogliamo raggiungere. L’impaziente non sopporta né  il silenzio né la solitudine, che invece favoriscono l’acquisizione di quell’autocontrollo che ci permette di non reagire impulsivamente e di guardare al mondo con gli occhi curiosi e capaci di meraviglia propri dei bambini.

Maryanne Wolf, neuroscienziata, fa osservare che oggi siamo tutti immersi in una realtà frenetica che non ci permette di sviluppare la P.C., che ha bisogno di pensiero, di tempo, di fatica e di impegno. Anche i bambini sono sottoposti agli stessi ritmi e questo condiziona sensibilmente la loro capacità di riflettere, di concentrarsi, di approfondire e di curare i particolari. Nei videogiochi è premiata la velocità di reazione, non la capacità di pensiero, che trova invece molti stimoli in giochi tradizionali come il lego o la dama. La Wolf afferma inoltre che molti non sanno lasciarsi assorbire dalla lettura senza controllare a più riprese il cellulare, perdendo così l’occasione di trarre benefici dalla lettura profonda. L’impazienza espone poi alla superficialità, alla mancanza di senso critico, alla incapacità di concentrazione.

Cosa fare, dunque, QUI ed ORA per acquisire pazienza cognitiva? Occorre ESERCITARSI, cercare di abituarsi gradualmente al silenzio e all’ascolto (ascoltare la radio per tempi gradualmente sempre più lunghi e ripetere quanto abbiamo sentito), prendere consapevolezza delle proprie fatiche e gratificarsi dei propri successi. Fermarsi di tanto in tanto e chiedersi: a cosa sto pensando? Il pensiero infatti va dove vuole, ma noi possiamo riportarlo sotto il nostro controllo. Può accadere che certe persone risultino per noi irritanti: cerchiamo di accettare questo nostro limite, perchè l’essere consapevoli delle proprie antipatie ci rende più pazienti. Può essere utile a rafforzare la nostra P.C. il complimentarsi con se stessi se siamo stati capaci di pazienza.