UTE: Gauguin – Il canto delle pietre

Gauguin è il “padre” della pittura moderna. Egli infatti cominciò a pensare che non si dovese riprodurre la realtà oggettiva, ma quella soggettiva filtrata dall’anima.

Era nato a Lima e lì aveva vissuto per circa 7 anni; da qui gli derivò quella nostalgia dell’esotico, del primordiale che segnò la sua vita e la sua arte. In gioventù aveva viaggiato  come marinaio, poi, dopo un periodo di vita da impiegato in cui si dedicava alla pittura solo come hobby, nel 1891 riprese a viaggiare e andò a Tahiti (allora colonia francese).. Andò a vivere in una capanna nella foresta e si diede a dipingere con colori vivaci, piatti, senza prospettiva, ma dalle sue opere traspare sempre una profonda spiritualità che attinge al cristianesimo, al buddismo o anche alle religioni tribali.

Dipinse la sua opera più significativa, quasi il suo testamento artistico, in un momento di grandi difficoltà: ristrettezze economiche e la morte della figlia maggiore. La intitolò :”Da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo” In essa raccontò il ciclo dell’ esistenza umana in ambientazione tahitiana: Tahiti è per lui il biblico Eden. Sulla destra dell’enorme quadro c’è la vita che nasce, al centro un riferimento ad Adamo ed Eva, un raccoglitore che raccoglie i frutti della vita poi più a sinistra una donna giovane e una vecchia e accanto a loro l’uccello bianco della morte.

Dalla pittura di Gauguin, che vuole esprimere una realtà filtrata dal mondo interiore dell’artista, prendono origine sia l’espressionismo francese dei Fauves, sia l’astrattismo di Kandinsky, sia il surrealismo.

Sempre belle e interessanti le lezioni della nostra amata Manuela Beretta.

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La lezione di oggi del dr. Petrucci prende spunto da uno studio di qualche tempo fa, che non ha avuto l’attenzione che meritava e che metteva in relazione l’architettura e la scultura col mondo musicale.

Nei capitelli romanici, infatti, così ricchi di figure originali e a volte mostruose, queste hanno un ben preciso significato  metafisico e teologico.

Nel Medio Evo la cultura era molto più globalizzata di quanto non lo sia oggi e  tutte le cerimonie religiose erano caratterizzate dal ritmo, che fa riferimento al ritmo del cuore (simbolo della vita) e anche nei miti brahmanici, oltre che in quelli biblici,  della Creazione è presente il suono (la Parola di Dio che crea).  Nelle religioni primitive gli animali erano considerati intermediari tra gli uomini e gli dei e le preghiere imitavano i loro versi, poi sostituiti gradualmente da parole. I versi degli animali corrispondono a note, pertanto le raffigurazioni di animali nei capitelli romanici sono da interpretare come suoni e nei chiostri di Girona e S. Cugat in Spagna esse seguono un ordine ben preciso, tale da comporre canti gregoriani.

L’argomento propostoci dal dr. Petrucci è certamente nuovo e molto affascinante: grazie, professore!